Fattori di attrazione degli investimenti esteri in Irlanda
I regimi impositivi irlandesi di cui tanto si è discusso, e che sono stati oggetto di numerose critiche da parte dell'U.E., incidevano con un'aliquota societaria ( c.d.corporate tax) preferenziale del 10% (contro l'ordinaria del 24%) su determinate attivi
In seguito ad un intervento comunitario tendente a contrastare questa politica fiscale tanto anomala quanto attraente, nel rispetto delle normative comunitarie, venne raggiunto un accordo nel luglio 1998, in base al quale la convenienza ad investire capitali stranieri in Irlanda non può più considerarsi limitata a specifici settori merceologici, bensì risulta estesa alla totalità delle fattispecie imprenditoriali.
Con la finanziaria irlandese relativa al 2000-2001 il governo decise di abbassare gradualmente l'aliquota ordinaria sulle società (originariamente del 24%) sino a giungere nel 2003 al 12,5%.
Si vuole qui evidenziare come la decisione di assoggettare alla medesima aliquota tutte le società che producono reddito in Irlanda risalga al giugno 1997 e non dunque all'accordo del 22 luglio 1998 raggiunto con l'Unione Europea. Tale precisazione è doverosa dal momento che da più parti, la manovra è stata considerata il risultato della fondamentale azione di pressione del "Codice Monti" sulle scelte fiscali degli Stati Membri dell'UE, mentre di fatto non si possono attribuire più di tanti meriti al suddetto documento che ha sicuramente influito nella decisione presa dal governo irlandese, ma è ragionevole ritenere che la manovra sarebbe stata attuata ugualmente anche se non in tempi così brevi.
Il vero e proprio capolavoro fiscale del Governo irlandese deve essere considerato l'aliquota delle imposte societarie al 12,5%.Qui l'U.E. non è potuta intervenire, dal momento che in questo caso non si può parlare di "agevolazione" o "aiuto di stato" bensì di un "generico tasso impositivo".
Un simile livello di tassazione non è stato infatti considerato contrario alle norme comunitarie in tema di concorrenza fiscale; dato che la fiscalità diretta è un'esclusiva dei singoli stati, non trattandosi di aiuti di stato o di una tassazione pregiudizievole, un'eventuale intromissione dell'U.E. nella questione sarebbe semplicemente un'ingerenza in un campo che, per scelta dei singoli membri, deve rimanere fuori dal suo controllo.Lo stesso Commissario M.Monti aveva avuto modo di precisare che non si possono configurare come aiuti statali le aliquote alquanto ridotte che l'Irlanda applica agli investimenti esteri, poiché la Commissione aveva chiesto ed ottenuto che si superasse la differenziazione tra il trattamento fiscale dei redditi derivanti da tali investimenti e quello cui erano assoggettate le imprese nazionali.Tale intesa ha indotto il Governo di Dublino ad applicare un'aliquota del 12,5% che è la metà di quella precedentemente imposta alle imprese nazionali, ma che non ha effetti distorsivi sulla concorrenza essendo ora generalizzata a tutti gli investitori.In altre parole, ogni Nazione della U.E. è assolutamente libera, nel rispetto delle regole del codice di condotta e della Relazione OCSE, di scegliere il proprio livello di imposizione fiscale non essendovi ragioni particolari per cui i livelli di tassazione debbano essere i medesimi per tutte le nazioni.D'altronde lo stesso principio di armonizzazione fa riferimento più ad una linea di condotta generale uniforme che ad un medesimo tasso d'imposizione, è bastato quindi al Governo irlandese dimostrare che il livello impositivo del 12,50% era sufficiente a coprire le spese per poterlo poi applicare alla generalità delle imprese.Ciò che si teme maggiormente è che al posto di creare una "salutare" competizione fiscale infra-comunitaria, un simile tasso crei degli scompensi notevolissimi che potrebbero essere all'origine di un vasto processo di rilocalizzazione delle strutture produttive che potrebbero venire trasferite da Paesi a regime fiscale normale ad altri che prevedono costi tributari sensibilmente più contenuti dal momento che in linea di principio la fiscalità sicuramente rappresenta un fattore di rilievo nelle scelte riguardanti la localizzazione delle attività economiche.E' però il caso di ricordare che se numerose ricerche enfatizzano il peso della leva fiscale, ve ne sono altre che, pur riconoscendo a quest'ultimo una grande importanza nella decisione allocativa dell'impresa, tuttavia lo pongono solo dopo altri fattori che risultano più influenti.Tra i più importanti menzionati dalle imprese poste in osservazione, le telecomunicazioni, la presenza di manodopera qualificata e le infrastrutture, fattori che stanno ad indicare come la tendenza all'investimento in Irlanda sia orientata verso attività di tipo "labur intensive" invece che "capital intensive", ove cioè la componente umana si presenta preponderante rispetto alla componente macchina e siano richieste elevate capacità e conoscenze. E ancora si deve qui ricordare come si stia prestando attenzione, anche da parte del Governo alle infrastrutture di ogni genere, in particolare nel ramo delle telecomunicazioni ( è stata promossa la privatizzazione dell'operatore statale delle telecomunicazioni ed ora la nuovissima ed efficiente rete presente sul territorio risulta essere un investimento vantaggioso per quelle tipologie aziendali che di questa risorsa fanno un uso primario, come ad esempio call centres, telelavoro ed e-commerce in generale).
