Guida in stato di ebbrezza e porto d'armi
Rapporti tra una pregressa denuncia per guida in stato di ebbrezza e concessione del porto d'armi ad uso sportivo
Si ponga il caso di un soggetto che richiedeva alla locale questura il rilascio del porto d’armi per uso sportivo, ma la questura dopo alcune settimane comunicava al richiedente che l’istanza non poteva essere accolta in quanto: a) alcuni anni prima lo stesso aveva subito una denuncia per guida in stato di ebbrezza (art. 186 C.D.S.); b) risultava una recente comunicazione di notizia di reato a carico dello stesso richiedente per aver dichiarato il falso su delle condizioni personali (art. 496 c.p.).
Le suddette motivazioni, alla luce della recente giurisprudenza amministrativa e di un’interpretazione sistematica delle norme di legge applicabili (in particolare l’art. 43 T.U.L.P.S.), non appaiono tuttavia sufficienti a negare la concessione del porto d’armi richiesto, in quanto non permettono di considerare il soggetto richiedente come non affidabile nell’uso delle armi.
In particolare si può osservare che:
Quanto alla pregressa denuncia per guida in stato di ebbrezza, il fatto che l’istante abbia subito 8 anni prima una tale denuncia non può essere da solo un motivo sufficiente per respingere la richiesta di porto d’armi per uso sportivo.
È infatti opinione comune nella giurisprudenza amministrativa che, pur nel rispetto della discrezionalità che la legge riconosce alla pubblica amministrazione nel valutare l’affidamento che dà il soggetto richiedente di non abusare delle armi, non può essere ritenuto sufficiente a valutare lo scarso affidamento del richiedente un unico episodio di abuso di alcol, a maggior ragione laddove questo episodio sia risalente nel tempo.
In tal senso si è espresso il T.A.R. della Toscana in una recentissima sentenza: "Ora, se è vero che, in chiave preventiva, anche un episodio isolato di procurata alterazione psicofisica, dovuto ad abuso di alcol o a consumo di sostanze stupefacenti, può rivelarsi astrattamente idoneo a sostenere la prognosi di inaffidabilità circa l’uso delle armi, è altrettanto innegabile che i provvedimenti dell’amministrazione non possono prescindere dalla collocazione cronologica di quell’unico episodio, la cui gravità indiziaria inevitabilmente scolora con il trascorrere del tempo laddove all’interessato non siano rimproverabili altre condotte significative" (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. 2, 29 agosto 2011 n. 1329; nello stesso senso: T.A.R. Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1; T.A.R. Lombardia, Brescia, 28 maggio 2004 n. 593).
Sulla stessa linea il T.A.R. di Bolzano ha avuto modo di affermare che "una "occasionale" guida in stato di ebbrezza e quindi di un "occasionale" abuso di alcol non può essere, da sola idonea, né a revocare il porto d’armi, né a vietare di detenere armi, munizione ed esplosivi di qualsiasi categoria e tipo" (T.A.R. di Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1).
Quanto alla C.n.r. per il reato di falso di cui all’art. 496 c.p., si deve rilevare che in ogni caso la suddetta comunicazione di notizia di reato ha ad oggetto un’ipotesi di reato (false dichiarazioni su qualità proprie) che niente ha a che vedere con la concessione del porto d’armi e che non può avere alcun rilievo nella valutazione del grado di affidabilità sull’uso delle armi da parte del richiedente.
Né l’amministrazione pubblica può ritenere sufficiente il fatto stesso della pendenza di un procedimento penale di qualsiasi tipo per rigettare la richiesta del porto d’armi.
Infattiil T.A.R. di Milano ha chiarito che: "il presupposto per il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia non deve essere individuato in una condanna penale o nella pendenza di un giudizio penale, essendo sufficiente, a tali fini, che l’interessato dia un affidamento di non abusare delle armi" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 19 maggio 2008 n. 1768).
Nello stesso senso si è espresso il T.A.R. di Napoli, sottolineando in particolare la necessità che l’amministrazione non si limiti a richiamare acriticamente eventuali denuncie o procedimenti penali in corso, ma effettuai comunque un motivata valutazione complessiva della personalità del soggetto richiedente il porto d’armi: "Trattasi di un potere che va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cons. Stato, IV, 5.7.2000, n. 3709). Se, poi, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (TAR Calabria, Catanzaro, I, 1.3.2001, n.352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (TAR Lombardia, Milano, I, 21.8.2002, n. 3286), [---] e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto, cioè della sua incapacità di offrire sufficienti garanzie circa il corretto uso delle armi" (T.A.R. Napoli, Sez. V, 7 maggio 2008 n. 3543).
