Gli effetti del Coronavirus sui contratti di locazione


Sospensione/riduzione dei canoni di locazione per immobili sia ad uso abitativo sia ad uso commerciale. Cenni agli studenti universitari, lavoratori emigrati e negozi.
Gli effetti del Coronavirus sui contratti di locazione

Con la diffusione del Coronavirus, come sappiamo, il Governo italiano ha adottato notevoli misure sempre più restrittive che hanno, dapprima, impedito gli spostamenti delle persone e hanno determinato, in seguito, la chiusura di ogni attività economica non essenziale.

Già nel precedente articolo “Il Coronavirus e gli effetti sui contratti già stipulati”, dedicato alle cause di risoluzione dei contratti, abbiamo affrontato l’argomento, con riguardo all’inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore strettamente connesso all’impossibilità della prestazione conseguente ai provvedimenti legislativi o amministrativi dettati da interessi generali.

Facendo specifico riferimento, ora, ai contratti di locazione ad uso abitativo relativi a soggetti che non possono, di fatto, occupare gli immobili locati, a seguito della chiusura delle scuole e delle università e del blocco della circolazione (pensiamo, ad esempio, all’esempio classico dello studente), ovvero ai contratti di locazione commerciale per gli immobili ove viene esercitata un’attività economica, ad oggi esplicitamente sospesa dal DPCM dello scorso 11/03/20, si rileva come ci si trovi oggettivamente nella condizione di non poter usufruire dell’immobile per un determinato periodo di tempo, ma con l’intenzione di tornare a farlo non appena questa particolare situazione di emergenza sarà superata.

Il conduttore (sia egli studente o lavoratore fuori sede o titolare di un esercizio come bar, ristorante, negozio) oggi non gode dell’immobile a causa della sopravvenuta impossibilità della prestazione stessa, per causa oggettiva ed estranea alla sua volontà. Egli continua, in alcuni casi, ad averne la fisica disponibilità, ma non potrà esercitare lo scopo per cui è stato stipulato il contratto stesso.

Il locatore, da parte sua, sarebbe legittimato a recuperare i canoni non versati e a promuovere la procedura di sfratto per morosità. Ma, parimenti, la situazione di fatto stabilita dai decreti gli impedirebbe in ogni caso di locare e concedere in uso l’immobile ad altri soggetti.

Entrambe le parti del rapporto, quindi, hanno il comune interesse, in sostanza, a mantenere efficace il contratto e, semplicemente, potranno concordare di sospendere il pagamento dei canoni per il periodo nel quale resteranno in vigore le limitazioni d’urgenza.

Il conduttore dovrà tempestivamente formalizzare la volontà di avvalersi della sospensione e/o rinegoziazione dei canoni, eccependo la impossibilità temporanea di fruire dell’immobile (oltre alla volontà di rinegoziare i canoni già anticipatamente corrisposti ma riferiti alle mensilità in cui erano già operative le limitazioni).

Le prestazioni inizialmente convenute tra le parti, infatti, sono state sostanzialmente squilibrate in conseguenza delle restrizioni operate dai decreti emessi dal Presidente del Consiglio nel mese di marzo 2020.

In alternativa alla risoluzione del contratto, l’art. 1467 c.c. prevede che la sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione, e la conseguente sproporzione per le parti, potrà determinare la modifica delle condizioni originariamente concordate, quindi la riduzione dell’importo del canone dovuto.

Anche nel caso in cui la prestazione sia diventata impossibile, gli artt. 1463 e 1464 c.c. prevedono che la parte impossibilitata ad eseguire la propria prestazione a sua volta non possa chiedere la controprestazione e debba restituire quella già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.

Nello specifico del contratto di locazione, il conduttore può sospendere i pagamenti dei canoni di locazione e - in virtù del combinato disposto dell’art. 1256 c.c. - chiedere la risoluzione del contratto se, a seguito dei provvedimenti di limitazione delle attività esercitabili, il negozio debba restare chiuso al pubblico e sia divenuta impossibile la prestazione del locatore (l’obbligazione di consentire l’uso dell’immobile per l’attività commerciali che non potranno di fatto svolgersi). Potrà, invero, chiedere una mera riduzione del canone se la prestazione sarà solo parzialmente impossibile.

Si è provveduto a rilevare, sin dall’inizio del presente articolo, che ad entrambe le parti del contratto è comune l’intenzione di stipulare un contratto con determinate premesse di fatto e determinate condizioni di esecuzione. Il sopravvenuto mutamento di questi due gruppi di elementi potrà incidere, pertanto, anche sulla volontà delle parti di far sopravvivere il rapporto ad altre diverse condizioni ovvero di sospendere semplicemente per un determinato periodo la esecuzione dello stesso (nel caso di specie, in attesa della revoca dei provvedimenti limitativi emanati in ragione della diffusione del Coronavirus).

Presupposto di un contratto di locazione commerciale è, chiaramente, la possibilità che quell’immobile venga utilizzato per l’esercizio di una determinata attività. Presupposto di un contratto di locazione ad uso abitativo per uno studente fuori sede è quello di alloggiare nelle vicinanze dell’Istituto scolastico o universitario che frequenta, per un lavoratore emigrato è quello di avere un alloggio nei pressi della propria sede lavorativa.

Le disposizioni restrittive del Governo hanno reso solo temporaneamente impossibile la prestazione oggetto di questi negozi giuridici.

Si presume, però, che il Governo metterà a disposizione dei conduttori una serie di agevolazioni.

Già nel DPCM del 17.03.20, peraltro, è stato previsto all’art. 65 un intervento fiscale ad hoc, un credito di imposta del 60% dell’ammontare del canone di affitto del mese di marzo 2020, per gli immobili che sono classificati nella categoria catastale C/1 (attività commerciali per la vendita di prodotti nella cd. piccola distribuzione) per cui è stata disposta la chiusura con il Decreto 11 Marzo, in tal modo lasciando in capo al conduttore solo il 40% del canone originario, avvalendosi di una compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. 241/1997 per il residuo (una misura gemella potrà essere prevista anche per il mese di aprile).

In conclusione, si ritiene che, per offrire una soluzione pratica alla problematica esposta, si dovrebbe per prima cosa attuare il generale dovere di solidarietà previsto dall’art. 2 della nostra Costituzione e permettere una temporanea sospensione del pagamento del canone fino alla ripresa delle attività ad oggi inibite dai provvedimenti legislativi ed amministrativi emanati per la limitazione del contagio da Covid-19 o ridurre il canone in caso di parziale utilizzo dell’immobile (ad esempio, per il deposito e la custodia dei beni).

 

Trattandosi di materia non direttamente disciplinata nei Decreti citati, al fine di fornire una interpretazione personalizzata per ogni situazione, lo studio DM è disponibile per una consulenza e per proporre le soluzioni alternative più adatte a ciascun contraente.

 

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di Avv.ti Tagliarini - Dellavedova

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