Genitori e patrimonio dei figli


Erronea gestione del patrimonio dei figli. Rimedi giuridici. La corretta lettura dell'art. 334 c.c. Intervento chiarificatore della della suprema corte
Genitori e patrimonio dei figli
Con ordinanza del 13 luglio della VI Sezione Civile della Corte Suprema (Pres. dott. Campanile, Rel. dott. Marulli) vi è stato un significato progresso giurisprudenziale, che ha chiarito come soltanto in casi specifici i genitori possano essere rimossi dalla gestione del patrimonio dei figli. La materia è disciplinata dall’art. 334 c.c., che prevede che, in caso di cattiva amministrazione del patrimonio del minore, il Tribunale può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell’amministrazione o rimuovere entrambi o uno solo di essi, e privarli, in tutto o in parte , dell’usufrutto legale. La norma in oggetto già delinea una scala di rimedi, dove la rimozione dall’amministrazione appare un’ipotesi del tutto subordinata alla statuizione di condizioni cui i genitori devono attenersi nell’amministrare i beni dei propri figli.
La giurisprudenza, come anche la dottrina, si era interessata della materia soprattutto con riferimento all’esercizio di attività commerciali, ma è evidente che la disciplina codicistica investa tutta la sfera della gestione del patrimonio dei minori. Nel caso di recente deciso dalla Suprema Corte l’azione era stata promossa dal nonno, che aveva richiesto di annullare il decreto della Corte di Appello dell’Aquila, che aveva accolto il reclamo di un genitore che era stato rimosso dall’amministrazione del patrimonio dei figli minori.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha affermato con nettezza che la rimozione dall’amministrazione può avvenire soltanto "in presenza di concreti atti di mala gestio, atti in grado cioè di arrecare un sicuro pregiudizio al patrimonio del minore", derivandone che non può dar luogo ad un provvedimento siffatto una mera situazione di " potenziale pericolo".
Procedendo oltre nell’impianto motivazionale, la Suprema Corte ha affermato che anche una interpretazione rivolta a garantire le finalità preventive della norma non può prescindere dal "considerare la portata e gli effetti in rapporto alla delicatezza degli equilibri interni al nucleo familiare", per cui anche un intervento meramente preventivo dovrebbe necessariamente fondarsi su "basi di affidabile oggettività, in presenza di condotte che rendono serio e concreto il rischio patrimoniale".
Operando in tal modo, la Suprema Corte ha posto chiari limiti ermeneutici ad interpretazioni disinvolte della norma codicistica, che, ledendo la funzione genitoriale, potrebbero rivelarsi in distonia con i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Articolo del:


di Alfredo Guarino

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse