Giurisdizione in tema di separazione tra coniugi
Giurisdizione in tema di separazione tra coniugi e affido minori. I criteri di residenza abituale e "prossimità". Il coniuge trasferitosi all'estero.
Ci si domanda quale Giudice abbia giurisdizione nel caso in cui uno dei coniugi si trasferisca o si sia trasferito all' estero, con o senza i figli minori. Il criterio primario da utilizzare per rispondere al quesito è quello di "ultima residenza abituale" dei coniugi da considerarsi all’ epoca dell’introduzione del giudizio di separazione. Non bisogna confondere ill concetto di "residenza abituale" con quello di "vita coniugale", estraneo quest’ultimo ai principi-criteri di collegamento ai fini della competenza giurisdizionale a livello normativo interno e internazionale. In ogni caso, se si dovesse in mera via di ipotesi far riferimento a quest’ ultimo concetto, esso è da intendersi coincidente il criterio di collegamento previsto dall'art. 31 della legge n. 218 del 1995, ai soli fini dell' "accertamento della legge applicabile" e NON anche invece ai fini della determinazione della giurisdizione (così Tribunale di Milano Sez. IX, 23/07/2012, Co.De.Ca.Ma.Fr. c. Ca.Ju.Al., in Massimario Redazionale Pluris Wolter Kluwer 2012). Il criterio cioè ci chiarisce quale sia la legge che il Giudice deve applicare nel pronunciare la separazione ed i provvedimenti conseguenti e connessi (affido, assegnazione della casa coniugale, assegno di mantenimento dei minori, assegno di mantenimento del coniuge, addebito etc.) non invece quale sia il Giudice che ha giurisdizione (se italiano o del paese straniero del coniuge trasferitosi all'estero) nel caso concreto.
Venendo a discutere invece dell’unico criterio che rileva dal punto di vista di una eventuale eccepita carenza di giurisdizione del Giudice italiano, è opportuno verificare se in concreto i coniugi decisero o meno di spostare definitivamente (non in via provvisoria, come per esempio per un periodo di lavoro in prova o per un lavoro stagionale) la "residenza" (e quindi quella dei minori, determinante ai fini della domanda di affido) ovvero il proprio centro di imputazione di interessi familiari all'estero.
Criteri indiziari per individuare se vi fu o meno la predetta volontà di uno spostamento definitivo sono senz' altro: lo spostamento o meno della "residenza anagrafica" l'essersi procurati o meno i fondamentali documenti che solitamente si rendono necessari per periodi di permanenza lunghi in territori stranieri (ad esempio un visto), l'iscrizione o meno dei minori alla sanità locale straniera, alle scuole e ai corsi all'estero, il mantenimento o meno in Italia del cd. "centro di imputazione di interessi"ovvero la vendita (piuttosto che la locazione) della casa coniugale, le dimissioni definitive dai lavori in Italia.
La disciplina comunitaria peraltro non è derogata da quella di diritto internazionale privato italiano, di cui alla L. n. 218 del 1995, che prevede la sussistenza della giurisdizione italiana oltre che nei citati casi dell'art. 3 anche "quando uno dei coniugi è cittadino italiano e il matrimonio è stato celebrato in territorio italiano".
Infine, con massima dal tenore "tranchant" sul punto che precisa i contorni dei suddetti più volte richiamati criteri di collegamento, afferma la relativamente recente Cassazione Sezioni Unite (17 febbraio 2010 n. 3680), "In caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della Ce, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale. I titoli di giurisdizione adottati dall'art. 3 del Reg. Ce del 27 novembre 2003 n. 2201 sono esclusivi, ma al contempo alternativi, per cui ognuno di essi individua il giudice che può essere adìto", quindi, in buona sostanza: a) la "residenza abituale" dei coniugi o l'"ultima residenza abituale" dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, b) la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero c) la "residenza abituale dell'attore", se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso.
Con particolare riferimento alla materia dell'affido minori, che in linea teorica potrebbe essere slegata dal giudizio di separazione tra coniugi (si pensi alle convivenze di fatto, le cd. convivenze "more uxorio) la normativa della Comunità Europea ed in particolare il Regolamento CE 27.11.2003, n. 2201 oltre alle diverse convenzioni internazionali (Convenzione dell'Aja del 5.10.61, Convenzione dell'Aja del 25.10.1980, Convenzione di New York del 20.11.1989), individua l'autorità giurisdizionale competente in ragione della "residenza abituale del minore" (art. 8), anche da questo punto di vista sgomberando il campo da dubbi. Stabilisce esso Regolamento che nel caso di "lecito trasferimento" della residenza da uno Stato membro ad un altro, divenuto luogo della sua residenza abituale, permane la competenza del primo giudice, in deroga all'art. 8, per un "periodo di tre mesi" (art. 9), ; precisa la normativa che persino nel caso di "trasferimento illecito" , l'autorità dello Stato in cui era la precedente residenza permane fino all'avvenuta acquisizione di residenza in altro Stato, sempre che "ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamentoabbia accettato il trasferimento "(art. 10).
