Furto in abitazione o privata dimora
Quando è configurabile il reato di cui all'art. 624 bis (furto in appartamento o privata dimora)?
Preliminarmente dobbiamo capire cosa si intenda per privata dimora mentre è del tutto intuitivo cosa si intenda per appartamento o abitazione.
L'articolo 624 bis del codice penale prevede che Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da trecentonove euro a milletrentadue euro (...) La pena è della reclusione da tre a dieci anni (...) se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.
La Cassazione ha chiarito con una recente sentenza che è configurabile il reato di furto in luogo di privata dimora ovviamente quando il ladro si introduca in casa altrui ma anche quando l’azione delittuosa venga posta in essere in, studi professionali, esercizi commerciali e in luoghi di lavoro però solo laddove essi abbiano le caratteristiche dell’abitazione.
Ciò si verifica se il fatto è avvenuto all’interno di un’area privata della persona offesa dove questa compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento dove sia interdetto il pubblico).
La privata dimora è quindi un luogo che non è accessibile a terzi e ciò quindi non può essere ad esempio la stanza dove i clienti di un ristorante si siedono per consumare il pasto o la stanza dove il professionista riceve i propri clienti mentre lo saranno gli spogliatoi, le cucine, i bagni privati, le stanze di archivio inaccessibili a terzi ecc.
Inoltre non assume rilievo che il furto sia commesso in orario notturno o diurno, in orario di apertura o di chiusura, oppure in presenza o in assenza di persone, perché diversamente si avrebbe una tutela sanzionatoria "ad intermittenza" a seconda del momento di consumazione del fatto.
Quindi rileva essenzialmente solo il luogo di commissione del furto, nel senso che la tutela rafforzata non può essere estesa indifferenziatamente a tutti i luoghi di lavoro dovendosi circoscrivere l’ambito di operatività della disposizione ai soli luoghi di lavoro che presentino le caratteristiche dell’abitazione (accertamento che ovviamente è riservato al giudice di merito) ravvisabili solo dove il soggetto titolare o dipendente compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi senza il proprio consenso.
Nel caso trattato, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di cui all’articolo 624-bis del Cp, ravvisando piuttosto quello meno grave di cui all'articolo 624 e 625, comma 1, numero 2, del Cp, nella condotta dell’imputato che, in orario di chiusura, infrangendo la finestra dell’esercizio commerciale si era introdotto in un ristorante asportando una macchina fotografica al titolare.
È stato quindi ritenuto irrilevante sia il tempo dell’introduzione che l'oggetto asportato mentre è stata decisiva la circostanza che il furto non era stato commesso all’interno di un locale dell’esercizio in cui potessero svolgersi atti della vita privata del titolare, in modo riservato e senza possibilità di accesso da parte di estranei.
L'articolo 624 bis del codice penale prevede che Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da trecentonove euro a milletrentadue euro (...) La pena è della reclusione da tre a dieci anni (...) se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.
La Cassazione ha chiarito con una recente sentenza che è configurabile il reato di furto in luogo di privata dimora ovviamente quando il ladro si introduca in casa altrui ma anche quando l’azione delittuosa venga posta in essere in, studi professionali, esercizi commerciali e in luoghi di lavoro però solo laddove essi abbiano le caratteristiche dell’abitazione.
Ciò si verifica se il fatto è avvenuto all’interno di un’area privata della persona offesa dove questa compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento dove sia interdetto il pubblico).
La privata dimora è quindi un luogo che non è accessibile a terzi e ciò quindi non può essere ad esempio la stanza dove i clienti di un ristorante si siedono per consumare il pasto o la stanza dove il professionista riceve i propri clienti mentre lo saranno gli spogliatoi, le cucine, i bagni privati, le stanze di archivio inaccessibili a terzi ecc.
Inoltre non assume rilievo che il furto sia commesso in orario notturno o diurno, in orario di apertura o di chiusura, oppure in presenza o in assenza di persone, perché diversamente si avrebbe una tutela sanzionatoria "ad intermittenza" a seconda del momento di consumazione del fatto.
Quindi rileva essenzialmente solo il luogo di commissione del furto, nel senso che la tutela rafforzata non può essere estesa indifferenziatamente a tutti i luoghi di lavoro dovendosi circoscrivere l’ambito di operatività della disposizione ai soli luoghi di lavoro che presentino le caratteristiche dell’abitazione (accertamento che ovviamente è riservato al giudice di merito) ravvisabili solo dove il soggetto titolare o dipendente compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi senza il proprio consenso.
Nel caso trattato, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di cui all’articolo 624-bis del Cp, ravvisando piuttosto quello meno grave di cui all'articolo 624 e 625, comma 1, numero 2, del Cp, nella condotta dell’imputato che, in orario di chiusura, infrangendo la finestra dell’esercizio commerciale si era introdotto in un ristorante asportando una macchina fotografica al titolare.
È stato quindi ritenuto irrilevante sia il tempo dell’introduzione che l'oggetto asportato mentre è stata decisiva la circostanza che il furto non era stato commesso all’interno di un locale dell’esercizio in cui potessero svolgersi atti della vita privata del titolare, in modo riservato e senza possibilità di accesso da parte di estranei.
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