I rimedi dopo la sentenza Torreggiani


Risarcimento, svuota carceri, riduzione dei casi di applicazione di custodia cautelare in carcere
I rimedi dopo la sentenza Torreggiani
La drammaticità della situazione delle carceri è nota, è un tema lungamente dibattuto, approfondito. Le ispezioni presso gli istituti penitenziari hanno consentito di apprendere i numeri del sovraffollamento.
Una situazione che da tempo ha certificato la contrarietà all’art. 27 della Costituzione.
Se la pena deve tendere "alla rieducazione del condannato" e prima ancora "non può consistere in un trattamento contrario al senso dell’umanità", in Italia vi è stata una generale violazione di questo principio.
Ed è singolare che questa situazione dovesse essere portata alla ribalta dalla sentenza "Torreggiani", dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, poiché l’intera problematica era conosciuta da tutti.
Con la sentenza in questione abbiamo assistito ad un intervento forte e decisivo dell’Europa nelle vicende interne.
Espressione di un condizionamento e di un vincolo esercitato dalle norme del diritto comunitario.
Questa pronuncia, oltre a produrre un effetto pratico sulla legislazione penitenziaria e sul codice di procedura penale, con la presa d’atto della emergenza carceri, ha avuto a anche un effetto, di natura sociologica, sull’opinione pubblica.
Si è passati da una fase in cui si inneggiava al carcere come rimedio, una situazione di eccessivo giustizialismo, ad una nuova epoca, in cui vi sono dei timidi accenni ad una maggiore comprensione, con la presa di coscienza che il carcere non è la soluzione.
Pure perché le condizioni attuali sono quelle descritte dai numeri della popolazione carceraria, dati allarmanti, che diventavano ancor più preoccupanti se si verifica quale è la percentuale di soggetti tossicodipendenti, se si accerta il numero degli stranieri, ci si rende conto che "solo il carcere" non può essere la soluzione.
Poi vi sono le condizioni dei casi specifici: carcere di S. Maria C.V., Carcere di Secondigliano e Poggioreale, solo per citare degli esempi.
Presso la struttura penitenziaria di S. Maria C.V. ogni anno, d’estate, si ripropone il problema della mancanza di acqua.
I detenuti di Secondigliano, di recente, hanno stilato un documento dove mettono in evidenza una serie di aspetti negativi, come ad esempio il vitto scadente, le problematiche legate ai colloqui con i familiari.
La situazione di Poggioreale pure è nota ed è stata portata alla ribalta mediante dossier dei giornali.
***
La sentenza "Torreggiani" (Corte Europea dei diritti dell’Uomo - Cedu 08/01/2013)
La pronuncia in questione ha origine dalla presentazione di 7 ricorsi da parte di altrettanti detenuti contro l’Italia ai sensi dell’art. 34 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.
Le condizioni denunciate riguardavano lo spazio personale nelle celle pari a 3 metri quadri, la mancanza di acqua, di luce.
Tra i ricorsi portati all’attenzione della CEDU vi era anche il caso di un detenuto che si era visto riconoscere dal Magistrato di Sorveglianza di Lecce il risarcimento. Provvedimento anomalo, ma confermato dalla Corte di Cassazione Penale, poiché il ricorso della Procura della Repubblica era stato dichiarato inammissibile, in quanto depositato fuori termine.
Nella sentenza "Torreggiani" si prende atto che in Italia c’era e c’è una situazione emergenziale, perché lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri nel gennaio 2010 lo aveva decretato.
C’era stato un "Piano Carceri" cioè una ipotesi progettuale per la costruzione di nuove strutture.
Sempre nel 2010 vi era stata la prima legge c.d. "Sfolla Carceri" la n° 199/10.
Queste norme consentivano di espiare una pena detentiva, anche se parte residua di maggior pena, non superiore a 12 mesi presso il domicilio.
Una norma dal carattere transitorio, legata alla emergenza carceri, che avrebbe dovuto avere termine nel 2013.
Con il D.L. 211/11 il termine viene innalzato a 18 mesi.
La sentenza "Torreggiani" detta le linee al nostro paese, sotto forma di raccomandazioni, da seguire per incidere sul sistema normativo e cercare di ridurre il fenomeno del sovraffollamento.
Un primo passo per la CEDU dovrebbe essere la riduzione del ricorso alla custodia cautelare.
Per altro già nel 2005 la CEDU aveva sanzionato, nella causa Sardinas vs Italia, il nostro Paese per la eccessiva durata della custodia cautelare.
La CEDU richiama la necessità di applicare un sistema di misure alternative che sia concreto e dunque effettivo.
Descrive, poi, quelle che dovrebbero essere le condizioni del carcere richiamando implicitamente degli interventi strutturali per far si che ogni cella sia occupata dal singolo detenuto, separazione tra detenuti in custodia cautelare e definitivi, distinzione tra giovani ed anziani.
Una serie di misure, dunque, da attuare entro un anno, ipotizzando anche il rimedio risarcitorio.
Sappiamo che l’Europa per il momento non ha applicato le preannunciate pesanti sanzioni, tenendo la nostra nazione ancora sotto osservazione.
Prima di giungere alla previsione del rimedio risarcitorio, ci sono stati una serie di interventi che hanno contribuito a far diminuire la popolazione carceraria.
A parte l’indulto del 2006 che è stato una misura temporanea e non ha contribuito a risolvere il problema ma per certi versi lo ha aggravato, il primo provvedimento teso a ridurre la popolazione carceraria è stato lo "svuota carceri", cioè la legge 199/10 che prevedeva la possibilità di una detenzione domiciliare per chi avesse da scontare una pena non superiore ai 12 mesi.
