Gestione Commercianti Inps


Quanti contributi versano gli iscritti alla Gestione Commercianti INPS che sono soci in più società?
Gestione Commercianti Inps
A partire dal 2009, l’Inps - nell’ambito della nota Operazione Poseidone - ha dato l’avvio ad una serie di accertamenti ispettivi grazie al flusso di informazioni ricevute dall’Agenzia delle Entrate. L’Inps e l’Agenzia delle Entrate hanno infatti stipulato una Convenzione per lo scambio reciproco di informazioni finalizzato a contrastare l’evasione fiscale e contributiva.
L’art. 83, del D.L. 112/2008 convertito in L. 133/2008, rubricato "Efficienza dell’Amministrazione finanziaria", al comma 1, ha stabilito i termini della suddetta Convenzione tra Inps e Agenzia delle Entrate, prevedendo che:
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L’Operazione è sostanzialmente consistita nella messa a disposizione dell’Inps, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di informazioni relative agli anni di imposta dal 2006 in avanti, riguardanti soggetti titolari di Partita Iva e contribuenti che avessero denunciato redditi derivanti da prestazioni di lavoro autonomo, indicando tale attività come prevalente nella dichiarazione dei redditi (cfr. B.GALLO-E.MARTINA, Dal modello Unico presentato all’Agenzia all’operazione Poseidone dell’Inps, in Guida al Lavoro, n. 27, 2011, pag. 70 e ss.).
Le informazioni ricevute dall’Inps sono state quindi confrontate con gli archivi delle Camere di Commercio e con l’archivio dei soggetti titolari di una posizione previdenziale (artigiani, commercianti o professionisti iscritti alla Gestione Separata), per giungere ai seguenti risultati:
- i percettori di redditi che non risultavano iscritti alla Gestione previdenziale di competenza vi sono stati iscritti d’ufficio dall’Inps, che ha altresì provveduto a richiedere il pagamento dei contributi omessi, oltre alle sanzioni;
- i percettori di redditi che invece risultavano già iscritti alla Gestione previdenziale di competenza, ma non risultavano avere assoggettato a contribuzione tutti i redditi da lavoro autonomo percepiti, si sono visti recapitare dall’Inps la richiesta di pagamento della quota-parte di contributi non versati, oltre alle sanzioni.

Nel caso specifico qui esaminato, abbiamo sottoposto al Tribunale del Lavoro di Milano il caso di:
- un soggetto socio di una società in accomandita semplice (s.a.s.), ma anche socio di una società in nome collettivo (s.n.c.) e di una società a responsabilità limitata (s.r.l.);
- che, iscritto d’ufficio alla Gestione Commercianti Inps, ha aderito all’iscrizione e pagato - con una rateizzazione - la contribuzione calcolatagli e richiestagli dall’Inps;
- a distanza di tempo, l’Inps ha provveduto a ricalcolargli - quello che a suo avviso era - l’esatto ammontare della contribuzione dovuta alla Gestione Commercianti.
Ciò l’Inps ha fatto in applicazione dell’art. 3-bis del D.L. n. 384/1992 (conv. con L. n. 438/1992), il quale prevede che:
<< A decorrere dall'anno 1993, l'ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui all'articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233, è rapportato alla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono>>.
Questa norma prevede che, una volta che il contribuente si iscrive alla Gestione Commercianti Inps, non deve assoggettare a contribuzione soltanto i redditi della società in riferimento alla quale si è iscritto, ma tutti i redditi d’impresa dichiarati anche in relazione alle altre società di cui è socio. E si badi bene al fatto che la legge parla di redditi e non di utili percepiti!
Ovviamente l’Inps non fa presente al contribuente l’esistenza di questa norma al momento dell’iscrizione d’ufficio ossia al momento in cui calcola al contribuente quanto gli costi aderire all’iscrizione d’ufficio alla Gestione Commercianti.
L’Inps lascia passare anche diverso tempo prima di chiedere le differenze contributive dovute e lo fa anche nei casi in cui il contribuente (iscritto d’ufficio) ha concordato con l’Inps il pagamento rateizzato dei contributi dovuti Ciò ha dell’incredibile, ma purtroppo è tutto vero, è così che si comporta l’Inps.
La difesa del contribuente in giudizio è consistita nel fare presente che nella totalità dei redditi d’impresa su cui si basava il ricalcolo che aveva dato origine all’avviso di addebito impugnato, non potevano confluire:
- anche i redditi di capitale dichiarati in relazione alla qualità di socio della srl in cui il contribuente non prestava alcuna attività;
- anche i redditi di impresa dichiarati in relazione alla qualità di socio della snc in cui il contribuente non prestava alcuna attività.
Ebbene, il Tribunale del Lavoro di Milano richiamando le motivazioni di una sentenza della Corte d’Appello di Torino ha annullato l’avviso di addebito Inps, accogliendo in parte il ricorso in conseguenza dell’accertamento dell’erroneo assoggettamento a contribuzione da parte dell’Inps dei redditi di capitale dichiarati in qualità di socio della S.r.l..
Più precisamente, il Tribunale del Lavoro di Milano, nella sentenza n. 2499 del 17.10.2016, ha stabilito che:
<INPS tuttavia ha errato nel calcolare anche i redditi dichiarati quale socio della Sxx Mxx e Mxx s.r.l., i quali, derivando da una società non di persone bensì di capitale, dotata di personalità giuridica, non possono ritenersi, per le ragioni sopra esposte, redditi del socio.
(...)
Alla luce delle osservazioni svolte la determinazione dell’ammontare dei contributi operata dall’INPS sulla base dell’imponibile rappresentato dall’intero coacervo dei redditi di impresa percepiti dal ricorrente - comprensivi dei redditi relativi anche alla posizione di socio di srl non appare corretta e conforme al dettato dell’art. 3 bis d.l. 19 settembre 1992 n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992 n. 438>>.
La pronuncia del Tribunale del Lavoro di Milano del 17.10.2016 rappresenta un importante contributo nell’individuazione di quali siano i "redditi di impresa" di cui all’art. 3-bis da considerare ai fini del calcolo dei contributi dovuti da coloro che detengono plurime partecipazioni in società di persone ed in società di capitali.
Peraltro, nell’escludere dalla base imponibile i redditi derivanti da società di capitali, come la s.r.l., la sentenza del Tribunale del Lavoro di Milano si pone in linea con quanto già stabilito da precedenti sentenze di merito (C. App. L’Aquila n. 752 del 25.06.2015; Trib. Mantova n. 6 del 21.01.2016; Trib. Perugia n. 133 del 10.03.2015) nonché dalla Corte Costituzionale (sent. 7.11.2001 n. 354).

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di Carla Etzi

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