Identità di generi
La Suprema Corte ha stabilito che il mutamento di sesso può essere autorizzato anche senza intervento chirurgico
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 maggio - 20 luglio 2015, n. 15138
La decisione esamina il caso di una persona trans che dopo essere stata autorizzata a un’operazione chirurgica per cambiare gli organi genitali, vi aveva poi rinunciato avendo ormai raggiunto un equilibrio psico-fisico stabile ed essendo stata socialmente accettata come donna da molto tempo.
L’iter di ridefinizione della propria identità sessuale, ad oggi, si otteneva dopo aver effettuato un intervento chirurgico di ablazione.
Tuttavia, di per sé, l’obbligo di modificazione dei caratteri sessuali primari, costituisce una grave limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere.
In vero, al fine di identificare una persona come femmina o maschio, come afferma in un recente provvedimento il Tribunale di Trento (ordinanza del 9 agosto 2014) «non si procede ad un esame dei suoi organi genitali -atto che costituirebbe una grave intromissione nella vita privata della persona- bensì dei suoi documenti». Subordinare il diritto di scegliere la propria identità sessuale alla modificazione dei propri caratteri sessuali primari finisce col pregiudicare irreparabilmente l’esercizio del diritto stesso, vanificandolo integralmente.
Anche alcuni tribunali di merito, hanno, optato in favore del diritto delle persone di ottenere la variazione dei dati anagrafici dopo che siano stati intrapresi solo dei percorsi terapeutici di tipo ormonale per realizzare un adeguamento dell’aspetto fisico all’identità percepita, senza interventi chirurgici di sterilizzazione (cfr. Tribunale di Roma 11/03/2011 n. 5896; Tribunale di Roma 18/10/1997; Tribunale di Siena 12/06/2013 n. 412; Tribunale di Rovereto 2/05/2013, Tribunale di Messina 4/11/2014; Tribunale di Genova 5/03/2015, Corte d’appello di Napoli 15/03/2015).
Sostanzialmente, secondo tali sentenze "dalla lettera della legge non si ricava immediatamente quali debbano essere i caratteri sessuali da modificare, potendosi ritenere sufficiente anche una modifica dei caratteri sessuali secondari". Da ciò ne consegue che il trattamento medico-chirurgico andrebbe effettuato solo quando risulti necessario per assicurare un equilibrio psico-fisico stabile della persona, non dovendosi considerare obbligatorio.
D’altro canto, sono i caratteri sessuali secondari l’elemento necessario alla rettificazione anagrafica, poiché visibili e sulla cui base vengono differenziate le persone tra maschi e femmine.
Da ultimo, si evidenzia altresì come sia sempre più diffusa l’opinione che il sesso e il genere non possano essere definiti solo dalle caratteristiche sessuali e fisiche. L’identità di genere è costituita non solo dai caratteri sessuali, ma anche da elementi psichici e psicologici che contribuiscono a formare le identità personali.
Negli ultimi venti anni si è, infatti, avuto - a livello europeo - un progressivo sviluppo della scienza medica e degli approdi della psicologia e della psichiatria, parallelo alla crescita della cultura dei diritti delle persone, alle libertà individuali e relazionali che compongono la vita privata e familiare.
Tale movimento ha influenzato l'emersione e il riconoscimento dei diritti delle persone transessuali, alle quali è stato possibile, diversamente che in passato, poter far scegliere il percorso medico-psicologico più coerente con il personale processo di mutamento dell'identità di genere.
Il momento conclusivo di tale percorso è individuale e certamente non standardizzabile, attenendo alla sfera più esclusiva della personalità.
La complessità del percorso (una pluralità di presidi medici: terapie ormonali trattamenti estetici e psicologici) mette in luce l'appartenenza del diritto in questione al nucleo costitutivo dello sviluppo della personalità individuale e sociale, in modo da consentire un adeguato bilanciamento con l'interesse pubblico alla certezza delle relazioni giuridiche.
Secondo la sentenza in oggetto, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non postula l’esigenza dell’intervento chirurgico, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale.
In conclusione, l’auspicio è che questa interessante sentenza della Cassazione, divenga punto di riferimento per tutti gli studiosi e operatori del diritto in una realtà sociale in continuo mutamento.
