II PARTE - Perchè rivolgersi allo psicologo


Il concetto di funzionalità psicologica
II PARTE - Perchè rivolgersi allo psicologo
Abbiamo tracciato una linea divisoria fra il dato genetico e le acquisizioni derivate dal contatto con l'ambiente esterno, ossia con quel particolare spicchio di mondo, si potrebbe dire, che il lattante e, successivamente, bambino e ragazzo incontra nella realtà. Gli esempi che si possono fornire sono innumerevoli.
Se è inoppugnabile che il cervello umano abbia le sue leggi evolutive preordinate (pensiamo alle varie funzioni quali il succhiare, il mordere, l’afferrare, il gattonare, il deambulare in posizione eretta ecc.), è altrettanto vero che la dotazione genetica non è sufficiente a svilupparsi, se non è sostenuta dagli stimoli dell’ambiente, con cui deve interagire. Oggi non mancano bambini mentalmente ritardati, incapaci di camminare da soli, che non sanno regolare il funzionamento degli sfinteri, perfino non riescono a mangiare da soli. La parola si sviluppa tardi e in modo incompleto, perché è mancato l’appoggio sostanziale delle cure materne. Se poi ci riferiamo ad alcuni casi estremi, come quelli eccezionali, ma accertati di bambini cresciuti in una comunità animale (i bambini-lupo), sappiamo che non erano in grado di camminare eretti e non parlavano. Emettevano ululati e sgambettavano a quattro zampe. Anche quando erano accolti dalla comunità umana, non riuscivano più ad apprendere funzioni che non erano state attivate al momento giusto. Non si dimentichi il film di François Truffaut, intitolato Il ragazzo selvaggio (1969), ispirato a un caso vero: alcuni cacciatori trovano nei boschi della Francia del XIX sec. un bambino sporco e quasi nudo, che non sa parlare né comunicare; un medico si dedica ostinatamente al reinserimento del ragazzino nelle società.
Perché parliamo di questi episodi? Perché lo psicologo, valutando i dati ambientali, capisce quanto profondamente la persona che ha davanti a sé sia stata modellata nella sua età evolutiva. Lo psicologo non si occupa della componente genetica, ma di quella fortuita e contingente, definibile anche come antropologica e culturale, si occupa cioè degli input che casualmente o fatalmente hanno cooperato a dare una determinata direttrice al modo di pensare e di agire di quella persona che gli si presenta per una consulenza. Si tratta di un dato che può essere estratto dalla mente dell’interessato e che, rimodellato e cambiato di segno, potrà permettere il cosiddetto mutamento, che consiste nell’eliminazione del sintomo disturbante.
Lo psicologo analizza la storia di quell’adulto, ripercorrendone l’iter antecedente. Il bambino che elabora in modo alterato o angosciato la realtà esterna subisce un distorcimento della sua personalità, sviluppando difese abnormi che minano le potenzialità del soggetto nei più svariati modi. Il piccolo diventerà un adulto in difficoltà. Lo psicologo lavora su queste difficoltà prodotte dall’ambiente, nonché sulle lacune e sui distorcimenti. Come? Lo vedremo nelle prossime puntate.
Miranda Barisone

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