Previsione riferita pure ai soggetti tossicodipendenti per la espiazione presso strutture per il recupero.
Con il Decreto Legge n°211/11 il limite di pena è stato innalzato a 18 mesi.
Questo provvedimento legislativo ha introdotto anche la possibilità in caso di arresto in flagranza e successivo giudizio per direttissima di tenere l’arrestato a disposizione del Pm e quindi del Giudice presso la caserma, evitando il passaggio per il carcere, con una detenzione di 10 giorni.
Nel 2013, con il DL n° 78, abbiamo avuto il "decreto carceri" (conv. in legge 94/13) che prevede l’applicazione della liberazione anticipata calcolata in anticipo, cioè in sede di emissione dell’ordine di carcerazione.
Sono stati ampliati anche i casi di lavoro di pubblica utilità.
Sempre nel 2013, abbiamo avuto il D.L. n° 146/13, c.d. "svuota carceri", con l’introduzione di modifiche al sistema delle misura alternative e la previsione della liberazione anticipata speciale, con uno sconto di pena di 75 giorni per ogni semestre espiato.
Previsto anche un meccanismo di tutela maggiore per il detenuto, con l’art. 35 bis legge n° 354/75, per ottenere provvedimenti che riguardano proprio le condizioni delle detenzioni.
Un aiuto è giunto anche dalla Corte Costituzionale, con le dichiarazioni di illegittimità che hanno riguardato la recidiva, la obbligatorietà delle misure della custodia cautelare in carcere.
Così come un importante contributo è giunto dalla Corte Costituzionale con la sentenza (n°32/14) che ha dichiarato incostituzionale la legge "Fini-Giovanardi", reintroducendo la distinzione tra droghe leggeri e droghe pesanti.
Importante è stata anche la vicenda legislativa che ha riguardato il V comma dell’art. 73 del DPR 309/90 in materia di spaccio di droghe per fatti di lieve entità.
Il D.L. 143/2013 lo ha reso reato autonomo mentre la legge n° 79/14 ha ridotto il trattamento sanzionatorio con impossibilità di applicare il carcere in questi casi.
La riforma della custodia cautelare, la legge n° 67/14 in materia di messa alla prova, l’estensione generalizzata del braccialetto elettronico per gli arresti domiciliari, la delega al Governo per la depenalizzazione ed un nuovo sistema delle pene sono finalizzati al raggiungimento della riduzione del sovraffollamento.
Il decreto legge N° 92/14 ha introdotto delle disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea Per La Salvaguardia Dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
A tal fine è stata introdotta la possibilità di ottenere un risarcimento pari ad euro 8,00 per ogni giorno di detenzione.
Tutti coloro che hanno subito un periodo di carcerazione, sia a titolo di custodia cautelare sia per espiazione pena definitiva, possono ottenere questo risarcimento.
Il decreto in questione, però, presenta dei punti pochi chiari.
La prima osservazione è quella relativa alla procedura da seguire. Vale a dire il detenuto o l’internato deve prima presentare reclamo ai sensi dell’art. 35 bis della legge n° 354/1975 al Magistrato di Sorveglianza per far accertare l’inosservanza delle condizioni "umane" del carcere, oppure l’istanza va presentata direttamente al magistrato di sorveglianza per chiedere la liberazione anticipata o il rimedio risarcitorio?
Pure perché il problema più ampio è quello relativo all’accertamento.
Vale a dire per il sol fatto che un soggetto è detenuto o è stato detenuto in un carcere italiano, in virtù della sentenza c.d. "Torreggiani" sta subendo o ha subito un trattamento contrario alla Convezione Europea oppure occorre fornire le prove?
Questa premessa iniziale è fondamentale.
Nel caso di soggetto detenuto, se l’istanza deve essere arricchita di taluni particolari, per dimostrare di aver diritto alla liberazione anticipata o al risarcimento, l’aspetto pratico è di facile soluzione. In quanto fino a quando si è detenuti il riscontro è facile.
Basta acquisire, da parte del Magistrato di Sorveglianza, presso la direzione del carcere i dati necessari.
Di contro, ciò comporta un lavoro di istruttoria per il magistrato di sorveglianza enorme.
Le componenti che determinano una carcerazione "inumana" non sono solo il sovraffollamento, ma anche i metri quadrati a disposizione, l’acqua e tanti altri aspetti. Per cui sarebbe stato opportuno specificare, in via preliminare, come si determina se c’è stata la violazione. Se, dunque, è onere della parte richiedente allegare le ragioni della domanda o sarà compito del Magistrato verificarlo.
Ed ancora: a monte deve esservi un reclamo ai sensi dell’art. 35 bis O.P. oppure si può presentare direttamente l’istanza?
La questione diviene ancora più complicata per i soggetti che, alla data di entrata in vigore del D.L., sono liberi e quindi hanno già sofferto il carcere.
In questo caso bisognerà dimostrare di essere stati detenuti e basta oppure bisognerà dimostrare di aver subito, in concreto, una carcerazione inumana?
Il tutto poi è legato ad un termine, di 6 mesi, entro cui proporre la domanda.
Il rischio è quello di avere elaborato un provvedimento legislativo che, di fatto, non ottemperi alle indicazioni della CEDU, con il pericolo che a questa Corte vengano segnalate, nuovamente, le insufficiente dell’apparato normativo proposto.

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di Avv. Vincenzo Guida

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