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Flat tax e Irpef: quali le proposte in corso


Cos'è la Flat Tax sull'Irpef? Il DDL 68 del 23 marzo 2018 può fornire in parte una risposta su come funziona e perché dovremmo attuarla
Flat tax e Irpef: quali le proposte in corso

Sempre più spesso in questi giorni sentiamo parlare di Flat Tax.

Ne discutono i giornali, ne accennano i siti internet, i politici ne fanno la bandiera della loro opposizione o sostegno al governo. Visto ciò, sorprende non poco constatare come i progetti di legge, su cui dovrebbero basarsi le future riforme, siano praticamente sconosciuti.

Basti dire come, facendo una semplice ricerca in rete, questi ultimi non vengano mai nominati od esposti compiutamente, quasi ad evidenziare una ritrosia a risalire alle fonti.

Nel tentativo di colmare la lacuna, proviamo ad analizzare uno dei pochi documenti reperibili: il DDL n. 68 del 23 marzo 2018, attualmente pendente presso il Senato.

Lo scopo che i promotori si prefiggono appare evidente fin dall'incipit:

“ONOREVOLI SENATORI – Perché l’Italia possa davvero ripartire è necessario un nuovo patto fiscale. Un patto nel quale il rapporto fra lo Stato e i cittadini sia ridefinito in termini di chiarezza, di semplicità, di trasparenza e di sostenibilità. Un patto nel quale lo Stato si impegni a garantire ragionevolezza nelle proprie pretese, equità sociale nel sistema impositivo e attenzione alle esigenze della famiglia, cellula essenziale del nostro sistema sociale”.

Possiamo anche concederlo. Nobili propositi. Chi non vorrebbe un sistema tributario semplice ed equo, al posto dell'attuale gazzarra di norme, spesso mal coordinate, con circolari ed interpretazioni giurisprudenziali spesso in contrasto fra loro? Ma veniamo al sodo: il come.

La proposta prevede un intervento sull'imposta sui redditi delle persone fisiche, da attuare tramite Delega al Governo. Vengono in particolare indicati quattro punti salienti:

“(1) Aliquota unica (flat tax) pari al 20 percento (rispetto al 23 per cento dell’attuale aliquota minima); (2) Riconoscimento di una no tax area di 7.000 euro per anno in modo uniforme per le diverse tipologie di reddito; (3) Riconoscimento di una no tax area modulata sulla base dei carichi di famiglia in modo assai più significativo di quanto accada con le attuali detrazioni per carichi di famiglia; (4) Riconoscimento dell’agevolazione della no tax area in modo degressivo, fino ad un valore di reddito di 100.000 euro l’anno, per introdurre nel sistema quei criteri di progressività richiesti dalla nostra Costituzione”.

Cosa significa tutto ciò? Per capirlo dobbiamo fare una premessa.

La Costituzione italiana parte dall'idea che il carico tributario debba crescere in base alla ricchezza del singolo contribuente. Quando il prelievo fiscale aumenta in rapporto diretto con la ricchezza imponibile, la tassazione è detta proporzionale. Quando viceversa il carico tributario cambia in modo più che proporzionale, abbiamo una tassazione progressiva.

La Corte Costituzionale, chiamata ad interpretare l'ax art. 53 Cost. ha sottolineato come la norma non richieda che ogni singolo tributo sia progressivo, ma che il sistema nel suo insieme “tenda” alla progressività. Ciò fa sì che ogni singolo tributo può appartenere ad uno o all'altro tipo, purché vi sia almeno un livello minimo di imposizione progressiva. Cosa che è avvenuta soprattutto nell'ambito dell'IRPEF.

Cercando di semplificarne il meccanismo, presupposto di tale imposta è il possesso di redditi in denaro o in natura. La base imponibile viene calcolata sommando i diversi redditi al netto delle deduzioni riconosciute dalla legge. Sul risultato viene poi ricavata l'imposta lorda tramite un sistema di aliquote crescenti per scaglione: fino a 15.000 Euro aliquota 23 %, sulla somma eccedente i 15.000 Euro fino a 28.000 Euro aliquota 27 %, sulla somma eccedente i 28.000 Euro fino a 55.000 Euro 28 %, e così avanti. Al totale, da ultimo, dovranno essere sottratte le detrazioni, ottenendo così l'imposta netta.

Ora, tornando al Disegno di Legge, viene proposto di superare l'attuale sistema, stabilendo un'aliquota unica del 20% e abolendo contestualmente tutte le agevolazioni riconosciute. Ciò a dire dei proponenti sarebbe opportuno dal momento che “L’attuale sistema fiscale italiano presenta da un lato un meccanismo di ben cinque scaglioni e aliquote dal livello quasi espropriativo e dall’altro una pletora di agevolazioni e benefici dal costo elevatissimo per il bilancio dello Stato, dal frequente e paradossale effetto regressivo, farraginoso per i contribuenti e per l’amministrazione finanziaria”.

Come risolvere tuttavia i problemi di compatibilità con l'art. 53 Costituzione? Grazie alla previsione delle No Tax Area. In altre parole, verrebbero stabilite delle esenzioni fiscali, da graduare in base a due criteri: i carichi di famiglia e il reddito. Più in particolare, si vorrebbe  “[...] che la predetta no tax area sia non inferiore a euro7.000 per ciascun soggetto passivo d’imposta e che tale valore sia incrementato di euro 4.500 per il primo familiare a carico, di ulteriori euro 3.000 per il secondo familiare a carico e di altri euro 2.000 per i successivi familiari a carico; […] al fine di garantire un’equa progressività del sistema fiscale, che la no tax area sia riconosciuta in modo degressivo al crescere del reddito familiare imponibile, e che la stessa non sia applicabile oltre una soglia reddituale non superiore a 100.000 euro”.

Insomma, il DDL promette meno burocrazia, maggior sostegno alle famiglie, e in generale un sistema più facile da gestire. Qual è il problema che tutti si pongono? Chi pagherà. Le principali critiche mosse alla Flat Tax sono essenzialmente di tipo economico, ossia se lo Stato Italiano può permettersi la manovra.

Lo stesso DDL del resto prende posizione sul punto, evidenziando il risparmio per la Pubblica Amministrazione e proponendo contestualmente un intervento sui servizi pubblici e sulle prestazioni assistenziali, in modo che coloro che superano una certa soglia di reddito vengano chiamati a contribuire, in modo proporzionato alla capacità economica del nucleo familiare.

Cercando di fare una valutazione, l'impressione è che ci troviamo in uno di quegli ambiti in cui qualsiasi sarà la decisione presa si andrà incontro a dei rischi. Ma del resto, un po'di coerenza non guasta: per l'ungo tempo abbiamo criticando l'inattività dello Stato, possiamo ora lamentere la sua avventatezza?

Non rischiamo forse di far avverare le parole di una nota fiaba di Esopo “nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci?"

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L'autore è esperto in Diritto tributario
Avv. Lorenzo De Stefani
Via di Torrebianca 10
34123 - Trieste (TS), Friuli-Venezia Giulia


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