In buona sostanza se anche un genitore trasferisce la propria residenza all'estero in via definitiva e per un ragionevole lasso di tempo nel senso sopra chiarito, trasferendo altresì il proprio centro di imputazione di interessi, definitivamente spostato nel paese straniero, se i figli minori hanno come ultima residenza abituale (nel senso sopra chiarito) l'Italia, è il Giudice Italiano ad avere competenza giurisdizionale in materia di affido.
Il Regolamento risolve testualmente anche le situazioni dubbie in proposito.
Precisa infatti il Regolamento che, se non è possibile stabilire la "residenza abituale del minore" (ai sensi del citato art. 8, principio cardine della richiamata normativa), la competenza è dei giudici dello Stato in cui il minore si trova (art. 13). Prevede infine, in via eccezionale, la possibilità del trasferimento della competenza ad altra autorità giudiziaria, se ritenuta più adatta a trattare il caso, "ove ciò corrisponda all'interesse superiore del minore" (art. 15). Infine è bene precisare che pure la Convenzione dell'Aja del 1961 individua la competenza nel giudice del luogo in cui il minore ha la residenza abituale (art. 1), uniformandosi ai principi di superiore interesse del minore e di vicinanza/prossimità rispetto allo stesso.
Nello stesso senso si esprime chiaramente la giurisprudenza di legittimità (ovvero la Corte di Cassazione Civile) nel richiamato principio secondo cui: "La giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art. 8 del Regolamento (Ce) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003. Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e, segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza, da condurre ad escludere che il consenso del genitore alla proroga della giurisdizione quanto alle domande concernenti i minori — pur ammessa dall'art. 12 del citato regolamento, in presenza del consenso di entrambi i coniugi — sia ravvisabile dalla mancata contestazione giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla domanda di separazione". (sic Cass. Sez. Un 30.12.2011 m. 30646/11 in Giustizia Civile Massimario 2011, 12, 1925).
Non esiste alcuna norma né alcun principio di diritto che faccia menzione della "vita coniugale" ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale (come già detto tale criterio è utilizzato ai fini della sola determinazione della legge applicabile), essendo l’unico criterio determinante quello della "residenza abituale" (interpretato secondo le Convenzioni Internazionali e la giurisprudenza di legittimità).
La citata convenzione dell' Aja e l’interpretazione che di essa è data dalla giurisprudenza nazionale della Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (creando così un indirizzo giurisprudenziale), fa prevalere al criterio della "perpetuatio iurisdictionis" (di cui all’ art. 5 c.p.c.) il già più volte richiamato "principio di prossimità" (da intendere con riferimento alla "eventuale" nuova residenza abituale del minore), che verrebbe così a determinare un temperamento del citato primo principio, in conformità peraltro di quanto già affermato da Cassazione (citata Suprema Corte con riferimento a Cassaz. n. 08/28875). In buona sostanza il Giudice chiamato a pronunciarsi deve valutare in quel momento (quello della pronuncia) se esso sia l’autorità più prossima geograficamente al luogo in cui vivono/si trovano stabilmente (e ne vengono definiti i contorni precisi in giurisprudenza) i minori.
L’ esclusione del criterio di perpetuatio jurisdictionis anche con il consenso dell’altro coniuge peraltro emerge chiaramente dal già citato e di seguito nuovamente richiamato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un 30.12.2011 m. 30646/11 in Giustizia Civile Massimario 2011, 12, 1925) ad oggi rimasto insuperato.
Sempre a Sezioni Unite (Cassazione sez. un. 21/10/2009 Numero: 22238), nella materia specifica della "sottrazione internazionale di minori- autorità giudiziarie di Stati diversi - Affidamento di minori e giudizio sulle responsabilità parentali - criterio per il riparto di giurisdizione tra Autorità giudiziarie di Stati membri della CE - Luogo di Residenza abituale dei minori" la Suprema Corte afferma in maniera decisa e inequivoca "In materia di affidamento di minori e di responsabilità genitoriale, il criterio di collegamento sul quale si fonda il riparto di giurisdizione tra autorità giurisdizionali di Stati membri dell'Ue è quello della residenza abituale del minore, per il rapporto di prossimità di quest'ultimo al giudice che deve decidere sulle di lui condizioni di vita".
La citata Cassazione a Sezioni Unite (17 febbraio 2010 n. 3680) definisce quindi perfettamente i contorni della questione : "In caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della Ce, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale. I titoli di giurisdizione adottati dall'art. 3 del Reg. Ce del 27 novembre 2003 n. 2201 sono esclusivi, ma al contempo alternativi, per cui ognuno di essi individua il giudice che può essere adito", quindi, per completezza esplicativa: a) la residenza abituale dei coniugi o l'ultima residenza abituale dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, b) la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero c) la residenza abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso.
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Venendo a discutere invece dell’unico criterio che rileva dal punto di vista di una eventuale eccepita carenza di giurisdizione del Giudice italiano, è opportuno verificare se in concreto i coniugi decisero o meno di spostare definitivamente (non in via provvisoria, come per esempio per un periodo di lavoro in prova o per un lavoro stagionale) la "residenza" (e quindi quella dei minori, determinante ai fini della domanda di affido) ovvero il proprio centro di imputazione di interessi familiari all'estero.
Criteri indiziari per individuare se vi fu o meno la predetta volontà di uno spostamento definitivo sono senz' altro: lo spostamento o meno della "residenza anagrafica" l'essersi procurati o meno i fondamentali documenti che solitamente si rendono necessari per periodi di permanenza lunghi in territori stranieri (ad esempio un visto), l'iscrizione o meno dei minori alla sanità locale straniera, alle scuole e ai corsi all'estero, il mantenimento o meno in Italia del cd. "centro di imputazione di interessi"ovvero la vendita (piuttosto che la locazione) della casa coniugale, le dimissioni definitive dai lavori in Italia.
La disciplina comunitaria peraltro non è derogata da quella di diritto internazionale privato italiano, di cui alla L. n. 218 del 1995, che prevede la sussistenza della giurisdizione italiana oltre che nei citati casi dell'art. 3 anche "quando uno dei coniugi è cittadino italiano e il matrimonio è stato celebrato in territorio italiano".
Infine, con massima dal tenore "tranchant" sul punto che precisa i contorni dei suddetti più volte richiamati criteri di collegamento, afferma la relativamente recente Cassazione Sezioni Unite (17 febbraio 2010 n. 3680), "In caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della Ce, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale. I titoli di giurisdizione adottati dall'art. 3 del Reg. Ce del 27 novembre 2003 n. 2201 sono esclusivi, ma al contempo alternativi, per cui ognuno di essi individua il giudice che può essere adìto", quindi, in buona sostanza: a) la "residenza abituale" dei coniugi o l'"ultima residenza abituale" dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, b) la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero c) la "residenza abituale dell'attore", se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso.
Con particolare riferimento alla materia dell'affido minori, che in linea teorica potrebbe essere slegata dal giudizio di separazione tra coniugi (si pensi alle convivenze di fatto, le cd. convivenze "more uxorio) la normativa della Comunità Europea ed in particolare il Regolamento CE 27.11.2003, n. 2201 oltre alle diverse convenzioni internazionali (Convenzione dell'Aja del 5.10.61, Convenzione dell'Aja del 25.10.1980, Convenzione di New York del 20.11.1989), individua l'autorità giurisdizionale competente in ragione della "residenza abituale del minore" (art. 8), anche da questo punto di vista sgomberando il campo da dubbi. Stabilisce esso Regolamento che nel caso di "lecito trasferimento" della residenza da uno Stato membro ad un altro, divenuto luogo della sua residenza abituale, permane la competenza del primo giudice, in deroga all'art. 8, per un "periodo di tre mesi" (art. 9), ; precisa la normativa che persino nel caso di "trasferimento illecito" , l'autorità dello Stato in cui era la precedente residenza permane fino all'avvenuta acquisizione di residenza in altro Stato, sempre che "ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamentoabbia accettato il trasferimento "(art. 10).
In buona sostanza se anche un genitore trasferisce la propria residenza all'estero in via definitiva e per un ragionevole lasso di tempo nel senso sopra chiarito, trasferendo altresì il proprio centro di imputazione di interessi, definitivamente spostato nel paese straniero, se i figli minori hanno come ultima residenza abituale (nel senso sopra chiarito) l'Italia, è il Giudice Italiano ad avere competenza giurisdizionale in materia di affido.
