Finanza: la propensione al rischio e il fai-da-te
La conoscenza dei meccanismi del mercato finanziario è essenziale per investire con consapevolezza
La propensione al rischio...cos’è?
E’ spiegato in maniera esaustiva nel sito della Consob in cui si analizza la percezione del rischio e della conseguente propensione al rischio. La percezione del rischio è "influenzata da giudizi immediati ossia non mediati dal ragionamento, ma da scorciatoie di pensiero, quali le cosiddette euristiche della disponibilità e della familiarità". In maniera più diretta, la percezione del rischio, in finanza, ha origine nella valenza positiva o negativa attribuita a un determinato titolo sulla base di associazioni mentali che possono non avere nulla a che fare con le proprie conoscenze economiche e finanziarie, statistiche e/o matematiche.
Dalla percezione del rischio deriva, poi, la propensione al rischio, connubio tra valutazione "razionale" e valutazione "emotiva". Tale propensione varia da investitore a investitore poiché entrambe le valutazioni sono personali e dipendono, chiaramente, dalle proprie conoscenze in ambito finanziario e dalle precedenti esperienze pregresse. Difatti, chi ha accumulato guadagni con investimenti precedenti avrà una propensione al rischio più alta rispetto a colui che, al contrario, ha registrato perdite passate.
Tendenzialmente, gli individui sono avversi alle perdite, nel senso che sono "molto più sensibili alla possibilità di perdere rispetto alla possibilità di guadagnare un determinato importo" e inoltre, si legge sempre sul sito della Consob, le donne avrebbero un atteggiamento più prudente rispetto agli uomini di fronte alle decisioni di investimento optando, di conseguenza, per prodotti finanziari poco rischiosi.
Ma aldilà delle definizioni di propensione al rischio, ciò che vorrei sottolineare è l’importanza della conoscenza dei meccanismi del mercato finanziario, dunque della valutazione "razionale", alla base di scelte di investimento. Occorre avere la competenza e lo studio adatto per poter gestire al meglio il proprio portafoglio, padroneggiare i termini finanziari, possedere le conoscenze per osservare, analizzare e valutare i segnali macroeconomici e avere dimestichezza con le procedure e normative in materia fiscale e successoria.
Uno dei più gravi errori commessi dagli investitori è il fai-da-te, supportato spesso da un ottimismo e da un eccesso di fiducia nelle proprie abilità (la cosiddetta "overconfidence"), seguito dall’abitudine di seguire i consigli di amici e conoscenti oppure le mode finanziarie del momento (ad esempio, negli ultimi mesi si è registrato il boom delle sottoscrizioni ai Pir).
L’atteggiamento opposto è quello di avere una bassa propensione al rischio che si esplica nello scegliere strumenti finanziari soltanto apparentemente senza rischio. E anche qui il fai-da-te può generare perdite inaspettate. Per fare un esempio esplicativo, immaginiamo che un risparmiatore decida di investire in titoli di stato (es. Bot) poiché ritenuti senza rischio. Così non è, poiché anche il titolo di Stato può celare dei rischi. Ecco che, anche in questo caso, la mancanza di conoscenza può generare scelte non adatte alla propria situazione patrimoniale, alla propria propensione al rischio e, soprattutto, ai propri obiettivi futuri.
E’ spiegato in maniera esaustiva nel sito della Consob in cui si analizza la percezione del rischio e della conseguente propensione al rischio. La percezione del rischio è "influenzata da giudizi immediati ossia non mediati dal ragionamento, ma da scorciatoie di pensiero, quali le cosiddette euristiche della disponibilità e della familiarità". In maniera più diretta, la percezione del rischio, in finanza, ha origine nella valenza positiva o negativa attribuita a un determinato titolo sulla base di associazioni mentali che possono non avere nulla a che fare con le proprie conoscenze economiche e finanziarie, statistiche e/o matematiche.
Dalla percezione del rischio deriva, poi, la propensione al rischio, connubio tra valutazione "razionale" e valutazione "emotiva". Tale propensione varia da investitore a investitore poiché entrambe le valutazioni sono personali e dipendono, chiaramente, dalle proprie conoscenze in ambito finanziario e dalle precedenti esperienze pregresse. Difatti, chi ha accumulato guadagni con investimenti precedenti avrà una propensione al rischio più alta rispetto a colui che, al contrario, ha registrato perdite passate.
Tendenzialmente, gli individui sono avversi alle perdite, nel senso che sono "molto più sensibili alla possibilità di perdere rispetto alla possibilità di guadagnare un determinato importo" e inoltre, si legge sempre sul sito della Consob, le donne avrebbero un atteggiamento più prudente rispetto agli uomini di fronte alle decisioni di investimento optando, di conseguenza, per prodotti finanziari poco rischiosi.
Ma aldilà delle definizioni di propensione al rischio, ciò che vorrei sottolineare è l’importanza della conoscenza dei meccanismi del mercato finanziario, dunque della valutazione "razionale", alla base di scelte di investimento. Occorre avere la competenza e lo studio adatto per poter gestire al meglio il proprio portafoglio, padroneggiare i termini finanziari, possedere le conoscenze per osservare, analizzare e valutare i segnali macroeconomici e avere dimestichezza con le procedure e normative in materia fiscale e successoria.
Uno dei più gravi errori commessi dagli investitori è il fai-da-te, supportato spesso da un ottimismo e da un eccesso di fiducia nelle proprie abilità (la cosiddetta "overconfidence"), seguito dall’abitudine di seguire i consigli di amici e conoscenti oppure le mode finanziarie del momento (ad esempio, negli ultimi mesi si è registrato il boom delle sottoscrizioni ai Pir).
L’atteggiamento opposto è quello di avere una bassa propensione al rischio che si esplica nello scegliere strumenti finanziari soltanto apparentemente senza rischio. E anche qui il fai-da-te può generare perdite inaspettate. Per fare un esempio esplicativo, immaginiamo che un risparmiatore decida di investire in titoli di stato (es. Bot) poiché ritenuti senza rischio. Così non è, poiché anche il titolo di Stato può celare dei rischi. Ecco che, anche in questo caso, la mancanza di conoscenza può generare scelte non adatte alla propria situazione patrimoniale, alla propria propensione al rischio e, soprattutto, ai propri obiettivi futuri.
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