I fattori in bicicletta
Interessante caso dinanzi al Tribunale di Torino sulla differenza tra lavoratore autonomo e subordinato e sul controllo a distanza dei lavoratori
Interessante sentenza sulla differenza tra lavoro subordinato e lavoro autonomo del Tribunale di Torino.
Sei fattorini "in bicicletta" avevano proposto ricorso nei confronti di una società tedesca dinanzi al Tribunale di Torino chiedendo l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, in quanto inquadrati come collaboratori autonomi dalla società.
Secondo i difensori dei "rider" il loro era un rapporto di natura subordinata sia perché dovevano essere sempre reperibili, pena l’esclusione dalla società, sia in quanto erano continuamente monitorati nei loro spostamenti, attraverso un applicazione che consentiva di localizzarli durante i loro spostamenti, una sorta di braccialetto elettronico che consentiva all’azienda di monitorarli continuamente.
Secondo i difensori dell’azienda, invece, i lavoratori erano liberi di scegliere se e quanto lavorare, non essendo tenuti a garantire una prestazione minima. Inoltre l`applicazione con cui i lavoratori venivano geolocalizzati non solo non avrebbe violato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (applicabile solo ai lavoratori subordinati) ma aveva lo scopo di garantire la sicurezza del lavoratore, qualora si facesse male o si perdesse, per cui era stata utilizzata soprattutto nell’interesse del rider.
Il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso, ma non si conoscono ancora le motivazioni che si attendono con ansia.
Sei fattorini "in bicicletta" avevano proposto ricorso nei confronti di una società tedesca dinanzi al Tribunale di Torino chiedendo l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, in quanto inquadrati come collaboratori autonomi dalla società.
Secondo i difensori dei "rider" il loro era un rapporto di natura subordinata sia perché dovevano essere sempre reperibili, pena l’esclusione dalla società, sia in quanto erano continuamente monitorati nei loro spostamenti, attraverso un applicazione che consentiva di localizzarli durante i loro spostamenti, una sorta di braccialetto elettronico che consentiva all’azienda di monitorarli continuamente.
Secondo i difensori dell’azienda, invece, i lavoratori erano liberi di scegliere se e quanto lavorare, non essendo tenuti a garantire una prestazione minima. Inoltre l`applicazione con cui i lavoratori venivano geolocalizzati non solo non avrebbe violato l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (applicabile solo ai lavoratori subordinati) ma aveva lo scopo di garantire la sicurezza del lavoratore, qualora si facesse male o si perdesse, per cui era stata utilizzata soprattutto nell’interesse del rider.
Il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso, ma non si conoscono ancora le motivazioni che si attendono con ansia.
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