I cambiamenti climatici e gli effetti sugli alberi
Talora subdolamente, le modificazioni del clima stanno impattando con severità sulla componente arboreo/arbustiva del nostro paesaggio italiano...
Siamo ormai assediati dai titoli di media e servizi informativi che ci ricordano come i cambiamenti climatici, oramai sempre più evidenti negli ultimi anni, stiano pesantemente influenzando le attività umane.
Purtroppo, con altrettanta forza ed intensità anche alberi ed arbusti, specialmente gli esemplari autoctoni del Nord Italia, abituati da secoli a crescere in un clima continentale, con stagioni bene differenziate ed inverni tendenzialmente freddi, sono messi a dura prova dalle mutazioni climatiche.
Proprio gli alberi autoctoni, abituali presenze nelle nostre vallate alpine, nelle nostre pianure, appaiono in netta difficoltà di fronte a modificazioni del clima magari poco appariscenti, ma con grande influenza sui delicati equilibri biologici che ne avevano sinora consentito l’affermazione e le ottimali condizioni di sviluppo.
L’arrivo di nuovi parassiti (funghi, insetti etc), favorito anche in tale caso dai cambiamenti climatici, ma sicuramente accentuato dall’incremento degli scambi commerciali globali, ha ulteriormente accentuato gli effetti fisiologici negativi dei cambiamenti climatici sull’agroecosistema.
All’impatto del mutamento delle meteore climatiche, con generale incremento delle temperature medie, accentuazione ed estremizzazione degli eventi temporaleschi, riduzione generale delle piogge e presenza di lunghi periodi siccitosi, si associano gli impatti derivanti dall’attacco dei parassiti di nuova introduzione.
Mentre le mutate condizioni agronomiche favoriscono, in generale, la proliferazione dei parassiti già esistenti (temperature alte e ristagni idrici localizzati creano condizioni ottimali per lo sviluppo dei funghi parassiti, gli inverni caldi accentuano la moltiplicazione degli insetti dannosi), i nostri alberi devono altresì fronteggiare l’impatto, non raramente devastante, degli attacchi di nuovi nemici, agevolato proprio dal cambiamento climatico.
Che si tratti di insetti, come la temibile Anoplophora chinensis (tarlo asiatico del fusto), la dannosa Halyomorpha halys (cimice asiatica), il devastante Dryocosmus kuriphilus (cinipide del castagno), la ormai nota Cameraria ohridella (parassita fitomizo dell’ippocastano), il letale Rinchophorus ferrugineus delle palme, oppure di funghi o batteri (come la recente Chalaria fraxinea, agente del deperimento del frassino, o la batteriosi da Pseudomonas syringae sul kiwi), gli impatti prodotti sulle colture agrarie e sul paesaggio ricco di biodiversità del territorio italiano sono tali da rendere necessarie strategie di difesa a livello nazionale ed un attento monitoraggio sul campo.
Posto che il cambiamento climatico è un fatto ineluttabile e reversibile probabilmente solo in tempi lunghi, occorre mantenere i nostri alberi nelle migliori condizioni possibili, evitando di produrre danni, ferite, eccessi di bagnature, potature troppo severe, carenze idriche e/o di macro e micronutrienti, ovvero riducendo gli stati di stress anche temporaneo che possono favorire attacchi ed infezioni da parassiti.
In tale contesto il ruolo del professionista qualificato assume una importanza fondamentale, consentendo la messa in campo di strategie di difesa preventive, ed eventualmente l’apporto di cure (ove possibile) tempestive, senza le quali il degrado dei nostri alberi, e conseguentemente del nostro paesaggio, potrebbe essere ancora più rapido (basti pensare a quanto sta accadendo sui nostri litorali marini, con la progressiva scomparsa delle palme più caratteristiche e rappresentative dell’unità paesaggistica).
Purtroppo, con altrettanta forza ed intensità anche alberi ed arbusti, specialmente gli esemplari autoctoni del Nord Italia, abituati da secoli a crescere in un clima continentale, con stagioni bene differenziate ed inverni tendenzialmente freddi, sono messi a dura prova dalle mutazioni climatiche.
Proprio gli alberi autoctoni, abituali presenze nelle nostre vallate alpine, nelle nostre pianure, appaiono in netta difficoltà di fronte a modificazioni del clima magari poco appariscenti, ma con grande influenza sui delicati equilibri biologici che ne avevano sinora consentito l’affermazione e le ottimali condizioni di sviluppo.
L’arrivo di nuovi parassiti (funghi, insetti etc), favorito anche in tale caso dai cambiamenti climatici, ma sicuramente accentuato dall’incremento degli scambi commerciali globali, ha ulteriormente accentuato gli effetti fisiologici negativi dei cambiamenti climatici sull’agroecosistema.
All’impatto del mutamento delle meteore climatiche, con generale incremento delle temperature medie, accentuazione ed estremizzazione degli eventi temporaleschi, riduzione generale delle piogge e presenza di lunghi periodi siccitosi, si associano gli impatti derivanti dall’attacco dei parassiti di nuova introduzione.
Mentre le mutate condizioni agronomiche favoriscono, in generale, la proliferazione dei parassiti già esistenti (temperature alte e ristagni idrici localizzati creano condizioni ottimali per lo sviluppo dei funghi parassiti, gli inverni caldi accentuano la moltiplicazione degli insetti dannosi), i nostri alberi devono altresì fronteggiare l’impatto, non raramente devastante, degli attacchi di nuovi nemici, agevolato proprio dal cambiamento climatico.
Che si tratti di insetti, come la temibile Anoplophora chinensis (tarlo asiatico del fusto), la dannosa Halyomorpha halys (cimice asiatica), il devastante Dryocosmus kuriphilus (cinipide del castagno), la ormai nota Cameraria ohridella (parassita fitomizo dell’ippocastano), il letale Rinchophorus ferrugineus delle palme, oppure di funghi o batteri (come la recente Chalaria fraxinea, agente del deperimento del frassino, o la batteriosi da Pseudomonas syringae sul kiwi), gli impatti prodotti sulle colture agrarie e sul paesaggio ricco di biodiversità del territorio italiano sono tali da rendere necessarie strategie di difesa a livello nazionale ed un attento monitoraggio sul campo.
Posto che il cambiamento climatico è un fatto ineluttabile e reversibile probabilmente solo in tempi lunghi, occorre mantenere i nostri alberi nelle migliori condizioni possibili, evitando di produrre danni, ferite, eccessi di bagnature, potature troppo severe, carenze idriche e/o di macro e micronutrienti, ovvero riducendo gli stati di stress anche temporaneo che possono favorire attacchi ed infezioni da parassiti.
In tale contesto il ruolo del professionista qualificato assume una importanza fondamentale, consentendo la messa in campo di strategie di difesa preventive, ed eventualmente l’apporto di cure (ove possibile) tempestive, senza le quali il degrado dei nostri alberi, e conseguentemente del nostro paesaggio, potrebbe essere ancora più rapido (basti pensare a quanto sta accadendo sui nostri litorali marini, con la progressiva scomparsa delle palme più caratteristiche e rappresentative dell’unità paesaggistica).
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