I contratti CO.CO.CO. non cessano il 31.12.2015
Con l'1.1.2016 cesseranno i contratti a progetto ma non i Co.Co.Co. Un maggior controllo sulla loro genuinità consiglia però di farli certificare.
E’ fuorviante l’affermazione secondo la quale dal 2016 i CoCoCo non esisteranno più. Non solo resteranno in vigore sino alla loro scadenza quelli già in atto ma - sebbene il Jobs Act porta al superamento dei cosiddetti CoCoPro, ciò non significa che vengano eliminati anche i contratti di lavoro autonomo nella forma della collaborazione coordinata e continuativa.
Le norme del Job Act non sopprimono l’art. 2222 del Cod. Civ., il quale afferma esistere contratto d’opera e di lavoro autonomo "Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente...". Pertanto, i contratti di collaborazione effettivamente autonomi potranno continuare ad essere stipulati anche se, presumibilmente, si ridurranno di numero.
Con l’approvazione del Jobs Act la limitazione all’esistenza dei CoCoCo è notevole ma la norma salva:
a) le collaborazioni disciplinate da accordi collettivi stipulati con i sindacati più rappresentativi a livello nazionale;
b) le prestazioni intellettuali svolte da professionisti iscritti ad albi professionali;
c) le prestazioni fornite da sindaci o da professionisti che compongono collegi o organi di controllo delle società;
d) le collaborazioni nei confronti di associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni.
La nuova norma stabilisce che dall’1.1.2016 non saranno considerate genuine le "prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro..." e, conseguentemente, riconducibili ad attività di lavoro subordinato.
Da una lettura superficiale potrebbe sembrare che dall’1.1.2016 nessun contratto di CoCoCo potrebbe più esistere (fatti salvi quelli citati precedentemente) ma, attenzione, un’analisi attenta di quanto letto ci porta a considerare che l’apporto di prestazione esclusivamente personale di per sé non pregiudica l’esistenza di un genuino rapporto di CoCoCo, così come non la pregiudica la continuità della prestazione nel tempo (art. 2222 C.C.) e neppure l’esistenza di vincoli di orario, se posti in funzione del tipo di prestazione o di esigenze di coordinamento con le necessità del committente. Ognuna di queste caratteristiche del rapporto, sia prese singolarmente che nel loro insieme, non pregiudicano l’esistenza né la genuinità del rapporto di CoCoCo, ma potrebbero pregiudicarlo in presenza di modalità di esecuzione tali da dichiarare una non adeguata autonomia operativa e organizzativa (tempi e luoghi della prestazione), la ripetitività di operazioni semplici, un’inadeguata professionalità del prestatore, una modalità di coordinamento operativo tale da non manifestare un’effettiva autonomia del rapporto, ed infine un atteggiamento concreto delle parti incoerente con il contenuto formale del contratto stesso.
Per risultare genuino, quindi lecito, un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa deve poter superare indenne una complessa e stringente valutazione dichiarando in maniera inoppugnabile che il collaboratore non sta rendendo disponibile il proprio tempo lavorativo - caratteristica tipica del rapporto di lavoro subordinato - ma un risultato, sia esso unico e determinato nel tempo o, anche continuativo, purché funzionale all’azienda committente; risultato non direttamente correlato ai tempi della prestazione e neppure frutto di un’eterodirezione del committente.
In buona sostanza non sparisce la forma di lavoro autonomo nella forma di CoCoCo, ma ritorna ad essere ciò che avrebbe da sempre dovuto essere, con buona pace dei ... furbetti ... che hanno usato impropriamente tale forma contrattuale per camuffare veri e propri rapporti di lavoro subordinato.
Purtroppo, però, al di là delle buone intenzioni del legislatore, gli spazi di indeterminatezza restano tanti ed è facile prevedere che ciò possa portare a controversie e contestazioni che nel tempo solo la giurisprudenza potrà risolvere.
Nell’incertezza, il consiglio che si potrebbe dare oggi ad aziende e lavoratori che intendono instaurare un corretto e genuino rapporto di CoCoCo, è di sottoporlo al vaglio di un organismo di conciliazione e certificazione. Non una garanzia assoluta di incontestabilità ma, comunque, un bollino di qualità del rapporto.
Le norme del Job Act non sopprimono l’art. 2222 del Cod. Civ., il quale afferma esistere contratto d’opera e di lavoro autonomo "Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente...". Pertanto, i contratti di collaborazione effettivamente autonomi potranno continuare ad essere stipulati anche se, presumibilmente, si ridurranno di numero.
Con l’approvazione del Jobs Act la limitazione all’esistenza dei CoCoCo è notevole ma la norma salva:
a) le collaborazioni disciplinate da accordi collettivi stipulati con i sindacati più rappresentativi a livello nazionale;
b) le prestazioni intellettuali svolte da professionisti iscritti ad albi professionali;
c) le prestazioni fornite da sindaci o da professionisti che compongono collegi o organi di controllo delle società;
d) le collaborazioni nei confronti di associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni.
La nuova norma stabilisce che dall’1.1.2016 non saranno considerate genuine le "prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro..." e, conseguentemente, riconducibili ad attività di lavoro subordinato.
Da una lettura superficiale potrebbe sembrare che dall’1.1.2016 nessun contratto di CoCoCo potrebbe più esistere (fatti salvi quelli citati precedentemente) ma, attenzione, un’analisi attenta di quanto letto ci porta a considerare che l’apporto di prestazione esclusivamente personale di per sé non pregiudica l’esistenza di un genuino rapporto di CoCoCo, così come non la pregiudica la continuità della prestazione nel tempo (art. 2222 C.C.) e neppure l’esistenza di vincoli di orario, se posti in funzione del tipo di prestazione o di esigenze di coordinamento con le necessità del committente. Ognuna di queste caratteristiche del rapporto, sia prese singolarmente che nel loro insieme, non pregiudicano l’esistenza né la genuinità del rapporto di CoCoCo, ma potrebbero pregiudicarlo in presenza di modalità di esecuzione tali da dichiarare una non adeguata autonomia operativa e organizzativa (tempi e luoghi della prestazione), la ripetitività di operazioni semplici, un’inadeguata professionalità del prestatore, una modalità di coordinamento operativo tale da non manifestare un’effettiva autonomia del rapporto, ed infine un atteggiamento concreto delle parti incoerente con il contenuto formale del contratto stesso.
Per risultare genuino, quindi lecito, un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa deve poter superare indenne una complessa e stringente valutazione dichiarando in maniera inoppugnabile che il collaboratore non sta rendendo disponibile il proprio tempo lavorativo - caratteristica tipica del rapporto di lavoro subordinato - ma un risultato, sia esso unico e determinato nel tempo o, anche continuativo, purché funzionale all’azienda committente; risultato non direttamente correlato ai tempi della prestazione e neppure frutto di un’eterodirezione del committente.
In buona sostanza non sparisce la forma di lavoro autonomo nella forma di CoCoCo, ma ritorna ad essere ciò che avrebbe da sempre dovuto essere, con buona pace dei ... furbetti ... che hanno usato impropriamente tale forma contrattuale per camuffare veri e propri rapporti di lavoro subordinato.
Purtroppo, però, al di là delle buone intenzioni del legislatore, gli spazi di indeterminatezza restano tanti ed è facile prevedere che ciò possa portare a controversie e contestazioni che nel tempo solo la giurisprudenza potrà risolvere.
Nell’incertezza, il consiglio che si potrebbe dare oggi ad aziende e lavoratori che intendono instaurare un corretto e genuino rapporto di CoCoCo, è di sottoporlo al vaglio di un organismo di conciliazione e certificazione. Non una garanzia assoluta di incontestabilità ma, comunque, un bollino di qualità del rapporto.
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