Anche perché si deve ricordare che "l’onere della prova circa la "cattiva condotta", nonché la "possibilità di un abuso delle armi" è, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 440 del 16.12.1993, a carico dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza" (T.A.R. Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1).
Le suddette motivazioni, alla luce della recente giurisprudenza amministrativa e di un’interpretazione sistematica delle norme di legge applicabili (in particolare l’art. 43 T.U.L.P.S.), non appaiono tuttavia sufficienti a negare la concessione del porto d’armi richiesto, in quanto non permettono di considerare il soggetto richiedente come non affidabile nell’uso delle armi.
In particolare si può osservare che:
Quanto alla pregressa denuncia per guida in stato di ebbrezza, il fatto che l’istante abbia subito 8 anni prima una tale denuncia non può essere da solo un motivo sufficiente per respingere la richiesta di porto d’armi per uso sportivo.
È infatti opinione comune nella giurisprudenza amministrativa che, pur nel rispetto della discrezionalità che la legge riconosce alla pubblica amministrazione nel valutare l’affidamento che dà il soggetto richiedente di non abusare delle armi, non può essere ritenuto sufficiente a valutare lo scarso affidamento del richiedente un unico episodio di abuso di alcol, a maggior ragione laddove questo episodio sia risalente nel tempo.
In tal senso si è espresso il T.A.R. della Toscana in una recentissima sentenza: "Ora, se è vero che, in chiave preventiva, anche un episodio isolato di procurata alterazione psicofisica, dovuto ad abuso di alcol o a consumo di sostanze stupefacenti, può rivelarsi astrattamente idoneo a sostenere la prognosi di inaffidabilità circa l’uso delle armi, è altrettanto innegabile che i provvedimenti dell’amministrazione non possono prescindere dalla collocazione cronologica di quell’unico episodio, la cui gravità indiziaria inevitabilmente scolora con il trascorrere del tempo laddove all’interessato non siano rimproverabili altre condotte significative" (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. 2, 29 agosto 2011 n. 1329; nello stesso senso: T.A.R. Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1; T.A.R. Lombardia, Brescia, 28 maggio 2004 n. 593).
Sulla stessa linea il T.A.R. di Bolzano ha avuto modo di affermare che "una "occasionale" guida in stato di ebbrezza e quindi di un "occasionale" abuso di alcol non può essere, da sola idonea, né a revocare il porto d’armi, né a vietare di detenere armi, munizione ed esplosivi di qualsiasi categoria e tipo" (T.A.R. di Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1).
Quanto alla C.n.r. per il reato di falso di cui all’art. 496 c.p., si deve rilevare che in ogni caso la suddetta comunicazione di notizia di reato ha ad oggetto un’ipotesi di reato (false dichiarazioni su qualità proprie) che niente ha a che vedere con la concessione del porto d’armi e che non può avere alcun rilievo nella valutazione del grado di affidabilità sull’uso delle armi da parte del richiedente.
Né l’amministrazione pubblica può ritenere sufficiente il fatto stesso della pendenza di un procedimento penale di qualsiasi tipo per rigettare la richiesta del porto d’armi.
Infattiil T.A.R. di Milano ha chiarito che: "il presupposto per il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia non deve essere individuato in una condanna penale o nella pendenza di un giudizio penale, essendo sufficiente, a tali fini, che l’interessato dia un affidamento di non abusare delle armi" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 19 maggio 2008 n. 1768).
Nello stesso senso si è espresso il T.A.R. di Napoli, sottolineando in particolare la necessità che l’amministrazione non si limiti a richiamare acriticamente eventuali denuncie o procedimenti penali in corso, ma effettuai comunque un motivata valutazione complessiva della personalità del soggetto richiedente il porto d’armi: "Trattasi di un potere che va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cons. Stato, IV, 5.7.2000, n. 3709). Se, poi, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (TAR Calabria, Catanzaro, I, 1.3.2001, n.352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (TAR Lombardia, Milano, I, 21.8.2002, n. 3286), [---] e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto, cioè della sua incapacità di offrire sufficienti garanzie circa il corretto uso delle armi" (T.A.R. Napoli, Sez. V, 7 maggio 2008 n. 3543).
Anche perché si deve ricordare che "l’onere della prova circa la "cattiva condotta", nonché la "possibilità di un abuso delle armi" è, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 440 del 16.12.1993, a carico dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza" (T.A.R. Bolzano, 09 gennaio 2008 n. 1).
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