I crediti alimentari non "vanno in ferie", ma soltanto questi crediti
L’art. 92 del Regio decreto 30/01/1941, n. 12, dettato in materia di Affari civili nel periodo feriale dei magistrati, stabilisce che «Durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa, ai procedimenti cautelari, ai procedimenti per l'adozione di provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione, ai procedimenti per l'adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di sfratto e di opposizione all'esecuzione, nonché quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti».
Non si applica pertanto la sospensione feriale dei termini ai crediti alimentari ossia a quei crediti che si caratterizzano per la loro intrinseca indifferibilità e, pertanto sostanzialmente diversi rispetto a quelli che, anziché sull’assistenza si fondano pressoché esclusivamente sul tenore di vita goduto in costanza di convivenza coniugale (come nel caso dell'assegno di separazione) o, comunque, su criteri perequativi o compensativi e riferibili all’assegno di mantenimento del minore (o maggiorenne non autosufficiente) il quale possa comunque contare su una capacità economica del genitore convivente sufficiente a garantire comunque il suo sostentamento.
In estrema sintesi i crediti alimentari sono cosa ben diversa rispetto alle obbligazioni alimentari, essendo queste ultime il sostanziale nome collettivo entro il quale si includono, ad esempio, assegni perequativi in regime di separazione volti a garantire il mantenimento del tenore di vita del coniuge o gli assegni divorzili, così come i già citati assegni di mantenimento dei figli nelle condizioni sopra indicate.
Questa ricostruzione trova integrale riscontro anche nella giurisprudenza, di merito e di legittimità, salvo che nell’ultima pronuncia sul punto, l’ordinanza 18044/2023 nella quale la Cassazione muta radicalmente orientamento sull’applicazione della sospensione dei termini dal 1 al 31 agosto, affermando che la sospensione dei termini non deve ritenersi applicabile neppure alle sopra citate obbligazioni alimentari (distinte, appunto, dai crediti alimentari).
A sostegno di questa tesi la Suprema Corte richiama l’art. 83 del Decreto legge 17/03/2020, n. 18, dettante Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID – 19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare, la quale stabilisce che la sospensione dei termini feriali non si applica alle «cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati e ai minori allontanati dalla famiglia quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e, in genere, procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona; cause relative ai diritti delle persone minorenni, al diritto all'assegno di mantenimento, agli alimenti e all'assegno divorzile o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità».
Ma la norma richiamata non può trovare applicazione in quanto, pur convertita in legge n. 27 del 2020, aveva comunque un carattere eccezionale e faceva capo alla legislazione d’urgenza emanata nel periodo di lockdown dovuto all’emergenza pandemica e, pertanto, specificamente al periodo tra marzo e maggio 2020, con la conseguenza che, a partire dal 11 maggio 2020, la norma non è più efficace, essendo scaduto il termine previsto nella stessa legge per il suo vigore.
E neppure vale a fondare la sua sopravvivenza il fatto che «la norma in questione è dunque espressione della discrezionalità del legislatore Eurounitario che, nell'adottare la norma regolamentare, bilancia e contempera i diversi interessi da tutelare, esprimendo l' innovativa ratio, diretta ad accomunare, seppure ai fini della disciplina della sospensione dei termini processuali, due istituti (l'obbligazione alimentare e quella di mantenimento) che sono sempre stati oggetto di differente regolamentazione per antica tradizione dommatica» [Cfr. Cass. Ord. 18044/2023]. Il riferimento è all'art. 1 del Regolamento CE n. 4/2009, in questo ambito non pertinente in quanto il regolamento citato trova, sì, diretta applicazione nel nostro ordinamento ma solo dal punto di vista processuale con riferimento alle controversie transfrontaliere e non a quelle di diritto interno.
Su questo tema è corretto invece fare riferimento all’orientamento dalla Corte di Cassazione espresso nell’ordinanza n. 6639 del 2023 nonché nell’ordinanza n. 5393 del 2023; in modo particolare in quest’ultima veniva chiaramente espresso il principio per il quale «in tema di legislazione emergenziale di contrasto alla pandemia da Covid – 19, alle "cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità", considerate rilevanti ai fini dell'eccezione alla sospensione generalizzata dei termini processuali per effetto del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. a), convertito con la l. n. 27 del 2020, non possono esser equiparate le cause relative all'assegno divorzile, attesa l'impossibilità di correlare l'assegno divorzile all'assegno alimentare, per l'evidente diversità dei fini e della natura dei due assegni».
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