Ha diritto di abitazione il coniuge superstite legalmente separato?
Nell’ordinanza n. 15277/2019 la Corte di Cassazione illustra le ragioni in forza delle quali sia da escludersi il diritto di abitazione nella casa già familiare in capo al coniuge superstite legalmente separato.
Sostiene la Corte “la giurisprudenza di legittimità... ravvisa nella separazione personale un ostacolo insormontabile al sorgere dei diritti d’abitazione e d’uso”.
Aggiunge, richiamando la sentenza n. 13407/2014 della stessa Cassazione, che “in caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione dei diritti in parola. Se, infatti, per le ragioni esposte, il diritto di abitazione (e il correlato diritto d’uso sui mobili) in favore del coniuge superstite può avere ad oggetto esclusivamente l’immobile concretamente utilizzato prima della morte del de cuius come residenza familiare, è evidente che l’applicabilità della norma in esame è condizionata all’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniugi”.
Né, a parere della Suprema Corte, può invalidare detto principio il fatto che l’attribuzione della casa familiare sia stata oggetto di una previsione nella separazione consensuale omologata, perché pesa la mancanza della convivenza tra i coniugi al momento dell’apertura della successione.
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