I nuovi parametri per l'assegno di divorzio


All'ex coniuge economicamente autosufficiente non spetta l'assegno divorzile, a prescindere dal tenore di vita goduto durante il matrimonio
I nuovi parametri per l'assegno di divorzio
L’assegno divorzile, è stato introdotto con la legge 898 del 1970 (legge su divorzio), il cui articolo 5, come modificato dalla l. 74 del 1987, al co. 6 dispone che "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive ".
La giurisprudenza in materia, formatasi sin dai primi anni ’90, ha interpretato l’ inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, quale "insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità....., a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio", attribuendo quindi, all’assegno divorzile, la funzione di ripristinare le precedenti condizioni economiche, e colmare il divario tra le risorse reddituali di ciascun coniuge" (Cass. Sez. Un. 11490 del 1990, ed in senso conforme, tra le più recenti, Cass. n. 11686 del 2013, n. 2546 del 5 febbraio 2014 e la n. 11870 del 2015).
A trent’anni dalla riforma, la Cassazione, con la sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, muta radicalmente il proprio indirizzo in materia, sancendo che il diritto a percepire l’assegno divorzile debba essere ancorato al mero presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, senza operare alcun riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Più in particolare, la Corte evidenzia che, con la sentenza di divorzio, "il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale,a differenza di quanto accade con la separazione personale...sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo sia pure limitatamente alla dimensione economica del "tenore di vita matrimoniale" ivi condotto - in una indebita prospettiva, per così dire, di "ultrattività del vincolo matrimoniale".
Pertanto, il Giudice chiamato a decidere se sussista il diritto all'assegno divorzile, dovrà valutare, in primo luogo, se il soggetto richiedente sia - anche solo potenzialmente - in condizioni di autosufficienza economica, deducendolo dai cespiti patrimoniali a sua disposizione, dall'attività lavorativa, dal titolo di studio ecc., e valutando rigorosamente le prove offerte dall'aspirante beneficiario dell'assegno, in merito agli oneri economici di cui sia gravato.
Nel caso in cui l'esito di tale valutazione sia negativo, il Giudice dovrà determinare l'ammontare del mantenimento secondo gli indici di cui all'art. 5 della legge sul divorzio (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale e patrimoniale apportato nel corso del matrimonio, condizioni di entrambi i coniugi, ecc.) valutati in considerazione della durata del matrimonio.
Con tale impostazione, la Corte afferma apertamente di aver voluto attribuire rilievo al principio di autoresponsabilità, "che é legato alla libertà delle scelte esistenziali della persona...", e che, già venuto in rilievo a proposito della disciplina relativa al mantenimento dei figli maggiorenni, "vale certamente anche per l'istituto del divorzio...frutto di scelte definitive che ineriscono alla dimensione della libertà della persona ed implicano per ciò stesso l'accettazione da parte di ciascuno degli ex coniugi...delle relative conseguenze economiche".
La sentenza in esame ha fatto discutere, ed in molti sostengono che il provvedimento sia retrivo e frutto della volontà di relegare la parte debole del rapporto - generalmente la donna - nella condizione dei "secoli bui", che hanno preceduto la sua emancipazione.
In realtà, la sentenza è frutto di un elevatissimo spirito innovativo degli Ermellini che, conformandosi ai modelli degli altri Paesi europei, superano il concetto del matrimonio quale "legame a vita", spronando ogni individuo a trovare la propria autonoma realizzazione.

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di Avvocato Alessandra Balata, Roma

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