Fine anno: i bilanci delle donne


Le donne di mezza età si interrogano sulla loro vita e se il bilancio non è soddisfacente possono ricorrere a psicofarmaci e psicoterapia. Che fare?
Fine anno: i bilanci delle donne
Donne di mezza età. Quest’anno professionalmente mi sono occupato dei problemi di molte persone. Giovani, coppie, donne e uomini in carriera, persone anche gravemente sofferenti, anziani. Ma un tipo di persone mi è rimasto particolarmente impresso: le donne di mezza età. Forse perché ho avuto occasione di conoscerne alcune particolarmente emblematiche. Non posso ovviamente entrare troppo nello specifico, ma l’esperienza clinica che ho fatto con queste persone mi suggerisce alcune riflessioni su cose a cui in passato non avevo fatto particolarmente caso. "Mezza età": da più parti viene indicato il superamento dei cinquant’anni come indicatore di questa condizione, ma personalmente preferisco non darle una connotazione anagrafica perché è un fattore del tutto soggettivo. La cosiddetta "mezza età" è spesso tempo di bilanci. Figli, compagno, carriera, aspirazioni, forma fisica. Su ognuna di queste cose spesso la donna si interroga. Sono soddisfatta di ciò che ho realizzato? Le speranze, i sogni, le aspirazioni dei miei vent’anni che fine hanno fatto? Le mie fatiche, in taluni casi, la mia dedizione, mi hanno portato le soddisfazioni sperate? In che stato è la mia vita affettiva (e sessuale)? Mi sento capita? Mi sento sola? Come posso affrontare i cambiamenti fisici, e talvolta i malanni, legati all’età incipiente? In realtà la consapevolezza della mezza età è spesso un regalo della moderna società occidentale. In altri tempi, altri luoghi e altre condizioni, i ruoli della donna erano molto più codificati e segnati dalla consuetudine, dalla pressione sociale. E alla mezza età molte donne arrivavano dopo una corsa affannosa attraverso le vicende della vita, con pochi strumenti per capire, scarse forze fisiche, spesso malattie e acciacchi, problemi familiari non risolti, vincoli di vario tipo. Oggi invece, per molte donne, la consapevolezza è maggiore, maggiori le aspettative, a volte maggiore la voglia di breakthrough (1), di rompere con la routine, di affrontare i nodi esistenziali non risolti. Maggiore la voglia di "prendersi un’altra vita". E può accadere, più spesso di una volta credo, che vengano prese decisioni importanti e drastiche. Gianna Schelotto nel suo libro "Uomini altrove" (2) ha analizzato lucidamente la crisi di mezza età degli uomini. Ma non solo gli uomini si fanno prendere dalla voglia di una donna più giovane e rampante. Le donne che si separano e scelgono partners più giovani sono in aumento. Anche sul piano professionale alcune donne scelgono di uscire dalla routine e tentare strade che da giovani non potevano permettersi, prima che sia troppo tardi. Forse si parla impropriamente di "crisi di mezza età". In realtà non sempre di crisi si tratta, ma di un momento di crescita, quasi di un rito di passaggio. La crisi, casomai, può essere la conseguenza di tali "bilanci" quando sono fortemente negativi. E quando i bilanci non sono soddisfacenti talune donne ricorrono ad un terapeuta. Quelle più fortunate arrivano in psicoterapia con alcune domande già formulate, rispetto al rapporto con il compagno, all’esito che hanno avuto i loro figli, allo stato della loro carriera, alla loro salute e forma fisica, complice anche la menopausa. Altre arrivano confuse, in una condizione di "ingorgo" emozionale, che si manifesta con una serie di sintomi, talvolta evidenti, di tipo ansioso - come attacchi di panico - o depressivo, talvolta più sfumato sotto forma di malessere diffuso, e attenzione eccessiva ad ogni più piccolo disturbo fisico. In quest’ultimo caso si può anche evidenziare un uso cronico ed improprio (perché spesso "fai da te") di psicofarmaci. Come ho scritto altrove, gli psicofarmaci non sono la soluzione di questi problemi, ma possono essere utili per lenire una grave sofferenza, e permettere di affrontare meglio la situazione attraverso il dialogo e l’elaborazione psicoterapeutica. Purché però siano usati in modo congruo e secondo un "razionale" clinico. Pur riconoscendone talvolta la necessità, non amo però molto le classificazioni psichiatriche che vengono date di tali condizioni. Perché a volte si rivelano un alibi per non affrontare il disagio alla radice e, in definitiva, per medicalizzarlo oltre il necessario. All’origine di molti cosiddetti "stati depressivi" sta l’incapacità a formulare chiaramente il proprio bilancio esistenziale, a intravedere il modo con cui affrontare la nuova fase della vita che si apre, a dipanare l’ingorgo emozionale accumulato in anni di battaglie, a scegliere il proprio futuro. Come in un fine anno si fa il bilancio dell’anno passato, si ridefiniscono priorità e obiettivi per quello che inizia, così la cosiddetta "crisi di mezza età" va elaborata pensando al futuro e non solo al passato. Oggi le donne, nella nostra società, hanno un’aspettativa di vita di 85 anni. Ne restano molti per prendersi quello che ancora la vita non ha dato, per fare delle cose belle e interessanti, per vivere il rapporto con il proprio compagno, consueto o nuovo che sia, dopo che i figli hanno preso la loro strada. O per imparare a vivere una nuova solitudine in positivo. E’ questo il più importante compito della psicoterapia in queste situazioni. Nell’ottica della "patient education" (3), credo, e spero, di aver dato quest’anno un aiuto a quelle clienti di cui ho detto all’inizio, ma certamente anche loro hanno insegnato molte cose a me.

Breakthrough: termine militare traducibile con "sfondamento". Usato da J. M. Juran nel suo libro "Managerial breakthrough", indica un "cambiamento improvviso e radicale" cfr. http://www.isixsigma.com/implementation/basics/breakthrough-change-what-it-means-and-why-it-is-needed/Gianna Schelotto - Uomini altrove - Mondadori Ed. 2004Patient education: cfr. Ivana Truccolo http://www.iss.it/binary/sdoc/cont/Truccolo_19_20.11.2015.pdf

Articolo del:


di Andrea Flego

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