Per completezza di esposizione si deve ricordare che numerose ricerche hanno evidenziato l'efficienza del sistema tributario anche dal punto di vista dei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria. Si fa riferimento in particolare a pratiche quali il "Tax ruling" ossia la possibilità di richiedere all'Amministrazione stessa un parere preventivo in merito alle precise modalità di tassazione di specifiche operazioni o fattispecie particolari. A questa pratica si aggiungano altri elementi quali un ordinamento fiscale molto stabile contrariamente a quanto accade in Italia dove invece prevale una situazione di generale incertezza circa la corretta applicazione delle norme impositive, oggetto di frequenti cambiamenti.Tutti fattori che risultano, nei vari studi comparativi, importanti quanto e a volte più del fattore fiscale. Alla ridotta aliquota fiscale della corporate tax va riconosciuto il grande merito di aver contribuito al primo processo di allocazione delle aziende in terra irlandese.E' infatti innegabile che senza la suddetta aliquota societaria e gli aiuti erogati dell'U.E. ben difficilmente la varie multinazionali avrebbero notato e quindi scelto questo paese come propria sede.Ma non per questo si può parlare dell'EIRE come di un qualsiasi tax heaven in quanto la logica che regola la sua politica fiscale non ha nulla a che vedere con quella dei paradisi fiscali veri e propri.La situazione che si viene delineando è piuttosto quella di un Paese che, forte di un livello di tassazione molto basso, è riuscito non solo ad attrarre nuovi investitori stranieri, ma soprattutto a far sì che una volta stabilitisi in Irlanda, vi trovassero tutte le condizioni ideali per dar vita a nuovi processi produttivi.E' dunque ragionevole ritenere che anche a fronte di un aumento delle aliquote, ben difficilmente numerose aziende se ne potranno andare, dal momento che gli indubbi vantaggi fiscali sono stati quasi completamente compensati dalle altre variabili economiche.Il Governo irlandese può dunque guardare con relativo ottimismo al futuro senza preoccuparsi eccessivamente di eventuali manovre da parte della U.E. dal momento che come innanzi considerato non sembrano esserci le condizioni per legittimare un intervento in tal senso.
Con la finanziaria irlandese relativa al 2000-2001 il governo decise di abbassare gradualmente l'aliquota ordinaria sulle società (originariamente del 24%) sino a giungere nel 2003 al 12,5%.
Si vuole qui evidenziare come la decisione di assoggettare alla medesima aliquota tutte le società che producono reddito in Irlanda risalga al giugno 1997 e non dunque all'accordo del 22 luglio 1998 raggiunto con l'Unione Europea. Tale precisazione è doverosa dal momento che da più parti, la manovra è stata considerata il risultato della fondamentale azione di pressione del "Codice Monti" sulle scelte fiscali degli Stati Membri dell'UE, mentre di fatto non si possono attribuire più di tanti meriti al suddetto documento che ha sicuramente influito nella decisione presa dal governo irlandese, ma è ragionevole ritenere che la manovra sarebbe stata attuata ugualmente anche se non in tempi così brevi.
Il vero e proprio capolavoro fiscale del Governo irlandese deve essere considerato l'aliquota delle imposte societarie al 12,5%.Qui l'U.E. non è potuta intervenire, dal momento che in questo caso non si può parlare di "agevolazione" o "aiuto di stato" bensì di un "generico tasso impositivo".