Il Regolamento risolve testualmente anche le situazioni dubbie in proposito.
Precisa infatti il Regolamento che, se non è possibile stabilire la "residenza abituale del minore" (ai sensi del citato art. 8, principio cardine della richiamata normativa), la competenza è dei giudici dello Stato in cui il minore si trova (art. 13). Prevede infine, in via eccezionale, la possibilità del trasferimento della competenza ad altra autorità giudiziaria, se ritenuta più adatta a trattare il caso, "ove ciò corrisponda all'interesse superiore del minore" (art. 15). Infine è bene precisare che pure la Convenzione dell'Aja del 1961 individua la competenza nel giudice del luogo in cui il minore ha la residenza abituale (art. 1), uniformandosi ai principi di superiore interesse del minore e di vicinanza/prossimità rispetto allo stesso.
Nello stesso senso si esprime chiaramente la giurisprudenza di legittimità (ovvero la Corte di Cassazione Civile) nel richiamato principio secondo cui: "La giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art. 8 del Regolamento (Ce) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003. Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e, segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza, da condurre ad escludere che il consenso del genitore alla proroga della giurisdizione quanto alle domande concernenti i minori — pur ammessa dall'art. 12 del citato regolamento, in presenza del consenso di entrambi i coniugi — sia ravvisabile dalla mancata contestazione giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla domanda di separazione". (sic Cass. Sez. Un 30.12.2011 m. 30646/11 in Giustizia Civile Massimario 2011, 12, 1925).
Non esiste alcuna norma né alcun principio di diritto che faccia menzione della "vita coniugale" ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale (come già detto tale criterio è utilizzato ai fini della sola determinazione della legge applicabile), essendo l’unico criterio determinante quello della "residenza abituale" (interpretato secondo le Convenzioni Internazionali e la giurisprudenza di legittimità).
La citata convenzione dell' Aja e l’interpretazione che di essa è data dalla giurisprudenza nazionale della Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (creando così un indirizzo giurisprudenziale), fa prevalere al criterio della "perpetuatio iurisdictionis" (di cui all’ art. 5 c.p.c.) il già più volte richiamato "principio di prossimità" (da intendere con riferimento alla "eventuale" nuova residenza abituale del minore), che verrebbe così a determinare un temperamento del citato primo principio, in conformità peraltro di quanto già affermato da Cassazione (citata Suprema Corte con riferimento a Cassaz. n. 08/28875). In buona sostanza il Giudice chiamato a pronunciarsi deve valutare in quel momento (quello della pronuncia) se esso sia l’autorità più prossima geograficamente al luogo in cui vivono/si trovano stabilmente (e ne vengono definiti i contorni precisi in giurisprudenza) i minori.
L’ esclusione del criterio di perpetuatio jurisdictionis anche con il consenso dell’altro coniuge peraltro emerge chiaramente dal già citato e di seguito nuovamente richiamato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. Un 30.12.2011 m. 30646/11 in Giustizia Civile Massimario 2011, 12, 1925) ad oggi rimasto insuperato.
Sempre a Sezioni Unite (Cassazione sez. un. 21/10/2009 Numero: 22238), nella materia specifica della "sottrazione internazionale di minori- autorità giudiziarie di Stati diversi - Affidamento di minori e giudizio sulle responsabilità parentali - criterio per il riparto di giurisdizione tra Autorità giudiziarie di Stati membri della CE - Luogo di Residenza abituale dei minori" la Suprema Corte afferma in maniera decisa e inequivoca "In materia di affidamento di minori e di responsabilità genitoriale, il criterio di collegamento sul quale si fonda il riparto di giurisdizione tra autorità giurisdizionali di Stati membri dell'Ue è quello della residenza abituale del minore, per il rapporto di prossimità di quest'ultimo al giudice che deve decidere sulle di lui condizioni di vita".
La citata Cassazione a Sezioni Unite (17 febbraio 2010 n. 3680) definisce quindi perfettamente i contorni della questione : "In caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della Ce, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale. I titoli di giurisdizione adottati dall'art. 3 del Reg. Ce del 27 novembre 2003 n. 2201 sono esclusivi, ma al contempo alternativi, per cui ognuno di essi individua il giudice che può essere adito", quindi, per completezza esplicativa: a) la residenza abituale dei coniugi o l'ultima residenza abituale dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, b) la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero c) la residenza abituale dell'attore, se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso.
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