Fino a € 200.000 sempre seducibili ASD/SSD
Sempre deducibili le spese di “sponsor” fino a € 200.000
pagate alle ASD/SSD
pagate alle ASD/SSD
L’Amministrazione finanziaria non può recuperare il costo di pubblicità inferiore a 200mila euro poiché la deducibilità di questi oneri è prevista espressamente dalla norma con una presunzione assoluta. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8981 del 6 aprile 2017.
L’agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società disconoscendo, tra l’altro, anche la deducibilità delle spese di pubblicità sostenute. Si trattava di somme corrisposte a un’associazione sportiva dilettantistica affinché promuovesse il marchio in occasione degli eventi sportivi. Secondo la Corte Suprema, le sponsorizzazioni erogate ad associazioni sportive dilettantistiche (ASD) costituiscono, per lo sponsor, spese di pubblicità, per presunzione assoluta di legge, sino a 200.000 euro annui, dovendosi, pertanto, ritenere ex se integrata, entro tale limite, sia l’inerenza quantitativa che qualitativa. Dette spese non sono quindi contestabili da parte del Fisco, neppure parzialmente per antieconomicità, qualora sussistano i relativi presupposti oggettivi e soggettivi, a prescindere dalla registrazione del contratto di sponsorizzazione e di eventuali omissioni finanche dichiarative dei soggetti sponsorizzati.
Con la neo sentenza la Suprema Corte dovrebbe avere chiuso la querelle, occupandosi dell’ultima questione rimasta, ovvero della sindacabilità della congruenza delle spese in oggetto (cd. inerenza quantitativa): infatti, a fronte della contestazione di antieconomicità formulata dal Fisco (atteso che vi sarebbe stata un’irragionevole sproporzione tra l’entità delle spese di sponsorizzazione e il fatturato/utile dello sponsor) i giudici hanno stabilito che quella sancita dall’art. 90, comma 8 della L. 289/2002 è una presunzione assoluta oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata, dell’importo di 200.000 euro.
Fonte C.T.
L’agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società disconoscendo, tra l’altro, anche la deducibilità delle spese di pubblicità sostenute. Si trattava di somme corrisposte a un’associazione sportiva dilettantistica affinché promuovesse il marchio in occasione degli eventi sportivi. Secondo la Corte Suprema, le sponsorizzazioni erogate ad associazioni sportive dilettantistiche (ASD) costituiscono, per lo sponsor, spese di pubblicità, per presunzione assoluta di legge, sino a 200.000 euro annui, dovendosi, pertanto, ritenere ex se integrata, entro tale limite, sia l’inerenza quantitativa che qualitativa. Dette spese non sono quindi contestabili da parte del Fisco, neppure parzialmente per antieconomicità, qualora sussistano i relativi presupposti oggettivi e soggettivi, a prescindere dalla registrazione del contratto di sponsorizzazione e di eventuali omissioni finanche dichiarative dei soggetti sponsorizzati.
Con la neo sentenza la Suprema Corte dovrebbe avere chiuso la querelle, occupandosi dell’ultima questione rimasta, ovvero della sindacabilità della congruenza delle spese in oggetto (cd. inerenza quantitativa): infatti, a fronte della contestazione di antieconomicità formulata dal Fisco (atteso che vi sarebbe stata un’irragionevole sproporzione tra l’entità delle spese di sponsorizzazione e il fatturato/utile dello sponsor) i giudici hanno stabilito che quella sancita dall’art. 90, comma 8 della L. 289/2002 è una presunzione assoluta oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa fino alla soglia, normativamente prefissata, dell’importo di 200.000 euro.
Fonte C.T.
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