Un simile livello di tassazione non è stato infatti considerato contrario alle norme comunitarie in tema di concorrenza fiscale; dato che la fiscalità diretta è un'esclusiva dei singoli stati, non trattandosi di aiuti di stato o di una tassazione pregiudizievole, un'eventuale intromissione dell'U.E. nella questione sarebbe semplicemente un'ingerenza in un campo che, per scelta dei singoli membri, deve rimanere fuori dal suo controllo.Lo stesso Commissario M.Monti aveva avuto modo di precisare che non si possono configurare come aiuti statali le aliquote alquanto ridotte che l'Irlanda applica agli investimenti esteri, poiché la Commissione aveva chiesto ed ottenuto che si superasse la differenziazione tra il trattamento fiscale dei redditi derivanti da tali investimenti e quello cui erano assoggettate le imprese nazionali.Tale intesa ha indotto il Governo di Dublino ad applicare un'aliquota del 12,5% che è la metà di quella precedentemente imposta alle imprese nazionali, ma che non ha effetti distorsivi sulla concorrenza essendo ora generalizzata a tutti gli investitori.In altre parole, ogni Nazione della U.E. è assolutamente libera, nel rispetto delle regole del codice di condotta e della Relazione OCSE, di scegliere il proprio livello di imposizione fiscale non essendovi ragioni particolari per cui i livelli di tassazione debbano essere i medesimi per tutte le nazioni.D'altronde lo stesso principio di armonizzazione fa riferimento più ad una linea di condotta generale uniforme che ad un medesimo tasso d'imposizione, è bastato quindi al Governo irlandese dimostrare che il livello impositivo del 12,50% era sufficiente a coprire le spese per poterlo poi applicare alla generalità delle imprese.Ciò che si teme maggiormente è che al posto di creare una "salutare" competizione fiscale infra-comunitaria, un simile tasso crei degli scompensi notevolissimi che potrebbero essere all'origine di un vasto processo di rilocalizzazione delle strutture produttive che potrebbero venire trasferite da Paesi a regime fiscale normale ad altri che prevedono costi tributari sensibilmente più contenuti dal momento che in linea di principio la fiscalità sicuramente rappresenta un fattore di rilievo nelle scelte riguardanti la localizzazione delle attività economiche.E' però il caso di ricordare che se numerose ricerche enfatizzano il peso della leva fiscale, ve ne sono altre che, pur riconoscendo a quest'ultimo una grande importanza nella decisione allocativa dell'impresa, tuttavia lo pongono solo dopo altri fattori che risultano più influenti.Tra i più importanti menzionati dalle imprese poste in osservazione, le telecomunicazioni, la presenza di manodopera qualificata e le infrastrutture, fattori che stanno ad indicare come la tendenza all'investimento in Irlanda sia orientata verso attività di tipo "labur intensive" invece che "capital intensive", ove cioè la componente umana si presenta preponderante rispetto alla componente macchina e siano richieste elevate capacità e conoscenze. E ancora si deve qui ricordare come si stia prestando attenzione, anche da parte del Governo alle infrastrutture di ogni genere, in particolare nel ramo delle telecomunicazioni ( è stata promossa la privatizzazione dell'operatore statale delle telecomunicazioni ed ora la nuovissima ed efficiente rete presente sul territorio risulta essere un investimento vantaggioso per quelle tipologie aziendali che di questa risorsa fanno un uso primario, come ad esempio call centres, telelavoro ed e-commerce in generale).
Per completezza di esposizione si deve ricordare che numerose ricerche hanno evidenziato l'efficienza del sistema tributario anche dal punto di vista dei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria. Si fa riferimento in particolare a pratiche quali il "Tax ruling" ossia la possibilità di richiedere all'Amministrazione stessa un parere preventivo in merito alle precise modalità di tassazione di specifiche operazioni o fattispecie particolari. A questa pratica si aggiungano altri elementi quali un ordinamento fiscale molto stabile contrariamente a quanto accade in Italia dove invece prevale una situazione di generale incertezza circa la corretta applicazione delle norme impositive, oggetto di frequenti cambiamenti.Tutti fattori che risultano, nei vari studi comparativi, importanti quanto e a volte più del fattore fiscale. Alla ridotta aliquota fiscale della corporate tax va riconosciuto il grande merito di aver contribuito al primo processo di allocazione delle aziende in terra irlandese.E' infatti innegabile che senza la suddetta aliquota societaria e gli aiuti erogati dell'U.E. ben difficilmente la varie multinazionali avrebbero notato e quindi scelto questo paese come propria sede.Ma non per questo si può parlare dell'EIRE come di un qualsiasi tax heaven in quanto la logica che regola la sua politica fiscale non ha nulla a che vedere con quella dei paradisi fiscali veri e propri.La situazione che si viene delineando è piuttosto quella di un Paese che, forte di un livello di tassazione molto basso, è riuscito non solo ad attrarre nuovi investitori stranieri, ma soprattutto a far sì che una volta stabilitisi in Irlanda, vi trovassero tutte le condizioni ideali per dar vita a nuovi processi produttivi.E' dunque ragionevole ritenere che anche a fronte di un aumento delle aliquote, ben difficilmente numerose aziende se ne potranno andare, dal momento che gli indubbi vantaggi fiscali sono stati quasi completamente compensati dalle altre variabili economiche.Il Governo irlandese può dunque guardare con relativo ottimismo al futuro senza preoccuparsi eccessivamente di eventuali manovre da parte della U.E. dal momento che come innanzi considerato non sembrano esserci le condizioni per legittimare un intervento in tal senso.
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