La decisione esamina il caso di una persona trans che dopo essere stata autorizzata a un’operazione chirurgica per cambiare gli organi genitali, vi aveva poi rinunciato avendo ormai raggiunto un equilibrio psico-fisico stabile ed essendo stata socialmente accettata come donna da molto tempo.
L’iter di ridefinizione della propria identità sessuale, ad oggi, si otteneva dopo aver effettuato un intervento chirurgico di ablazione.
Tuttavia, di per sé, l’obbligo di modificazione dei caratteri sessuali primari, costituisce una grave limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere.
In vero, al fine di identificare una persona come femmina o maschio, come afferma in un recente provvedimento il Tribunale di Trento (ordinanza del 9 agosto 2014) «non si procede ad un esame dei suoi organi genitali -atto che costituirebbe una grave intromissione nella vita privata della persona- bensì dei suoi documenti». Subordinare il diritto di scegliere la propria identità sessuale alla modificazione dei propri caratteri sessuali primari finisce col pregiudicare irreparabilmente l’esercizio del diritto stesso, vanificandolo integralmente.
Anche alcuni tribunali di merito, hanno, optato in favore del diritto delle persone di ottenere la variazione dei dati anagrafici dopo che siano stati intrapresi solo dei percorsi terapeutici di tipo ormonale per realizzare un adeguamento dell’aspetto fisico all’identità percepita, senza interventi chirurgici di sterilizzazione (cfr. Tribunale di Roma 11/03/2011 n. 5896; Tribunale di Roma 18/10/1997; Tribunale di Siena 12/06/2013 n. 412; Tribunale di Rovereto 2/05/2013, Tribunale di Messina 4/11/2014; Tribunale di Genova 5/03/2015, Corte d’appello di Napoli 15/03/2015).
Sostanzialmente, secondo tali sentenze "dalla lettera della legge non si ricava immediatamente quali debbano essere i caratteri sessuali da modificare, potendosi ritenere sufficiente anche una modifica dei caratteri sessuali secondari". Da ciò ne consegue che il trattamento medico-chirurgico andrebbe effettuato solo quando risulti necessario per assicurare un equilibrio psico-fisico stabile della persona, non dovendosi considerare obbligatorio.
D’altro canto, sono i caratteri sessuali secondari l’elemento necessario alla rettificazione anagrafica, poiché visibili e sulla cui base vengono differenziate le persone tra maschi e femmine.
Da ultimo, si evidenzia altresì come sia sempre più diffusa l’opinione che il sesso e il genere non possano essere definiti solo dalle caratteristiche sessuali e fisiche. L’identità di genere è costituita non solo dai caratteri sessuali, ma anche da elementi psichici e psicologici che contribuiscono a formare le identità personali.
Negli ultimi venti anni si è, infatti, avuto - a livello europeo - un progressivo sviluppo della scienza medica e degli approdi della psicologia e della psichiatria, parallelo alla crescita della cultura dei diritti delle persone, alle libertà individuali e relazionali che compongono la vita privata e familiare.
Tale movimento ha influenzato l'emersione e il riconoscimento dei diritti delle persone transessuali, alle quali è stato possibile, diversamente che in passato, poter far scegliere il percorso medico-psicologico più coerente con il personale processo di mutamento dell'identità di genere.
Il momento conclusivo di tale percorso è individuale e certamente non standardizzabile, attenendo alla sfera più esclusiva della personalità.
La complessità del percorso (una pluralità di presidi medici: terapie ormonali trattamenti estetici e psicologici) mette in luce l'appartenenza del diritto in questione al nucleo costitutivo dello sviluppo della personalità individuale e sociale, in modo da consentire un adeguato bilanciamento con l'interesse pubblico alla certezza delle relazioni giuridiche.
Secondo la sentenza in oggetto, l'acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non postula l’esigenza dell’intervento chirurgico, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale.
In conclusione, l’auspicio è che questa interessante sentenza della Cassazione, divenga punto di riferimento per tutti gli studiosi e operatori del diritto in una realtà sociale in continuo mutamento.
Articolo del: