I casi della vita - Un infortunio
Un imprenditore edile artigiano era stato incaricato da una Società di verificare, dopo una grandinata, lo stato dell’arte del tetto di un capannone
Come noto, numerosi sono gli infortuni sul lavoro nell’ambito dell’edilizia.
Questo il caso concreto.
Un imprenditore edile artigiano era stato incaricato da una Società mia cliente di verificare, dopo una grandinata, lo stato dell’arte di un tetto di un capannone.
L’artigiano si recava, quindi, presso il capannone e salito sopra il tetto senza i dispositivi di sicurezza cadeva rovesciando al suolo.
In seguito agli interventi dello Spisal e in base alle dichiarazioni rilasciate dalla sola moglie dell’infortunato il Giudice penale condannava il mio Cliente al reato previsto dalla legge in ipotesi di lesioni gravi.
L’artigiano infortunato procedeva nei confronti della mia Cliente anche in sede civile (ovviamente la causa è stata incardinata davanti al Giudice del lavoro), richiedendo il risarcimento dei danni dallo stesso quantificati in oltre 1.000.000,00 di euro.
Il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Vicenza, dopo aver escusso i testimoni, riteneva, a mio modesto avviso che l’artigiano non fosse dipendente della mia cliente, bensì un imprenditore e non riconosceva le somme richieste dal lavoratore, condannandolo pure alla refusione delle spese legali, quantificate in 20.000,00 euro.
Avverso tale provvedimento il lavoratore proponeva appello e la Corte senza ulteriore istruttoria ha ritenuto che tra le parti fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato con condanna della datrice di lavoro alla corresponsione delle somme richieste dal lavoratore in forza della responsabilità della mia assistita.
Ritengo che non vi siano i presupposti per il riconoscimento delle somme richieste dal lavoratore e pertanto la Corte di Cassazione sarà interessata della questione.
Speriamo bene.
Questo il caso concreto.
Un imprenditore edile artigiano era stato incaricato da una Società mia cliente di verificare, dopo una grandinata, lo stato dell’arte di un tetto di un capannone.
L’artigiano si recava, quindi, presso il capannone e salito sopra il tetto senza i dispositivi di sicurezza cadeva rovesciando al suolo.
In seguito agli interventi dello Spisal e in base alle dichiarazioni rilasciate dalla sola moglie dell’infortunato il Giudice penale condannava il mio Cliente al reato previsto dalla legge in ipotesi di lesioni gravi.
L’artigiano infortunato procedeva nei confronti della mia Cliente anche in sede civile (ovviamente la causa è stata incardinata davanti al Giudice del lavoro), richiedendo il risarcimento dei danni dallo stesso quantificati in oltre 1.000.000,00 di euro.
Il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Vicenza, dopo aver escusso i testimoni, riteneva, a mio modesto avviso che l’artigiano non fosse dipendente della mia cliente, bensì un imprenditore e non riconosceva le somme richieste dal lavoratore, condannandolo pure alla refusione delle spese legali, quantificate in 20.000,00 euro.
Avverso tale provvedimento il lavoratore proponeva appello e la Corte senza ulteriore istruttoria ha ritenuto che tra le parti fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato con condanna della datrice di lavoro alla corresponsione delle somme richieste dal lavoratore in forza della responsabilità della mia assistita.
Ritengo che non vi siano i presupposti per il riconoscimento delle somme richieste dal lavoratore e pertanto la Corte di Cassazione sarà interessata della questione.
Speriamo bene.
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