Foro del consumatore: sempre clausola vessatoria???
1.art.33 codice del consumo 2. ordinanza 2016 Suprema Corte di Cassazione
Il comma 1 dell’art. 33 del Codice del Consumo recita che "Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto." A ben vedere, si tratta di clausole che comportano un grave squilibrio nel rapporto contrattuale (v. anche l'art. 1341 del c.c.). Si fa in tal senso rinvio anche agli Art. 1469 ter c.c. in relazione all’accertamento della vessatorietà delle stesse, nonché all’art. 1469 quinquies c.c. per la dichiarazione di inefficacia.La questione ha interessato di recente la Suprema Corte di Cassazione in ordine alla definizione del foro del Consumatore.
La questione di cui si discute attiene alla eventuale deroga al foro del consumatore. A mero scopo esemplificativo, basterebbe pensare alle clausole apposte nelle contrattazioni attinenti acquisti di pacchetti turistici o di viaggio. Spesso, infatti, la parte debole del contratto sottoscrive moduli prestampati (cd. clausole apposte a contratti di massa) ove si richiede l’accettazione di uno spostamento della competenza territoriale in casi di un futuro contenzioso avente ad oggetto la violazione contrattuale. Trattasi di clausole convenzionali esclusive attinenti il foro del consumatore.
La Corte di Cassazione - SEZ. VI - 3 con ordinanza del 28 settembre 2016, n.19061 afferma che "Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto.
La Corte ritiene che "Più precisamente, occorre tenere presente che il consumatore può rinunciare ad avvalersi del foro inderogabile fissato dall’art. 33 D.Lgs, n. 5/2006 ogniqualvolta agisca nella qualità di attore, e ciò in virtù della considerazione che le disposizioni apprestate dalla legge citata sono previste per la sua tutela (cfr. Cass. 10811/2011; Cass. 5933/2012; Cass. 8167/2013; Cass. 13944/2014)."Ed ancora.
"Invero, l’art. 33, comma 2, del detto d.lgs., nel prevedere che si presumono vessatore una serie di clausole che provvede ad elencare, fra cui, ai sensi della sua lettera u) quella che stabilisce come foro della controversia un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore, stabilisce che la presunzione opera fino a prova contraria. Tanto significa che, nel caso di clausola convenzionale derogatoria del foro del consumatore, chi è onerato della prova contraria - salvo che ricorra alcun’altra delle ipotesi del citato art. 34 - deve dimostrare che la clausola non è vessatoria, in quanto pattuita sulla base di una trattativa individuale. Allorquando il professionista, come nella specie, nel presupposto che la clausola derogatoria sia nulla agisce chiamando in giudizio il consumatore presso il foro a lui riferibile come tale a norma dell’art. 33, lett. u) e, quindi, nell’implicita prospettazione che la clausola non sia stata frutto di trattativa individuale, il consumatore che invece ritenga valida la clausola e voglia superare la presunzione di vessatorietà e, dunque, sostenere che il foro della controversia doveva essere quello della clausola convenzionale pur non coincidente con il c.d. foro del consumatore, è onerato, quale elemento costitutivo dell’eccezione di incompetenza, di dedurre e dimostrare che vi era stata la trattativa e che, pertanto, non essendo la clausola vessatoria, l’accordo derogatorio era stato legittimo."
La questione di cui si discute attiene alla eventuale deroga al foro del consumatore. A mero scopo esemplificativo, basterebbe pensare alle clausole apposte nelle contrattazioni attinenti acquisti di pacchetti turistici o di viaggio. Spesso, infatti, la parte debole del contratto sottoscrive moduli prestampati (cd. clausole apposte a contratti di massa) ove si richiede l’accettazione di uno spostamento della competenza territoriale in casi di un futuro contenzioso avente ad oggetto la violazione contrattuale. Trattasi di clausole convenzionali esclusive attinenti il foro del consumatore.
La Corte di Cassazione - SEZ. VI - 3 con ordinanza del 28 settembre 2016, n.19061 afferma che "Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto.
La Corte ritiene che "Più precisamente, occorre tenere presente che il consumatore può rinunciare ad avvalersi del foro inderogabile fissato dall’art. 33 D.Lgs, n. 5/2006 ogniqualvolta agisca nella qualità di attore, e ciò in virtù della considerazione che le disposizioni apprestate dalla legge citata sono previste per la sua tutela (cfr. Cass. 10811/2011; Cass. 5933/2012; Cass. 8167/2013; Cass. 13944/2014)."Ed ancora.
"Invero, l’art. 33, comma 2, del detto d.lgs., nel prevedere che si presumono vessatore una serie di clausole che provvede ad elencare, fra cui, ai sensi della sua lettera u) quella che stabilisce come foro della controversia un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore, stabilisce che la presunzione opera fino a prova contraria. Tanto significa che, nel caso di clausola convenzionale derogatoria del foro del consumatore, chi è onerato della prova contraria - salvo che ricorra alcun’altra delle ipotesi del citato art. 34 - deve dimostrare che la clausola non è vessatoria, in quanto pattuita sulla base di una trattativa individuale. Allorquando il professionista, come nella specie, nel presupposto che la clausola derogatoria sia nulla agisce chiamando in giudizio il consumatore presso il foro a lui riferibile come tale a norma dell’art. 33, lett. u) e, quindi, nell’implicita prospettazione che la clausola non sia stata frutto di trattativa individuale, il consumatore che invece ritenga valida la clausola e voglia superare la presunzione di vessatorietà e, dunque, sostenere che il foro della controversia doveva essere quello della clausola convenzionale pur non coincidente con il c.d. foro del consumatore, è onerato, quale elemento costitutivo dell’eccezione di incompetenza, di dedurre e dimostrare che vi era stata la trattativa e che, pertanto, non essendo la clausola vessatoria, l’accordo derogatorio era stato legittimo."
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