Gestione dei rifiuti: natura del FIR
Brevi precisazioni in merito alla sentenza della Corte di Cassazione N. 43613 del 29/10/2015 sulla distinzione tra il FIR e il certificato di analisi dei rifiuti
La legislazione italiana in tema di ambiente è particolarmente articolata: tra i molteplici atti normativi spicca il D.Lgs. 152/06 comunemente denominato "Testo Unico Ambientale" o "TUA".
Tra i diversi settori del diritto ambientale è, attualmente, sotto la luce dei riflettori quello della gestione dei rifiuti: istituito nell’ormai lontano 2009, l’innovativo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (c.d. "SISTRI") non è ancora entrato in vigore. Da ultimo, il decreto c.d. "Milleproroghe 2015" ha rinviato al 01 gennaio 2016 la sua attuazione. Tuttavia, ancora oggi numerose sono le denunce delle criticità e dei ritardi nella messa a regime.
A prescindere dalle incertezze legate all’entrata in vigore del c.d. "Modello Informatico", per tutti gli attori investiti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti che non saranno obbligati ad aderire al SISTRI, continuerà a trovare applicazione l’attuale sistema di gestione, cd. "Modello Cartaceo", costituito da vari documenti quali il "Registro di Carico e Scarico" (RCS), il "Formulario di Identificazione dei Rifiuti" (FIR) ed il "Modello Unico di Dichiarazione" (MUD).
I soggetti esclusi dall’obbligatorietà di applicazione del SISTRI sono i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi e gli enti e le imprese che effettuano attività di raccolta, trasporto e gestione dei rifiuti non pericolosi. Dal momento che tali soggetti non sono impattati dall’incertezza relativa al SISTRI, resta di primaria importanza affrontare e dirimere alcuni aspetti cruciali dell’attuale normativa. In particolare, il FIR rappresenta il documento più pervasivo del settore, coinvolgendo tutti gli attori della catena del trattamento dei rifiuti: i produttori, i trasportatori e infine i destinatari.
Nello specifico, il FIR è un documento che consente la tracciabilità del flusso di rifiuti nelle varie fasi del trasporto dal produttore al sito di destinazione, che deve essere redatto dal produttore/detentore del rifiuto su apposito bollettario a ricalco conforme al modello stabilito dal D.M. 145/98. Il FIR deve essere poi controfirmato dal trasportatore (conducente del mezzo) e accompagnare il trasporto in ogni momento fino all’impianto di destinazione. È importante, tuttavia, evidenziare che il produttore/detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento: i trasportatori di rifiuti prodotti da terzi , ex art. 193, comma 3, D.Lgs. 152/2006, sono espressamente manlevati da ogni responsabilità laddove vi siano difformità tra la descrizione dei rifiuti formulata dal produttore e risultante dal FIR e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Il produttore, ai sensi dell’art. 258 TUA, che omette la redazione del FIR ovvero indica dati incompleti o inesatti è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria. Inoltre, la medesima norma applica la pena di cui all’art. 433 CP ("Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico") a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico/fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
Recentemente la Suprema Corte è intervenuta in merito al richiamo contenuto nell’art. 258 TUA all’art.483 CP, ribadendo le sostanziali differenze tra il FIR ed il certificato di analisi dei rifiuti, citato nel TUA.
Sebbene il FIR abbia una specifica valenza in ragione dei dati ivi obbligatoriamente contenuti in ragione della finalità di identificazione del rifiuto, lo stesso si concreta in una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto essenzialmente dichiarativo.
Diversamente, il Certificato di analisi dei rifiuti, in ragione del fatto che esso risponde ad una esigenza di certezza pubblica e proviene da un soggetto qualificato ed abilitato all’esercizio di una specifica professione, comporta l’esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso peculiari metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto.
Al fine di evitare qualsivoglia equivoco, la Suprema Corte ha ribadito che "il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e della composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di un documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa" (Cass., 29.10.2015, n. 43613).
Pertanto, non può ritenersi che un trasporto di rifiuti effettuato con formulario contenente dati non veritieri possa configurare autonomamente il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico difettando, nel FIR, la natura di atto pubblico e la destinazione a provare la verità.
Per l’effetto, in caso di omessa o erronea compilazione del FIR, il produttore/detentore di rifiuti non può in nessun caso essere considerato penalmente responsabile, potendo trovare applicazione nei suoi confronti esclusivamente una sanzione amministrativa.
