I licenziamenti individuali per gli assunti prima del Jobs Act


Di seguito esposta la disciplina dei licenziamenti individuali da applicare a chi è stato assunto prima dell'entrata in vigore del Jobs Act
I licenziamenti individuali per gli assunti prima del Jobs Act

Il licenziamento è l’atto con il quale il datore di lavoro dichiara di voler recedere dal rapporto in essere con il lavoratore.

Sono molteplici le leggi che regolano tale istituto e fra le principali occorre ricordare lo Statuto dei lavoratori (l. 300/1970), la legge sui licenziamenti individuali (l. 604/1966) e, da ultimo, il “Jobs Act” (d.lgs. 23/2015).

Il licenziamento, comportando la modifica del termine inizialmente stabilito per il rapporto di lavoro, può essere legittimamente disposto solo al verificarsi di certe condizioni e secondo le modalità stabilite dalla legge.

Tali ipotesi si distinguono tradizionalmente nelle seguenti tre categorie:

• giusta causa: sono i  casi in cui si verifica una causa che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto. In queste ipotesi si viene a ledere il rapporto fiduciario tra le parti, tanto da parlarsi, nel gergo, di “licenziamento in tronco” (si pensi al caso del lavoratore colto a rubare o che ingiuri il datore di lavoro).

• giustificato motivo soggettivo: è il licenziamento (con preavviso) determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (ipotesi comunque meno gravi delle precedenti: si pensi alla scarsa produttività o alle assenze ingiustificate del dipendente).

• giustificato motivo oggettivo: anche in questo caso vi è il preavviso e il recesso datoriale è portato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (il tipico caso è la crisi dell’impresa o anche solo una contrazione del fatturato).

A prescindere dal motivo formalmente addotto dal datore di lavoro, è nullo il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali da parte del dipendente.

L’atto con cui il datore di lavoro porta a conoscenza del lavoratore la volontà di procedere al licenziamento deve risultare da un documento scritto, contenente la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.  Il licenziamento intimato senza l'osservanza di questa disposizione è inefficace.

Una particolare procedura è prevista nel caso in cui si debba procedere ad un licenziamento disciplinare.

Innanzitutto, la legge prevede che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata e alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.

Il datore di lavoro non può poi adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Il lavoratore può farsi assistere nella procedura da un avvocato o da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.

In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale (tra cui, quindi, il licenziamento), non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.

Una diversa procedura è invece prevista nel caso in cui il datore di lavoro, che impieghi presso lo stabilimento più di quindici dipendenti, voglia procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In questo caso è obbligatorio adire l’Ispettorato del lavoro per un preventivo tentativo di conciliazione.

La richiesta deve contenere i motivi del licenziamento nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.

Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.

Ovviamente nessuna offerta è vincolante per le parti, essendo solo obbligatorio il tentativo; cosicché se l’accordo non è raggiunto, il datore di lavoro può liberamente procedere con il licenziamento.

Nel caso in cui il lavoratore dissenta rispetto alla sussistenza delle motivazioni addotte, egli deve impugnare il licenziamento a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta (ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale), con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la propria volontà (anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale o del legale di fiducia).

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro.

Al lavoratore, in alternativa al ricorso diretto, è data la possibilità di invitare la controparte ad un tentativo di conciliazione o arbitrato presso le competenti sedi (Ispettorato del lavoro o Sindacato). Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

In causa, l'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro. Ciò significa che nell’eventuale giudizio di impugnazione il lavoratore ricorrente beneficia di un regime probatorio agevolato.

All’esito del giudizio, quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti.

Si precisa che questo regime sanzionatorio si applica alle aziende con meno di quindici dipendenti nello stabilimento dove il lavoratore licenziato era occupato; diversamente opera il regime di maggior tutela di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, cui si rimanda.

La norma descritta si applica inoltre esclusivamente ai prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio assunti prima del 7 aprile 2015. Da quel momento sono infatti entrate in vigore le nuove tutele previste dal Jobs Act, descritte nell’articolo "Il contratto di lavoro a tempo indeterminato a "tutele crescenti" nel Jobs act".
 

 

Articolo del:


di Avv. Matteo Porricolo

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse