Gestione di casi Sars-Cov-2 in azienda: Sicurezza, Salute, Privacy


Informazioni per i datori di lavoro sulla corretta gestione in azienda di casi correlati alla positività al Sars-Cov-2 nel rispetto delle norme in materia di Privacy
Gestione di casi Sars-Cov-2 in azienda: Sicurezza, Salute, Privacy

Emergenza Coronavirus

Manuale Informativo

*Scaricalo in PDF* Informativa per le aziende COVID-19 | D.P.C.M. 03 Novembre 2020 – LINK

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FAQ ed informazioni per i Datori di Lavoro

Relative alla corretta gestione in azienda di casi correlati alla positività al Sars-Con-2 nel rispetto delle norme in materia di Sicurezza, Salute e Privacy dei lavoratori

Il presente manuale è stato realizzato dalla Studio Rivelli Consulting S.r.l. con l’obiettivo di fornire informazioni ed indicazioni alle Aziende inerenti le modalità di gestione dei casi di positività al Sars-Cov-2 nei luoghi di lavoro e le relative azioni da intraprendere nel rispetto delle norme di tutela della salute dei lavoratori e della privacy degli stesso che, spesso, sono in contrasto tra loro. Si evidenzia che le informazioni contenute nel presente manuale sono aggiornate alla data di emissione dello stesso, pertanto è sempre opportuno effettuare verifiche di dettaglio su provvedimenti, linee guida o comunque ulteriori indicazioni normative che potrebbero essere intervenute successivamente. Infatti nella fase dell’emergenza, c.d. di transizione autunno invernale, ci troviamo di fronte ad uno scenario del tutto nuovo nel quale, pur in presenza di una notevole diffusione del contagio, si stanno cercando di mantenere in esercizio le attività lavorative, seppur con le note limitazioni ed accortezze adottate per contenere la diffusione del contagio. In tale contesto il sistema sanitario è notevolmente sotto pressione, ed i servizi dell’Autorità Sanitaria deputati ad effettuare il contact tracing, non consentono al Datore di Lavoro, stanti le norme vigenti, di poter gestire con chiarezza ed immediatezza eventuali situazioni di positività al Sars-Cov-2 all’interno dei luoghi di lavoro Nel rispetto del diritto d’autore, tutto il materiale e le informazioni riportate su questo manuale informativo non elaborate dai tecnici della Studio Rivelli Consulting S.r.l., saranno associate alla fonte dalla quale esse sono state citate.

 

 

 

1. Cosa fare in caso di dipendente positivo?

Fermo restando quanto previsto dal Protocollo Condiviso del 24 Aprile 2020, dai Protocolli specifici predisposti da ogni azienda e dalle successive disposizioni normative che via via sono state emanate, gli adempimenti principali che rimangono sempre in capo all’azienda sono:

• Comunicare alla ASL della presenza di un caso positivo e collaborazione con l’Autorità Sanitaria al fine della determinazione dei cosiddetti «contatti stretti».

• Procedere con la sanificazione degli ambienti prima di prevedere il rientro dei dipendenti e del personale.

Se per quanto riguarda la sanificazione, ormai, le idee sono abbastanza chiare, in relazione alla «collaborazione con l’Autorità Sanitaria» ci sono ancora tanti interrogativi, in quanto il Garante per La protezione dei Dati Personali ha posto dei paletti molto rilevanti sulle possibilità di azione del Datore di Lavoro.

 

 

1.1 L’Azienda può effettuare in autonomia il «Contact Tracing»?

No, purtroppo anche nella contingente epidemia, le esigenze di tutela dei dipendenti vanno in contrasto con quella che è la normativa vigente ed in particolare la normativa in materia di Privacy: il nominativo del «soggetto positivo» non può essere diffuso e l’attività di Contact Tracing può essere avviata e gestita (salvo casi puntuali – es. Lombardia) unicamente dalla ASL. Alcune ASL si avvalgono della collaborazione del Datore di Lavoro per acquisire le informazioni del caso, ma è sempre l’Autorità sanitaria a dirigere il processo.

 

 

1.2 Posso richiedere al dipendente i nominativi dei colleghi con i quali ha avuto contatti?

No! Anche in questo caso quanto ricadiamo nella casistica precedente. Di contro, se l’interessato positivo, per proprio senso di responsabilità verso i colleghi, comunica spontaneamente e senza costrizioni od obblighi l’informazione ai colleghi (oltre che al Datore di Lavoro), l’Azienda può adoperarsi per avviare tutte le procedure del caso. L’attività dell’azienda in questo caso, più che nell’introduzione di procedure interne, deve essere volta ad un aumento della consapevolezza del personale (anche attraverso l’invio di informative), che sarà così maggiormente stimolato a fornire il proprio supporto in una situazione complicata come quella che stiamo vivendo.

 

 

1.3 Cosa si intende per «contatto stretto»?

La definizione di «contatto stretto» si è affinata con l’evoluzione dell’emergenza sanitaria, tanto che ora tale classificazione comprende:

• persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;

• una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);

• persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);

persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia senza mascherina) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;

• persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;

• operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;

• persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

Individuare tempestivamente i contatti stretti riduce la probabilità di diffusione del virus all’interno dei luoghi di lavoro.