Tra i diversi settori del diritto ambientale è, attualmente, sotto la luce dei riflettori quello della gestione dei rifiuti: istituito nell’ormai lontano 2009, l’innovativo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (c.d. "SISTRI") non è ancora entrato in vigore. Da ultimo, il decreto c.d. "Milleproroghe 2015" ha rinviato al 01 gennaio 2016 la sua attuazione. Tuttavia, ancora oggi numerose sono le denunce delle criticità e dei ritardi nella messa a regime.
A prescindere dalle incertezze legate all’entrata in vigore del c.d. "Modello Informatico", per tutti gli attori investiti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti che non saranno obbligati ad aderire al SISTRI, continuerà a trovare applicazione l’attuale sistema di gestione, cd. "Modello Cartaceo", costituito da vari documenti quali il "Registro di Carico e Scarico" (RCS), il "Formulario di Identificazione dei Rifiuti" (FIR) ed il "Modello Unico di Dichiarazione" (MUD).
I soggetti esclusi dall’obbligatorietà di applicazione del SISTRI sono i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi e gli enti e le imprese che effettuano attività di raccolta, trasporto e gestione dei rifiuti non pericolosi. Dal momento che tali soggetti non sono impattati dall’incertezza relativa al SISTRI, resta di primaria importanza affrontare e dirimere alcuni aspetti cruciali dell’attuale normativa. In particolare, il FIR rappresenta il documento più pervasivo del settore, coinvolgendo tutti gli attori della catena del trattamento dei rifiuti: i produttori, i trasportatori e infine i destinatari.
Nello specifico, il FIR è un documento che consente la tracciabilità del flusso di rifiuti nelle varie fasi del trasporto dal produttore al sito di destinazione, che deve essere redatto dal produttore/detentore del rifiuto su apposito bollettario a ricalco conforme al modello stabilito dal D.M. 145/98. Il FIR deve essere poi controfirmato dal trasportatore (conducente del mezzo) e accompagnare il trasporto in ogni momento fino all’impianto di destinazione. È importante, tuttavia, evidenziare che il produttore/detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento: i trasportatori di rifiuti prodotti da terzi , ex art. 193, comma 3, D.Lgs. 152/2006, sono espressamente manlevati da ogni responsabilità laddove vi siano difformità tra la descrizione dei rifiuti formulata dal produttore e risultante dal FIR e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
Il produttore, ai sensi dell’art. 258 TUA, che omette la redazione del FIR ovvero indica dati incompleti o inesatti è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria. Inoltre, la medesima norma applica la pena di cui all’art. 433 CP ("Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico") a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico/fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.
Recentemente la Suprema Corte è intervenuta in merito al richiamo contenuto nell’art. 258 TUA all’art.483 CP, ribadendo le sostanziali differenze tra il FIR ed il certificato di analisi dei rifiuti, citato nel TUA.
Sebbene il FIR abbia una specifica valenza in ragione dei dati ivi obbligatoriamente contenuti in ragione della finalità di identificazione del rifiuto, lo stesso si concreta in una mera attestazione del privato, avendo, in sostanza, un contenuto essenzialmente dichiarativo.
Diversamente, il Certificato di analisi dei rifiuti, in ragione del fatto che esso risponde ad una esigenza di certezza pubblica e proviene da un soggetto qualificato ed abilitato all’esercizio di una specifica professione, comporta l’esternazione di dati precedentemente acquisiti attraverso peculiari metodologie concernenti natura, composizione e caratteristiche del rifiuto.
Al fine di evitare qualsivoglia equivoco, la Suprema Corte ha ribadito che "il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) non ha alcun valore certificativo della natura e della composizione del rifiuto trasportato, trattandosi di un documento recante una mera attestazione del privato, avente dunque natura prettamente dichiarativa" (Cass., 29.10.2015, n. 43613).
Pertanto, non può ritenersi che un trasporto di rifiuti effettuato con formulario contenente dati non veritieri possa configurare autonomamente il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico difettando, nel FIR, la natura di atto pubblico e la destinazione a provare la verità.
Per l’effetto, in caso di omessa o erronea compilazione del FIR, il produttore/detentore di rifiuti non può in nessun caso essere considerato penalmente responsabile, potendo trovare applicazione nei suoi confronti esclusivamente una sanzione amministrativa.
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