Frode fiscale e prescrizione
Contrasti applicativi tra la Corte di Giustizia europea e la Corte Costituzionale sui reati tributari
Tra i reati comuni, quelli riguardanti l’imposta sul valore aggiunto e più in generale quelli riguardanti reati tributari, occupano la maggior parte dei ruoli dei tribunali italiani, sempre più alle prese con l’annosa questione circa i tempi prescrizionali applicabili ai suddetti reati, alla luce soprattutto dei recenti orientamenti giurisprudenziali nazionali e comunitari.
In linea generale la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza "Taricco" (causa C-105-14/08.09.2014) ha sancito l’imprescrittibilità dei reati in materia di Iva, muovendo da un principio tanto semplice quanto forte: "sono infatti imprescrittibili tutti quei reati che configurino una frode agli interessi finanziari dell’Unione europea".
La Suprema Corte tuttavia con la sentenza n. 16458 del 31 marzo 2017 ha cercato di porre dei "paletti" sancendo, riguardo al reato di omesso versamento Iva, la validità del termine prescrizionale di sette anni e mezzo. Secondo la Cassazione infatti la "Taricco" non trova applicazione in quanto, nel caso di specie, si tratta di una fattispecie delittuosa strutturalmente non caratterizzata da frode. Invero il reato di omesso versamento Iva disciplinato dall’art. 10 ter del dlgs n.74 del 2000 si consuma con il mancato pagamento dell’imposta dovuta, in base alla dichiarazione annuale, entro la scadenza del termine per il pagamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, ed è punibile a titolo di dolo generico, vale a dire quando sia provata la coscienza e la volontà di non aver voluto versare all’Erario le ritenute, effettuate nel periodo considerato. Non vige infatti alcun controllo da parte dell’ufficio in ordine alla corrispondenza tra debito tributario dichiarato e quello effettivo, la dichiarazione infatti viene assunta per vera dall’ufficio che ne contesta semplicemente l’omesso versamento delle imposte così come auto liquidate dal contribuente. In altre parole la dichiarazione rileva ai soli fini della determinazione dell’imponibile e della conseguente misura dell’inadempimento penalmente sanzionato.
A questo punto risulta utile differenziare i reati tributari a cui la succitata sentenza Taricco fa riferimento rispetto invece a quelli dalla stessa non intaccatati. Ai fini dell’imprescrittibilità, decisivo è il concetto di "grave frode fiscale", quindi rientrerebbero in tale categoria:
a) la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2)
b) la dichiarazione fraudolenta mediante artifici e raggiri (art.3)
c) l’omessa dichiarazione (art. 5)
d) l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8)
e) l’occultamento e distruzione della contabilità (art. 10)
f) la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11)
Seguendo tale logica interpretativa, il limite massimo di prescrizione, dunque resterebbe invariato (sette anni e mezzo) per i reati di:
a) dichiarazione infedele (art. 4)
b) omesso versamento di ritenute (art. 10 bis)
c) omesso versamento Iva (art. 10 ter)
d) indebita compensazione (art. 10 quater).
In linea generale la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza "Taricco" (causa C-105-14/08.09.2014) ha sancito l’imprescrittibilità dei reati in materia di Iva, muovendo da un principio tanto semplice quanto forte: "sono infatti imprescrittibili tutti quei reati che configurino una frode agli interessi finanziari dell’Unione europea".
La Suprema Corte tuttavia con la sentenza n. 16458 del 31 marzo 2017 ha cercato di porre dei "paletti" sancendo, riguardo al reato di omesso versamento Iva, la validità del termine prescrizionale di sette anni e mezzo. Secondo la Cassazione infatti la "Taricco" non trova applicazione in quanto, nel caso di specie, si tratta di una fattispecie delittuosa strutturalmente non caratterizzata da frode. Invero il reato di omesso versamento Iva disciplinato dall’art. 10 ter del dlgs n.74 del 2000 si consuma con il mancato pagamento dell’imposta dovuta, in base alla dichiarazione annuale, entro la scadenza del termine per il pagamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, ed è punibile a titolo di dolo generico, vale a dire quando sia provata la coscienza e la volontà di non aver voluto versare all’Erario le ritenute, effettuate nel periodo considerato. Non vige infatti alcun controllo da parte dell’ufficio in ordine alla corrispondenza tra debito tributario dichiarato e quello effettivo, la dichiarazione infatti viene assunta per vera dall’ufficio che ne contesta semplicemente l’omesso versamento delle imposte così come auto liquidate dal contribuente. In altre parole la dichiarazione rileva ai soli fini della determinazione dell’imponibile e della conseguente misura dell’inadempimento penalmente sanzionato.
A questo punto risulta utile differenziare i reati tributari a cui la succitata sentenza Taricco fa riferimento rispetto invece a quelli dalla stessa non intaccatati. Ai fini dell’imprescrittibilità, decisivo è il concetto di "grave frode fiscale", quindi rientrerebbero in tale categoria:
a) la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2)
b) la dichiarazione fraudolenta mediante artifici e raggiri (art.3)
c) l’omessa dichiarazione (art. 5)
d) l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8)
e) l’occultamento e distruzione della contabilità (art. 10)
f) la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11)
Seguendo tale logica interpretativa, il limite massimo di prescrizione, dunque resterebbe invariato (sette anni e mezzo) per i reati di:
a) dichiarazione infedele (art. 4)
b) omesso versamento di ritenute (art. 10 bis)
c) omesso versamento Iva (art. 10 ter)
d) indebita compensazione (art. 10 quater).
Articolo del: