Forzata inattività del lavoratore
Il Tribunale di Milano ha accertato la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro in un caso di forzata inattività lavorativa del lavoratore
Si segnala un'importante pronuncia del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, che con la sentenza n. 2146/2016 ha stabilito il diritto del lavoratore a non essere lasciato in condizioni di forzata inattività lavorativa; diritto che discende dalla premessa giuridica di cui all'art. 2103 cod. civ. che riconosce al lavoratore il diritto a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto. Tale diritto deve essere tutelato, statuisce il Tribunale di Milano, anche ove dall'inattività lavorativa non derivino conseguenze sul piano della retribuzione.
Non va dimenticato, infatti, che il diritto all'esecuzione della propria prestazione lavorativa non costituisce solamente un mezzo di guadagno per il lavoratore, ma anche uno strumento attraverso il quale ciascun cittadino può dare sfoggio ed estrinsecare la propria personalità.
Dal punto di vista del lavoratore, pertanto, la violazione del suddetto diritto comporta una responsabilità da parte del datore di lavoro che sarà chiamato a risarcire il dipendente che senza giusta causa e/o giustificato motivo venga lasciato inoperoso, privandolo dei suoi compiti e delle sue mansioni.
Di contro, la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro, prosegue il Giudice meneghino, può escludersi ove si ravvisi una giusta causa per esempio nella condotta del lavoratore che comporti pertanto l'instaurarsi di procedimenti disciplinari a suo carico.
Sotto il profilo dell'onere probatorio, il Tribunale di Milano precisa come la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro conseguente all'inattività forzata del lavoratore è di natura contrattuale, con la conseguenza che ai sensi dell'art. 1218 cod. civ. è onere del datore, in quanto debitore, dimostrare la sussistenza di eventuali cause esimenti e/o giustificative tali da fondare la sua decisione di porre il lavoratore in forzata inattività e privo di compiti.
Non va dimenticato, infatti, che il diritto all'esecuzione della propria prestazione lavorativa non costituisce solamente un mezzo di guadagno per il lavoratore, ma anche uno strumento attraverso il quale ciascun cittadino può dare sfoggio ed estrinsecare la propria personalità.
Dal punto di vista del lavoratore, pertanto, la violazione del suddetto diritto comporta una responsabilità da parte del datore di lavoro che sarà chiamato a risarcire il dipendente che senza giusta causa e/o giustificato motivo venga lasciato inoperoso, privandolo dei suoi compiti e delle sue mansioni.
Di contro, la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro, prosegue il Giudice meneghino, può escludersi ove si ravvisi una giusta causa per esempio nella condotta del lavoratore che comporti pertanto l'instaurarsi di procedimenti disciplinari a suo carico.
Sotto il profilo dell'onere probatorio, il Tribunale di Milano precisa come la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro conseguente all'inattività forzata del lavoratore è di natura contrattuale, con la conseguenza che ai sensi dell'art. 1218 cod. civ. è onere del datore, in quanto debitore, dimostrare la sussistenza di eventuali cause esimenti e/o giustificative tali da fondare la sua decisione di porre il lavoratore in forzata inattività e privo di compiti.
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