Furto nel supermercato: furto tentato o consumato?


Il furto nel supermercato, la Sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite (Sentenza n. 52117/14 del 17.07.2014)
Furto nel supermercato: furto tentato o consumato?
Per anni sia la dottrina che la giurisprudenza si sono interrogate in merito alla corretta qualificazione da attribuire alla condotta di furto nel supermercato avvenuto sotto il costante controllo del personale addetto alla vigilanza, nel caso in cui l’autore del reato venga fermato con la refurtiva subito dopo il superamento delle casse.

Due sono sostanzialmente gli orientamenti formatisi nel corso degli anni che hanno dato vita ad un vero e proprio contrasto giurisprudenziale.

Secondo un primo orientamento, la condotta di cui si tratta andrebbe qualificata come furto consumato, a nulla rilevando (ai fini della consumazione del reato) che l’azione furtiva sia avvenuta sotto il controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza. Secondo tale indirizzo, infatti, il reato di furto si consumerebbe nel momento in cui l’agente, dopo aver sottratto la merce dagli scaffali del supermercato e averla occultata, superi la barriera delle casse senza pagare il prezzo.

Secondo l’orientamento opposto, invece, la sorveglianza continua dell’azione furtiva da parte degli addetti alla vigilanza impedirebbe la consumazione del reato, in quanto la refurtiva, appresa e occultata, non risulterebbe ancora uscita dalla sfera di controllo diretto della persona offesa, la quale potrebbe in ogni momento interrompere l’azione delittuosa. In tal caso si avrà a che fare con furto solo tentato.

Tale assunto poggia le proprie basi sulla distinzione tra i requisiti della sottrazione e dell’impossessamento (elementi costitutivi del furto, secondo la lettera dell’art. 624 c.p.), dove per sottrazione deve intendersi la privazione materiale della cosa, mentre l’impossessamento rappresenta l’acquisizione della piena e autonoma disponibilità materiale della cosa sottratta.

Pertanto, nel caso in cui l’agente venisse costantemente sorvegliato, non vi sarebbe alcuno spossamento, da intendersi come perdita di vigilanza e controllo diretto della persona offesa sulla cosa. Di conseguenza, il furto sarebbe configurabile unicamente a titolo di tentativo.

Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione a Sezione Unite (Sentenza n. 52117/14 del 17.07.2014, dep. il 16.12.2014) che ha risolto il contrasto giurisprudenziale riaffermando tale secondo orientamento, nel senso della qualificazione giuridica della condotta in esame nei termini di furto tentato, come si evince dal seguente principio di diritto enunciato dalla Corte:

"Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco), sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo".

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di Avv. Giuseppe Maria de Lalla

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