Genitori separati: vietato “sparlare” dell’ex
Attenzione a “parlare male” dell’ex con i figli, il Tribunale potrebbe modificare le condizioni di affidamento
Tra i compiti fondamentali dei genitori separati, e in particolare del genitore convivente con i figli, uno dei più delicati, soprattutto in un momento di crisi e disgregazione dell'unione familiare, è il dovere, sia morale che giuridico, di preservare i rapporti con l'altro genitore. Entrambi i genitori devono mostrare reciproca e fattiva collaborazione a ricercare soluzioni condivise nelle scelte significative per la crescita e l'educazione dei figli, il che vuole dire anche fare in modo di presentare positivamente la figura dell'altro coniuge, in vista del superiore interesse dei bambini a superare la separazione nella maniera meno traumatica possibile (cfr. Cass. n. 18987/16).
Questo principio fa sì che il genitore presso cui sono collocati i figli, non solo non deve porre in atto comportamenti che ostacolino la frequentazione con l'altro genitore, ma deve anche impedire che i conflitti con l'ex siano poi la causa di una negativa (se non falsa) rappresentazione dell'altro genitore, così da pregiudicare gravemente la percezione che di quest'ultimo avverte la prole (cfr. Cass. n. 22744/17).
La Suprema Corte in materia è ferma nel ribadire che, tra i requisiti di valutazione della idoneità genitoriale, assume importanza preminente la corretta applicazione del principio della bigenitorialità - ossia il diritto del bambino di avere un rapporto equilibrato ed armonioso con entrambi i genitori - precisando che, in caso di criticità del rapporto tra il figlio e il genitore non convivente, è preciso compito del genitore affidatario promuovere attivamente e costantemente il riavvicinamento dei figli all'altro genitore, dal momento che la capacità genitoriale si misura anche alla luce della capacità di favorire detto rapporto. Con la sentenza n. 21215 del 13.09.17, la Suprema Corte ha precisato che "un atteggiamento svalutante" nei confronti dell'altro genitore, che non riconosca al figlio il diritto di amarlo, "agisce con ricatto morale" nei confronti del minore, con ciò violando non solo il diritto alla bigenitorialità, ma anche il diritto alla vita familiare tutelata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'allontanamento morale dell'altro genitore da parte di quello affidatario, si realizza non solo attraverso l'esautorazione del ruolo dell'altro genitore - per esempio, sostituendone la figura con il nuovo convivente - ma anche attraverso la sua denigrazione. Rendere il minore partecipe dei conflitti tra gli adulti e addebitare all'altro genitore comportamenti negativi, può indurre nel minore paure e sospetti, arrecando gravi danni alla sua crescita equilibrata e serena.
Alla luce di questi ineludibili principi, la Corte Suprema ha più volte ribadito che, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, il giudice è tenuto ad accertare la veridicità dei comportamenti, e, nel caso in cui siano accertati comportamenti contrari agli interessi del minore, può anche modificare le condizioni di affidamento, privilegiando il genitore che si sia dimostrato in grado di preservare i rapporti con entrambe le figure di riferimento.
Questo principio fa sì che il genitore presso cui sono collocati i figli, non solo non deve porre in atto comportamenti che ostacolino la frequentazione con l'altro genitore, ma deve anche impedire che i conflitti con l'ex siano poi la causa di una negativa (se non falsa) rappresentazione dell'altro genitore, così da pregiudicare gravemente la percezione che di quest'ultimo avverte la prole (cfr. Cass. n. 22744/17).
La Suprema Corte in materia è ferma nel ribadire che, tra i requisiti di valutazione della idoneità genitoriale, assume importanza preminente la corretta applicazione del principio della bigenitorialità - ossia il diritto del bambino di avere un rapporto equilibrato ed armonioso con entrambi i genitori - precisando che, in caso di criticità del rapporto tra il figlio e il genitore non convivente, è preciso compito del genitore affidatario promuovere attivamente e costantemente il riavvicinamento dei figli all'altro genitore, dal momento che la capacità genitoriale si misura anche alla luce della capacità di favorire detto rapporto. Con la sentenza n. 21215 del 13.09.17, la Suprema Corte ha precisato che "un atteggiamento svalutante" nei confronti dell'altro genitore, che non riconosca al figlio il diritto di amarlo, "agisce con ricatto morale" nei confronti del minore, con ciò violando non solo il diritto alla bigenitorialità, ma anche il diritto alla vita familiare tutelata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L'allontanamento morale dell'altro genitore da parte di quello affidatario, si realizza non solo attraverso l'esautorazione del ruolo dell'altro genitore - per esempio, sostituendone la figura con il nuovo convivente - ma anche attraverso la sua denigrazione. Rendere il minore partecipe dei conflitti tra gli adulti e addebitare all'altro genitore comportamenti negativi, può indurre nel minore paure e sospetti, arrecando gravi danni alla sua crescita equilibrata e serena.
Alla luce di questi ineludibili principi, la Corte Suprema ha più volte ribadito che, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, il giudice è tenuto ad accertare la veridicità dei comportamenti, e, nel caso in cui siano accertati comportamenti contrari agli interessi del minore, può anche modificare le condizioni di affidamento, privilegiando il genitore che si sia dimostrato in grado di preservare i rapporti con entrambe le figure di riferimento.
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