Gli investimenti ESG non sembrano essere mai in crisi: perché?
Siamo circondati. Quasi a 360 gradi intorno a noi si parla di energie rinnovabili e di investimenti sostenibili.
Lo scopo è rendere le nostre abitudini un po’ più green. Anche i dati di raccolta sui prodotti di investimento sono a sottolinearlo con un 70% dei risparmiatori che negli ultimi anni ha confermato di voler investire in aziende attente all’impatto ambientale e sociale.
Questo è il panorama in cui la maggior parte degli investitori si muove, e anche se la finanza del 2023 sembra divincolarsi tra le piroette dell’inflazione, relativi tassi e guerre, quello dell’ESG rimane – e fortunatamente sempre rimarrà – un tema fondamentale.
Ma perché siamo così ossessionati dalla natura? Lasciamo perdere per un attimo la questione ambientale – ma poi ci torniamo, promesso – e proviamo ad andare indietro nel tempo.
Il concetto di ‘Natura’ ha sempre richiamato un ideale piuttosto pregnante nella cultura dell’essere umano: dall’Eden biblico, luogo naturale per eccellenza creato appositamente da Dio per farci vivere in armonia con il mondo, fino al VII secolo a.C. coi primi filosofi naturalisti – appunto – che vedevano in elementi come l’acqua, l’aria e il fuoco i fondamenti dell’esistenza.
Poi anche vari pensatori, come il più recente Henry David Thoreau che nell’800, spingevano per un legame da ritrovare tra l’uomo e la natura, allontanati dalla società moderna e spersonalizzante delle fabbriche e dell’iperproduttività.
L’uomo è attratto dalla natura da sempre ed anche in un sistema alienante come quello che descriveva Thoreau, inconsapevolmente spingiamo sempre e comunque per mantenere questo legame. Certo, non tutti spingono abbastanza o spingono nella direzione giusta, ma c’è chi spinge tanto e spinge bene.
E se tutti, o quasi, spingono in direzione “proteggiamo la natura”, allora le aziende che lo rispettano o che si adoperino per farlo con innovazione degli impianti, materie utilizzate, energia per fabbricarli, trasporti per portarli ai consumatori, sono e saranno le privilegiate a parità di prodotto.
Articolo del: