I costi black list in Unico 2016
Gli studi professionali sono al lavoro sui bilanci 2015
L’ultimo anno è stato particolarmente ricco di provvedimenti legislativi in materia di costi black list.
Richiamando l’attenzione su quanto avevamo già avuto modo di scrivere in un nostro precedente intervento, circa due mesi fa:
http://www.paolosoro.it/news/707/Costi-black-list-deduzione-ordinaria-a-decorrere-dal-2016.html
in premessa, occorre ricordare quanto segue.
1. In base alla Legge di Stabilità 2015 (art. 1, comma 678, Legge 190/2014), il criterio rilevante per l’indeducibilità dei costi black list veniva individuato esclusivamente nella mancanza di un adeguato scambio di informazioni tra il Paese considerato e l’Italia. Di conseguenza, è risultato essere stato eliminato il criterio relativo al livello consono della tassazione (meno del 50% rispetto all’IRES nostrana).
2. In applicazione di tale principio, il Ministro dell’Economia e delle Finanze aveva poi firmato, il 1° aprile scorso, il decreto che ridisegnava la mappa dei Paesi black list per quanto attiene all’indeducibilità dei costi, onde "favorire l’attività economica e commerciale transfrontaliera delle imprese" (come riporta il comunicato del MEF); a seguito di ciò, come noto, a esempio, gli Emirati Arabi Uniti sono usciti da tale lista "nera".
3. Dopo di che, l’art. 5 del Decreto Crescita e Internazionalizzazione (14 settembre 2015), ha stabilito che i costi sostenuti nei confronti di operatori localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata sono automaticamente ammessi in deduzione entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi effettivamente acquistati. Veniva, inoltre, abrogata la prima esimente (prevista dal comma 11, dell’art. 110, del TUIR), in base alla quale la deducibilità dei costi è subordinata alla condizione dell'esercizio prevalente ed effettivo di un'attività commerciale da parte dell'impresa estera. Rimaneva, viceversa, in piedi la seconda esimente, secondo cui la deducibilità oltre il limite del valore normale è ammessa solo qualora si sia in condizione di dimostrare l’effettivo interesse economico e la concreta esecuzione dell’operazione.
4. Infine, nella Gazzetta Ufficiale 302 del 30.12.2015 (Suppl. Ord. 70), è stata pubblicata la Legge di Stabilità per il 2016 (Legge 208 del 28.12.2015), la quale prevede che i commi da 10 a 12-bis, dell'articolo 110, del TUIR, sono abrogati. Di conseguenza, la deducibilità dei c.d. "costi black list" diventa assoggettata alle stesse condizioni previste per ogni altro tipo di costo ordinario nazionale; ossia: inerenza, competenza ed effettività dell’operazione, senza limiti legati alla nazionalità del fornitore e/o al valore indicato nelle fatture.
Fatte queste dovere precisazioni, è poi necessario rappresentare come, mentre le disposizioni di detto ultimo punto 4 (Legge di Stabilità 2016) entrano in vigore solamente con riferimento all’anno 2016 (e, dunque, i loro effetti si rifletteranno nel Modello Unico 2017), i provvedimenti ricordati al precedente punto 3 (Decreto Crescita e Internazionalizzazione) concernono l’esercizio sociale 2015 - i cui bilanci ci si accinge a predisporre - e il conseguente Modello Unico 2016.
A parere di chi scrive, l’intervento del Legislatore nell’ultima Stabilità appare quanto mai criticabile, atteso che, una volta deciso (correttamente) di uniformare la normativa nazionale in funzione di quelle che erano in proposito le raccomandazioni espresse nelle Linee Guida OCSE, non aveva più alcun senso prevederne l’entrata in vigore solo nel 2016, lasciando in piedi, per il 2015, un regime di tipo "transitorio" particolarmente difficile da interpretare e - assai presumibilmente - foriero di corposo contenzioso.
In ogni caso, noi operatori, nella redazione del bilancio 2015 e del Modello Unico 2016, dovremo limitarci a tenere in debito conto che si avrà la possibilità di dedurre i costi concernenti fatture emesse da società residenti in Paesi e territori black list, solo fino al limite dell’aleatorio "valore normale". Oltre tale soglia, occorrerà essere in grado di dimostrare (seconda esimente, previgente comma 11, art. 110, TUIR) che le operazioni poste in essere rispondano a un effettivo interesse economico e abbiano avuto concreta esecuzione.
La fondamentale "gatta da pelare" sarà, allora, quella concernente l’individuazione del citato "valore normale". Alcune brevissime osservazioni in proposito.
Un nostro cliente italiano ci mostra una fattura black list di importo pari a 1.000.
L’art. 9, comma 3, TUIR prevede che:
"Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso."
La normativa, dunque, consente un’agevole quantificazione del "valore normale" soltanto laddove sia possibile acquisire alcune ben precise informazioni di carattere commerciale, generali (con riferimento al mercato di approvvigionamento) e individuali (con riguardo al fornitore). Peraltro, chi si occupa della materia sa bene che, nella stragrande maggioranza dei mercati black list, assai di rado tali dati sono disponibili.
Previa opportuna informativa al cliente, in dette fattispecie, apparirà quindi indispensabile farsi rilasciare un’indispensabile nota documentale da parte del medesimo, dalla quale si evinca il dato di interesse (valore normale dei beni/servizi di riferimento, alla data di acquisto, nel mercato da cui provengono).
Dopo di che, previa indicazione separata del costo fatturato, tra le variazioni in aumento nel Modello Unico, si procederà a dedurne integralmente solo l’importo che risulterà entro il limite del citato valore normale.
Se, detto importo è (come in genere capita) inferiore al totale della fattura, la differenza registrata potrà parimenti essere portata in deduzione soltanto laddove si abbia la possibilità di dimostrare che l’operazione posta in essere risponda a un effettivo interesse economico e abbia per ciò stesso avuto concreta esecuzione.
Ergo, se il nostro particolare caso ci consente di essere in possesso di questa documentazione probatoria, potremo procedere in tal senso (fermo restando che si tratta comunque di valutazioni che contengono un’alea legata a interpretazioni - quanto meno in parte - soggettive). In ipotesi contraria, evidentemente, una porzione della spesa sostenuta rimarrà indeducibile dal punto di vista fiscale, ferma restando l’appostazione contabile civilistica nel bilancio.
Richiamando l’attenzione su quanto avevamo già avuto modo di scrivere in un nostro precedente intervento, circa due mesi fa:
http://www.paolosoro.it/news/707/Costi-black-list-deduzione-ordinaria-a-decorrere-dal-2016.html
in premessa, occorre ricordare quanto segue.
1. In base alla Legge di Stabilità 2015 (art. 1, comma 678, Legge 190/2014), il criterio rilevante per l’indeducibilità dei costi black list veniva individuato esclusivamente nella mancanza di un adeguato scambio di informazioni tra il Paese considerato e l’Italia. Di conseguenza, è risultato essere stato eliminato il criterio relativo al livello consono della tassazione (meno del 50% rispetto all’IRES nostrana).
2. In applicazione di tale principio, il Ministro dell’Economia e delle Finanze aveva poi firmato, il 1° aprile scorso, il decreto che ridisegnava la mappa dei Paesi black list per quanto attiene all’indeducibilità dei costi, onde "favorire l’attività economica e commerciale transfrontaliera delle imprese" (come riporta il comunicato del MEF); a seguito di ciò, come noto, a esempio, gli Emirati Arabi Uniti sono usciti da tale lista "nera".
3. Dopo di che, l’art. 5 del Decreto Crescita e Internazionalizzazione (14 settembre 2015), ha stabilito che i costi sostenuti nei confronti di operatori localizzati in Stati o territori a fiscalità privilegiata sono automaticamente ammessi in deduzione entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi effettivamente acquistati. Veniva, inoltre, abrogata la prima esimente (prevista dal comma 11, dell’art. 110, del TUIR), in base alla quale la deducibilità dei costi è subordinata alla condizione dell'esercizio prevalente ed effettivo di un'attività commerciale da parte dell'impresa estera. Rimaneva, viceversa, in piedi la seconda esimente, secondo cui la deducibilità oltre il limite del valore normale è ammessa solo qualora si sia in condizione di dimostrare l’effettivo interesse economico e la concreta esecuzione dell’operazione.
4. Infine, nella Gazzetta Ufficiale 302 del 30.12.2015 (Suppl. Ord. 70), è stata pubblicata la Legge di Stabilità per il 2016 (Legge 208 del 28.12.2015), la quale prevede che i commi da 10 a 12-bis, dell'articolo 110, del TUIR, sono abrogati. Di conseguenza, la deducibilità dei c.d. "costi black list" diventa assoggettata alle stesse condizioni previste per ogni altro tipo di costo ordinario nazionale; ossia: inerenza, competenza ed effettività dell’operazione, senza limiti legati alla nazionalità del fornitore e/o al valore indicato nelle fatture.
Fatte queste dovere precisazioni, è poi necessario rappresentare come, mentre le disposizioni di detto ultimo punto 4 (Legge di Stabilità 2016) entrano in vigore solamente con riferimento all’anno 2016 (e, dunque, i loro effetti si rifletteranno nel Modello Unico 2017), i provvedimenti ricordati al precedente punto 3 (Decreto Crescita e Internazionalizzazione) concernono l’esercizio sociale 2015 - i cui bilanci ci si accinge a predisporre - e il conseguente Modello Unico 2016.
A parere di chi scrive, l’intervento del Legislatore nell’ultima Stabilità appare quanto mai criticabile, atteso che, una volta deciso (correttamente) di uniformare la normativa nazionale in funzione di quelle che erano in proposito le raccomandazioni espresse nelle Linee Guida OCSE, non aveva più alcun senso prevederne l’entrata in vigore solo nel 2016, lasciando in piedi, per il 2015, un regime di tipo "transitorio" particolarmente difficile da interpretare e - assai presumibilmente - foriero di corposo contenzioso.
In ogni caso, noi operatori, nella redazione del bilancio 2015 e del Modello Unico 2016, dovremo limitarci a tenere in debito conto che si avrà la possibilità di dedurre i costi concernenti fatture emesse da società residenti in Paesi e territori black list, solo fino al limite dell’aleatorio "valore normale". Oltre tale soglia, occorrerà essere in grado di dimostrare (seconda esimente, previgente comma 11, art. 110, TUIR) che le operazioni poste in essere rispondano a un effettivo interesse economico e abbiano avuto concreta esecuzione.
La fondamentale "gatta da pelare" sarà, allora, quella concernente l’individuazione del citato "valore normale". Alcune brevissime osservazioni in proposito.
Un nostro cliente italiano ci mostra una fattura black list di importo pari a 1.000.
L’art. 9, comma 3, TUIR prevede che:
"Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso."
La normativa, dunque, consente un’agevole quantificazione del "valore normale" soltanto laddove sia possibile acquisire alcune ben precise informazioni di carattere commerciale, generali (con riferimento al mercato di approvvigionamento) e individuali (con riguardo al fornitore). Peraltro, chi si occupa della materia sa bene che, nella stragrande maggioranza dei mercati black list, assai di rado tali dati sono disponibili.
Previa opportuna informativa al cliente, in dette fattispecie, apparirà quindi indispensabile farsi rilasciare un’indispensabile nota documentale da parte del medesimo, dalla quale si evinca il dato di interesse (valore normale dei beni/servizi di riferimento, alla data di acquisto, nel mercato da cui provengono).
Dopo di che, previa indicazione separata del costo fatturato, tra le variazioni in aumento nel Modello Unico, si procederà a dedurne integralmente solo l’importo che risulterà entro il limite del citato valore normale.
Se, detto importo è (come in genere capita) inferiore al totale della fattura, la differenza registrata potrà parimenti essere portata in deduzione soltanto laddove si abbia la possibilità di dimostrare che l’operazione posta in essere risponda a un effettivo interesse economico e abbia per ciò stesso avuto concreta esecuzione.
Ergo, se il nostro particolare caso ci consente di essere in possesso di questa documentazione probatoria, potremo procedere in tal senso (fermo restando che si tratta comunque di valutazioni che contengono un’alea legata a interpretazioni - quanto meno in parte - soggettive). In ipotesi contraria, evidentemente, una porzione della spesa sostenuta rimarrà indeducibile dal punto di vista fiscale, ferma restando l’appostazione contabile civilistica nel bilancio.
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