I genitori anziani hanno diritto ad essere mantenuti dai figli?


Occuparsi delle cure e dell’assistenza di un genitore che non è in grado di provvedere a se stesso, non è solo un dovere morale, ma anche giuridico
I genitori anziani hanno diritto ad essere mantenuti dai figli?

 

E’ frequente che, per cause di salute od economiche, in una famiglia i genitori diventino incapaci di badare (anche solo in parte) a se stessi.

Ebbene, occuparsi delle cure e dell’assistenza di un genitore che (a causa della salute precaria, dell’età avanzata o delle ridotte disponibilità economiche) non è in grado di provvedere a se stesso, anche solo parzialmente, non è solo un dovere morale, ma anche giuridico.

Occorre premettere che, diversamente da quanto avviene con riguardo ai doveri reciproci fra coniugi e ai doveri dei genitori verso i figli, nel nostro codice civile non esiste una specifica norma che imponga al figlio un generico obbligo di assistenza morale e materiale al genitore in quanto tale. E, difatti, l’art. 315 bis del codice civile prevede l’obbligo del figlio di contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia (e, quindi, anche dei genitori), solo finché convive con essa.

E, invece, la legge impone sempre un obbligo di assistenza a carico dei figli quando i genitori versano in “stato di bisogno”, inteso come incapacità di provvedere da sé al soddisfacimento dei bisogni fondamentali della vita (come vitto, alloggio, cure, vestiario) pur con riguardo alla posizione sociale dell'avente diritto: un genitore di età avanzata è molto spesso anche una persona che versa in stato di bisogno in quanto non dispone di redditi propri o, anche quando ne dispone, questi si rivelano insufficienti per provvedere a tutte quelle necessità di cura e assistenza che si accrescono inevitabilmente in misura proporzionale all’età e all’aggravarsi di eventuali malattie.

Ricorrendo queste condizioni (stato di bisogno ed incapacità di autosostentamento) è dovere giuridico dei figli, a prescindere dalla convivenza con il genitore, concorrere nel versare al genitore gli alimenti, in proporzione delle proprie condizioni economiche. Ciò è previsto specificatamente dagli articoli 433 e 438 del codice civile, che pongono un espresso obbligo di alimenti a carico dei figli. L'obbligazione alimentare del figlio nei confronti del genitore bisognoso, tuttavia, viene dopo quella imposta al coniuge non divorziato. Ossia il figlio è tenuto a prestare gli alimenti solo se il coniuge del genitore che versa in stato di bisogno non sia in grado di provvedere al suo sostentamento, e sempre che lo stesso figlio goda di redditi sufficienti a soddisfare le esigenze di vita della propria famiglia e dell'alimentando. In caso contrario, l'obbligo si trasferisce "a cascata" su altri familiari secondo l'ordine stabilito dal citato articolo 433 del codice civile (genitori e, in loro mancanza, ascendenti prossimi; adottanti; generi e nuore; suocero e suocera; fratelli e sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali).

Detti alimenti sono prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trova in stato di bisogno economico. Essi trovano la loro fonte, anche costituzionale, nel dovere di solidarietà (art. 2 Cost.) ed il diritto che ne consegue è un diritto personalissimo, intrasmissibile, irrinunciabile ed imprescrittibile.

Si consideri che il figlio che non ha sufficienti mezzi economici, deve adempiere all’obbligo di versare gli alimenti al genitore bisognoso anche con modalità alternative alla corresponsione di una somma di denaro, ad esempio offrendosi di ospitarlo e mantenerlo in casa.

Ma l'obbligo di mantenere il genitore bisognoso è condizionato non solo, come visto, dall'entità del bisogno del genitore e dalle capacità economiche del figlio, ma altresì in funzione di altre variabili:

a) se in seguito all'assegnazione degli alimenti il genitore mantiene una condotta disordinata o riprovevole, detti alimenti possono essere ridotti;

b) se il genitore viene dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale perde il diritto agli alimenti nei confronti del figlio (così come la posizione di legittimario nella successione apertasi per premorienza dello stesso figlio o del nipote ex filio);

c) l'obbligazione alimentare del figlio cessa, altresì, in ipotesi di disconoscimento di paternità e revoca o annullamento dell'adozione.

La mancata assistenza al genitore bisognoso può avere innanzitutto conseguenze civili: in forza del suindicato art. 433 c.c. il genitore in stato di bisogno, che non riceva spontaneamente le dovute cure ed assistenza da parte dei figli, potrà rivolgersi al giudice civile (Tribunale Ordinario) affinché imponga a questi l’obbligo agli alimenti e ne stabilisca l’entità e le modalità di somministrazione, in proporzione al bisogno del richiedente ed alle condizioni economiche dei figli. Il magistrato potrà anche, in caso di urgente necessità, porre l’obbligazione a carico di uno solo dei figli che vi sono obbligati, salvo il regresso di quest’ultimo verso gli altri.

Detta omessa assistenza potrà avere anche conseguenze penali: nel caso in cui al genitore bisognoso vengano fatti mancare con dolo (volontariamente) i mezzi di sussistenza, il rischio è quello di dover rispondere del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da 103 a 1.032 euro. E, difatti, l'art. 570 del codice penale fa riferimento a “Chiunque…serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza…fa mancare i mezzi di sussistenza…agli ascendenti [ossia ai genitori e nonni]. E’ stato chiarito che la norma, quando parla di “mezzi di sussistenza”, fa riferimento ad un concetto più ampio dei soli alimenti e si riferisce ad un genitore che versi in uno stato di bisogno, per cui non possiede il necessario per vivere.

Inoltre, il comportamento dei figli che manchino di prestare al genitore bisognoso cure ed assistenza, può anche configurare un’autonoma e più grave figura di reato, che è quella dell’abbandono di minori o persone incapaci. Difatti l’art. 591 del codice penale punisce con pesanti pene l’ipotesi in cui l’abbandono della persona “incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa” pone quest’ultima in uno stato di pericolo.

Si osservi che per abbandono si intende non solo il fatto di lasciare il soggetto in balia di se stesso, ma anche quello di affidarlo, sia pure per breve tempo, a persone che non siano in grado di prendersene cura: si pensi al caso dell’anziano che, per la particolare situazione di salute in cui versa, necessiti di specifiche cure infermieristiche.

 

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di Avv. Fabio De Stefano

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