I diritti successori del convivente more uxorio
Diritti successori, diritto al risarcimento del danno, diritto di abitazione sulla casa di convivenza
Il numero di coppie di fatto, in Italia, è in costante aumento, ma, nonostante ciò, il nostro Legislatore su questo fenomeno sociale e culturale non è ancora intervenuto dettando una disciplina ad hoc.
La mancanza di una disciplina organica della materia crea non pochi problemi, sotto molteplici aspetti: si pensi, ad esempio, al diritto del convivente in merito alle scelte terapeutiche in caso di malattia del partner, al diritto al risarcimento in caso di fatto illecito, alla successione nel contratto di locazione, al diritto al percepimento della pensione di reversibilità e tanti altri ancora.
La coppia di fatto o meglio la convivenza more uxorio non è espressamente disciplinata dal nostro ordinamento; nonostante tale lacuna normativa, essa non si pone in contrasto con norme imperative, né con l’ordine pubblico, né con il buon costume.
Con l’espressione "convivenza more uxorio" si indica l’unione stabile e la comunione di vita spirituale e materiale tra due persone, non fondata sul matrimonio (c.d. famiglia di fatto).
Nonostante nell’attuale realtà sociale il fenomeno stia avendo sempre maggiore diffusione, il nostro ordinamento giuridico riconosce e tutela solo ed esclusivamente la famiglia legittima, ossia quella fondata sul matrimonio.
I requisiti che devono sussistere per poter parlare di convivenza more uxorio sono:
- comunione di vita spirituale e materiale;
- stabilità temporale del rapporto;
- assenza di vincolo matrimoniale.
Tra le varie problematiche sopra indicate, intendo brevemente trattare quella relativa ai diritti successori del convivente more uxorio.
Il nostro codice civile, agli articoli 536 e seguenti, elenca quelli che sono i c.d. eredi legittimari, ossia coloro i quali non potranno essere esclusi dalla successione del de cuius.
Orbene.
Il convivente more uxorio non rientra in detta categoria, pertanto, in assenza di valido testamento, egli non potrà succedere, nemmeno in parte, al proprio partner.
Il convivente more uxorio, pertanto, potrà ottenere una quota di eredità solo mediante un lascito effettuato dal defunto mediante testamento.
Tale liberalità, in ogni caso, non potrà ledere la quota ereditaria che la legge riconosce, appunto, agli eredi legittimari (la c.d. quota di legittima).
Detta quota varia a seconda della qualità e del numero degli eredi legittimari.
I conviventi c.d. more uxorio non hanno, dunque, diritti successori nei confronti l’uno dell’altro perchè, per la legge, non essendo legati da vincoli di parentela o di coniugio sono considerati estranei fra di loro.
Tuttavia, ciascuno dei due può, nel proprio testamento, nominare erede l’altro nel limite della quota non spettante per legge agli eredi legittimari: la c.d. quota disponibile.
Qualunque diversa pattuizione ed in particolare un eventuale testamento che dovesse riconoscere al convivente more uxorio una quota superiore a quella disponibile sarebbe suscettibile di impugnazione da parte dell'erede o degli eredi pretermessi, ossia di coloro che, per effetto della disposizione contra legem, si sono visti ridurre in tutto o in parte la propria quota di legittima.
Sono, invece, assolutamente vietati e quindi nulli - sia tra i conviventi sia, in generale, tra chiunque - i c.d. patti successori, ossia quegli accordi con cui ciascuno si impegna a nominare come proprio erede l’altro.
Per quanto riguarda il diritto di uno dei conviventi, in caso di morte dell'altro per fatto illecito a causa di fatto illecito del terzo (si pensi al caso di morte in seguito a sinistro stradale o di omicidio), il convivente superstite ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno morale e patrimoniale?
Anche in questo caso siamo in presenza di un evidente vuoto legislativo, colmato negli ultimi anni da una copiosa Giurisprudenza.
La Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni sull'argomento, creando un orientamento ormai consolidato.
Con una prima sentenza (n. 23725 del 16.09.2008), i Giudici della Suprema Corte hanno statuito che il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, concretatosi in un evento mortale, va riconosciuto anche al convivente more uxorio, e ciò sia con riferimento al danno morale, sia con riferimento al danno patrimoniale (sebbene da ultimo questa dicotomia sia stata oggetto di nuova e diversa interpretazione, ma di ciò si parler in un'altra sede).
Quest’ultimo, in ogni caso, richiede la prova di uno stabile contributo economico apportato in vita dal de cuius al convivente superstite - danneggiato e di una relazione caratterizzata da stabilità e da reciproca assistenza morale e materiale.
Detto orientamento giurisprudenziale è stato confermato negli anni da numerose pronunce tra le quali ricordo Cassazione n. 12278 del 07.06.2011, n. 7128 del 21.03.2013 e, più recentemente, n. 13654 del 16.06.2014.
Il convivente more uxorio gode del diritto di abitazione sulla casa adibita a convivenza, in caso di morte del partner intestatario del contratto di locazione?
Occorre sottolineare che un accordo tra i conviventi, avente ad oggetto l’attribuzione del diritto di abitazione sulla casa adibita a convivenza, per il periodo successivo alla morte di uno dei due, sarebbe nullo; ciò perchè un simile accordo integrerebbe un patto successorio di tipo istitutivo vietato, come sopra meglio precisato, ai sensi dell’art. 458 c.c..
In tema di successione tra conviventi e diritto di abitazione, in caso di morte di uno dei due, il convivente può continuare ad usufruire del rapporto di locazione: cioè abitare nell’immobile che, fino al momento del decesso, veniva utilizzato come casa familiare.
Ciò è confermato dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1 della Legge 392/1978 (c.d. legge sull’equo canone), nella parte in cui non prevede fra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
Tale principio è stato poi confermato dalla Suprema Corte in diverse occasioni (tra le più recenti: Cassazione Civile, Sez. III, 23 Febbraio 2013, n. 3548).
Come si può notare, pertanto, il convivente more uxorio, seppur entro certi limiti, gode di diritti successori, anche se essi non possono certo essere equiparati a quelli spettanti al coniuge.
Oggi giorno le convivenze more uxorio sono in continuo aumento, in misura proporzionale alla crisi ed alla conseguente diminuzione dei matrimoni.
Perseverare nel non far rientrare nel nostro sistema giuridico il fenomeno della convivenza more uxorio, continuando a rimandare l'approvazione di una legge organica che lo disciplini, significa non adeguarsi ai tempi, non soddisfare le esigenze della società e, ancor più, non riconoscere il rispetto del diritto della coppia di fatto, al pari della famiglia legittima.
Auspico che detto vuoto normativo venga finalmente presto colmato, agevolando così il compito, non facile, degli operatori del diritto (Giudici e avvocati) e consentendo a ciascuno di conoscere con certezza ed in anticipo quali saranno i diritti ed i doveri legati ad una situazione di vita sempre più diffusa.
La mancanza di una disciplina organica della materia crea non pochi problemi, sotto molteplici aspetti: si pensi, ad esempio, al diritto del convivente in merito alle scelte terapeutiche in caso di malattia del partner, al diritto al risarcimento in caso di fatto illecito, alla successione nel contratto di locazione, al diritto al percepimento della pensione di reversibilità e tanti altri ancora.
La coppia di fatto o meglio la convivenza more uxorio non è espressamente disciplinata dal nostro ordinamento; nonostante tale lacuna normativa, essa non si pone in contrasto con norme imperative, né con l’ordine pubblico, né con il buon costume.
Con l’espressione "convivenza more uxorio" si indica l’unione stabile e la comunione di vita spirituale e materiale tra due persone, non fondata sul matrimonio (c.d. famiglia di fatto).
Nonostante nell’attuale realtà sociale il fenomeno stia avendo sempre maggiore diffusione, il nostro ordinamento giuridico riconosce e tutela solo ed esclusivamente la famiglia legittima, ossia quella fondata sul matrimonio.
I requisiti che devono sussistere per poter parlare di convivenza more uxorio sono:
- comunione di vita spirituale e materiale;
- stabilità temporale del rapporto;
- assenza di vincolo matrimoniale.
Tra le varie problematiche sopra indicate, intendo brevemente trattare quella relativa ai diritti successori del convivente more uxorio.
Il nostro codice civile, agli articoli 536 e seguenti, elenca quelli che sono i c.d. eredi legittimari, ossia coloro i quali non potranno essere esclusi dalla successione del de cuius.
Orbene.
Il convivente more uxorio non rientra in detta categoria, pertanto, in assenza di valido testamento, egli non potrà succedere, nemmeno in parte, al proprio partner.
Il convivente more uxorio, pertanto, potrà ottenere una quota di eredità solo mediante un lascito effettuato dal defunto mediante testamento.
Tale liberalità, in ogni caso, non potrà ledere la quota ereditaria che la legge riconosce, appunto, agli eredi legittimari (la c.d. quota di legittima).
Detta quota varia a seconda della qualità e del numero degli eredi legittimari.
I conviventi c.d. more uxorio non hanno, dunque, diritti successori nei confronti l’uno dell’altro perchè, per la legge, non essendo legati da vincoli di parentela o di coniugio sono considerati estranei fra di loro.
Tuttavia, ciascuno dei due può, nel proprio testamento, nominare erede l’altro nel limite della quota non spettante per legge agli eredi legittimari: la c.d. quota disponibile.
Qualunque diversa pattuizione ed in particolare un eventuale testamento che dovesse riconoscere al convivente more uxorio una quota superiore a quella disponibile sarebbe suscettibile di impugnazione da parte dell'erede o degli eredi pretermessi, ossia di coloro che, per effetto della disposizione contra legem, si sono visti ridurre in tutto o in parte la propria quota di legittima.
Sono, invece, assolutamente vietati e quindi nulli - sia tra i conviventi sia, in generale, tra chiunque - i c.d. patti successori, ossia quegli accordi con cui ciascuno si impegna a nominare come proprio erede l’altro.
Per quanto riguarda il diritto di uno dei conviventi, in caso di morte dell'altro per fatto illecito a causa di fatto illecito del terzo (si pensi al caso di morte in seguito a sinistro stradale o di omicidio), il convivente superstite ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno morale e patrimoniale?
Anche in questo caso siamo in presenza di un evidente vuoto legislativo, colmato negli ultimi anni da una copiosa Giurisprudenza.
La Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni sull'argomento, creando un orientamento ormai consolidato.
Con una prima sentenza (n. 23725 del 16.09.2008), i Giudici della Suprema Corte hanno statuito che il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, concretatosi in un evento mortale, va riconosciuto anche al convivente more uxorio, e ciò sia con riferimento al danno morale, sia con riferimento al danno patrimoniale (sebbene da ultimo questa dicotomia sia stata oggetto di nuova e diversa interpretazione, ma di ciò si parler in un'altra sede).
Quest’ultimo, in ogni caso, richiede la prova di uno stabile contributo economico apportato in vita dal de cuius al convivente superstite - danneggiato e di una relazione caratterizzata da stabilità e da reciproca assistenza morale e materiale.
Detto orientamento giurisprudenziale è stato confermato negli anni da numerose pronunce tra le quali ricordo Cassazione n. 12278 del 07.06.2011, n. 7128 del 21.03.2013 e, più recentemente, n. 13654 del 16.06.2014.
Il convivente more uxorio gode del diritto di abitazione sulla casa adibita a convivenza, in caso di morte del partner intestatario del contratto di locazione?
Occorre sottolineare che un accordo tra i conviventi, avente ad oggetto l’attribuzione del diritto di abitazione sulla casa adibita a convivenza, per il periodo successivo alla morte di uno dei due, sarebbe nullo; ciò perchè un simile accordo integrerebbe un patto successorio di tipo istitutivo vietato, come sopra meglio precisato, ai sensi dell’art. 458 c.c..
In tema di successione tra conviventi e diritto di abitazione, in caso di morte di uno dei due, il convivente può continuare ad usufruire del rapporto di locazione: cioè abitare nell’immobile che, fino al momento del decesso, veniva utilizzato come casa familiare.
Ciò è confermato dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1 della Legge 392/1978 (c.d. legge sull’equo canone), nella parte in cui non prevede fra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio.
Tale principio è stato poi confermato dalla Suprema Corte in diverse occasioni (tra le più recenti: Cassazione Civile, Sez. III, 23 Febbraio 2013, n. 3548).
Come si può notare, pertanto, il convivente more uxorio, seppur entro certi limiti, gode di diritti successori, anche se essi non possono certo essere equiparati a quelli spettanti al coniuge.
Oggi giorno le convivenze more uxorio sono in continuo aumento, in misura proporzionale alla crisi ed alla conseguente diminuzione dei matrimoni.
Perseverare nel non far rientrare nel nostro sistema giuridico il fenomeno della convivenza more uxorio, continuando a rimandare l'approvazione di una legge organica che lo disciplini, significa non adeguarsi ai tempi, non soddisfare le esigenze della società e, ancor più, non riconoscere il rispetto del diritto della coppia di fatto, al pari della famiglia legittima.
Auspico che detto vuoto normativo venga finalmente presto colmato, agevolando così il compito, non facile, degli operatori del diritto (Giudici e avvocati) e consentendo a ciascuno di conoscere con certezza ed in anticipo quali saranno i diritti ed i doveri legati ad una situazione di vita sempre più diffusa.
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