Gambia: tutela dei diritti fondamentali?


Palermo a rischio emergenza umanitaria per i flussi migratori provenienti dal Gambia dopo il diniego dello status di rifugiato agli immigrati
Gambia: tutela dei diritti fondamentali?

Lasciare spazio alla tutela dei diritti umani e il recepire le Convenzioni Internazionali in materia di tutela dei diritti verso i minori di età in questi giorni ha determinato ampi spazi di riflessione e possibilità di creare diritto vivente non ancora contemplato da alcuna normativa interna con risvolti di politica internazionale, poiché nei processi di globalizzazione si vede il mondo europeo perdere la sua centralità e lasciare che nei flussi migratori si recepisca la cultura islamica che pure prevede la lotta contro la discordia e il disordine come mali per eccellenza da combattere.

Certamente l’esistenza del fenomeno del rifugiato, sia esso maggiore e/o minore di età, ci colloca in un contesto in cui, sembrano determinarsi a periodi alterni, ondate di sensibilizzazione mai risolte, anche per la necessità di riconoscerne la diversa configurazione ciclica che si viene a creare per ragioni geo-politiche, economiche e religiose.

Fra le tante, quest’ultima che proviene dal Gambia appare particolare per la localizzazione del piccolissimo paese che resta quasi abbracciato dal Senegal, spesso ignorato anche per le sue caratteristiche geografiche di difficile individuazione, nonostante sia anche un’ambita località turistica-balneare.

In questi ultimi giorni di febbraio, i Gambiani sbarcati in Sicilia lo scorso novembre, hanno dato vita con l’aiuto di una rete umana (costituita da medici e altri volontari) ad una manifestazione politica, attraverso la quale poter spiegare quale sia la situazione reale del loro paese di provenienza, solo formalmente una Repubblica.

Già nel 2014 il Gambia esce dal Commwealth e il 10 dicembre 2015 viene proclamato lo Stato Islamico dal suo Presidente.

L’Assemblea del 19 febbraio u.s. per gli immigrati è stata uno strumento di politicizzazione per evitare di rientrare nella Convenzione di Dublino: molti di loro oramai non rilasciano le impronte appunto per sottrarsi al Sistema Dublino vincolandosi a restare in Italia. E la Carta di Palermo offre un palcoscenico per una scelta in autonomia del proprio futuro.

Il paese da cui provengono è uno stato senza libertà e, spesso, coloro i quali giungono in Sicilia sono vittime della guerra e di conflitti interni e/o di violenza e, mentre loro giungono qui per chiedere aiuto e poter raccontare cosa avviene nel loro Paese, una volta sbarcati qui risultano illegali, a causa dell’U.E. e di uno Stato Italiano che emana leggi di recepimento delle Direttive comunitarie che gravano le Questure di lavoro inutile. Inoltre, la Commissione territoriale adesso nega ai cittadini provenienti dal Gambia la protezione internazionale e lo status di rifugiato. Nonostante gli arresti arbitrari e le torture nel Paese di origine e la tutela appaia fittizia e raramente praticabile, con elevati costi per lo Stato, attraverso la rappresentanza processuale di Avvocati (anch’essi volontari che anticipano spese poi a carico dello Stato), presentano ricorsi avverso i provvedimenti di diniego della richiesta di asilo.

L’accoglienza viene praticata da alcune comunità (a Palermo la più significativa resta quella di Biagio Conte), però, sempre al di fuori dell’area delle strutture pubbliche. Dunque, si individua il rischio di Emergenza umanitaria in città.

Un anno fa, i Gambiani erano riconosciuti rifugiati ad altissime percentuali, mentre adesso viene negato quasi a tutti (al 90%).

Dopo lo sbarco a Porto Empedocle, la Polizia li abbandona in campagna con il Foglio di respingimento differito che li obbliga entro sette giorni a dover lasciare l’Italia e rientrare nel loro Paese.

Ipocrisia e illegittimità della procedura non sono risposte valide, anzi, sono di ostacolo all’accesso ad un percorso di accoglienza al fine di richiedere il riconoscimento del diritto di asilo.

La rete di sostegno dei volontari, Biagio Conte, Medici al Policlinico ed Emergency, Avvocati, cittadini, sono l’unica risorsa umana che garantisca loro umanità e possibilità di non restare imbrigliati nelle maglie dell’ipocrisia di una burocrazia nota a tutti.

Allora il ruolo del Tutore, sia esso un Avvocato, oppure uno Psicologo, offre una risorsa in un contesto culturale povero ove la persona, soprattutto se minore di età, non sia un numero; perché non è statistica, ma è la storia, la vita di uomini e donne, bambini e bambine che sognano di aver riconosciuta una libertà che portano dentro di sé, ma che ancora non conosce gli spazi ove esprimersi e integrarsi nel fluire della vita locale.

Ritengo che in questo contesto, senza essere semplicistici perché non è utile, ma per semplificare la complessità del sistema ipocrita, possa giovare l’individuazione di qualche principio a cui fare riferimento, a cui ispirarsi per gestire ogni caso umano senza discriminazioni.

Il principio di non discriminazione certamente è un principio che assicura flessibilità nell’affermazione dei diritti che comportano una rinuncia anche per altri per i quali sarebbero privilegi, cercando di evitare il doppio danno della discriminazione fra i soggetti svantaggiati della realtà locale.

Il dinamismo del riconoscimento dei diritti fondamentali è in sé una conquista ed un rischio allo stesso tempo.

Il giurista, nella veste del difensore dei diritti umani, viene coinvolto per competenza sotto il profilo civilistico e nei procedimenti amministrativi diretti alle tutele previste dalla legge. Occorre, anche, che sappia riconoscere i profili penalistici di tutela ove ve ne fosse la necessità, non per reprimere la diversità, ma per accogliere, prevenire e garantire dignità all’essere umano, libertà, giustizia e pace al sistema nel riconoscimento del migrante come persona e non solo per i talenti qualificati, in vista poi di successivi accordi con i regimi degli stati da cui provengono, né tanto meno per sanzionarli prima ancora di lasciarli parlare, di averli ascoltati.

In particolare, dinanzi ad un minore di età, l’Avvocato o altra figura professionale specializzata dovrà garantire l’effettività della difesa dei suoi diritti, nel rispetto della cultura di provenienza, del suo credo religioso e della libertà di esprimere il proprio pensiero e dovrà, soprattutto, aiutarlo a maturare un progetto di vita per sé che lo renda autonomo sia dal punto di vista culturale che lavorativo.

Il 23 febbraio 2016 a Palermo viene siglata con il sindaco di Montpellier, Philippe Saurel, una lettera di intenti, finalizzata alla sottoscrizione, a maggio prossimo, di un articolato patto di gemellaggio che avrà l'obiettivo di sviluppare maggiori relazioni e interazioni nei campi sociale, culturale, innovativo ed economico. Una conferma del ruolo della città di Palermo nei rapporti fra i paesi europei, africani e asiatici ed una ulteriore conferma del ruolo straordinario, a partire dalla Carta di Palermo (13-15 marzo 2015), nella testimonianza della cultura dell'accoglienza. Sono necessarie logiche che superino gli steccati della politica e istaurino dinamiche capaci di ascolto e di riconoscere in questo momento storico un’età, quella dei diritti umani che trasformano la nostra quotidianità.

 

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di Avv. Anna Maria Casella

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