 

 

1.4 Quali strategie può adottare l’azienda per ridurre i tempi di gestione del caso positivo in azienda?

Come riportato nelle FAQ precedenti, le tempistiche per la ripresa dell’attività produttiva dipendono dalla collaborazione volontaria dei soggetti positivi, e dal supporto fornito dalle ASL/ATS per effettuare il Contact Tracing. In realtà l’Azienda, nei limiti ed in funzione delle caratteristiche del proprio ciclo produttivo, può implementare anche strategie alternative, che permettano di gestire un positivo in azienda in maniera più efficace, prima fra tutte la realizzazione di gruppi di lavoro che non si sovrappongano: in questo modo, un dipendente positivo in uno dei due gruppi, circoscriverebbe i potenziali contatti stretti solo ai membri di quel gruppo. Un’altra soluzione è quello di limitare al massimo la possibilità di interazione con il personale, variando dove possibile i processi aziendali.

 

 

Studio Rivelli sicurezza sul lavoro a Roma emergenza covid in azienda

 

 

1.5 E’ obbligatorio documentare le azioni effettuate dall’azienda per mitigare il rischio COVID a seguito di una positività?

La registrazione delle attività messe in campo dall’azienda non è un obbligo normativo, tuttavia tenere traccia di tutto il processo, dal momento in cui l’informazione è stata acquisita, fino al momento della chiusura dell’evento (evidenziando tutte le operazioni) è fortemente raccomandabile in quanto, in caso di necessità, l’azienda può dimostrare di aver fatto tutto quello che era ragionevolmente possibile per tutelare la salute dei propri dipendenti.

Il registro dovrebbe contenere almeno:

• Data evento

• Tipologia Evento

• Descrizione sintetica

• Azioni effettuate dall’azienda

 

 

2. COVID e Rapporti di lavoro

 

 

2.1 Un dipendente in quarantena fiduciaria può lavorare?

L’INPS, con il messaggio 9 ottobre 2020, n. 3653, fornisce indicazioni operative e chiarimenti per i lavoratori che hanno diritto alla tutela previdenziale della malattia, secondo le disposizioni previste dal c.d. decreto «Cura Italia».

«Nell’attuale contesto emergenziale si sono attivate modalità alternative di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, come il lavoro agile o lo smart working. In questo ambito, relativamente alla quarantena e alla sorveglianza precauzionale, l’Istituto precisa che non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena, o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile,continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa in modalità agile / smart working presso il proprio domicilio. In questa circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la relativa retribuzione» - Fonte: INPS

E’ opportuno quindi che tutte le aziende che hanno adottato modalità di lavoro di tipo Smart Working, verifichino con il proprio Consulente del lavoro se è stato comunicato al Ministero del Lavoro l’elenco dei lavoratori che possono lavorare anche in Smart Working (attraverso i canali previsti).

 

 

Si raccomanda pertanto di inviare una comunicazione a tutto il personale che possa operare in Smart Working, specificando che, se per motivi di lavoro o meno, un lavoratore abbia avuto contatti stretti (così come definiti nella FAQ 1.3) con soggetti positivi al Covid-19, sarà suo compito comunicare tale eventualità al proprio medico di medicina generale evidenziando che, per effetto dei chiarimenti forniti dall’INPS, può proseguire a lavorare in Smart Working. Pertanto il MMG dovrà attivare le azioni ritenute più opportune per la tutela della salute del proprio assistito (es. prescrizione tampone) ma, in assenza di sintomi, NON dovrà mettere il lavoratore in malattia. Nell’informativa dovrà essere specificato che il dipendente dovrà segnalare al proprio MMG che durante la quarantena o la sorveglianza precauzionale può lavorare in smart working.

 

 

2.2 L’azienda può obbligare i dipendenti ad effettuare tamponi periodici?

Sottoporre i propri dipendenti a tamponi obbligatori è vietato in assenza di specifiche indicazioni normative o salvo l’eventualità nella quale il Medico Competente, all’esito della valutazione dei rischi COVID-19, abbia stabilito di modificare il protocollo di sorveglianza sanitaria imponendo l’esecuzione di tamponi periodici (possibilità contemplata anche dalle FAQ del Garante Privacy- FAQ).

 

 

L’azienda, nell’ottica di aumentare il livello di sicurezza per i suoi dipendenti, può invece «offrire» la possibilità, su base volontaria e senza alcun tipo di imposizione, di effettuare tamponi assumendosene gli oneri, magari prevedendo la presenza di un medico in sede periodicamente che rimanga a disposizione dei dipendenti. Come già ribadito precedentemente, la sensibilizzazione del personale, adesso più che mai, è l’arma più importante del Datore di Lavoro per ottenere la collaborazione dei dipendenti e quindi gestire in maniera più efficace l’emergenza sanitaria.

Come già ribadito precedentemente, la sensibilizzazione del personale, adesso più che mai, è l’arma più importante del Datore di Lavoro per ottenere la collaborazione dei dipendenti e quindi gestire in maniera più efficace l’emergenza sanitaria.

DOCUMENTO ELABORATO DALLA

STUDIO RIVELLI CONSULTING S.R.L.

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Articolo del:


di Claudio Rivelli

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