Il bambino che sta da solo
Le diverse forme del ritiro sociale come manifestazione di diversi bisogni e necessità del bambino
Quando si parla di ritiro sociale nell'infanzia, l'immagine che ci viene in mente è quella di un bambino che se ne sta in disparte, lontano dagli altri. Negli adulti, genitori o insegnanti, tale immagine tende spesso a suscitare emozioni di dispiacere e un bisogno di fare qualcosa. Tuttavia il ritiro sociale, che si caratterizza proprio per la messa in atto di comportamenti solitari, rappresenta un ampio concetto che comprende bisogni, motivazioni ed esiti evolutivi differenti.
Alcuni bambini infatti amano giocare per conto proprio, impegnandosi in attività costruttive, come comporre puzzle, fare costruzioni o sfogliare un libro e hanno uno scarso interesse verso i loro compagni. Il loro comportamento può essere definito come comportamento solitario passivo. Nella prima infanzia questi bambini sanno regolare adeguatamente i loro stati emotivi e, se necessario, sanno stare con gli altri. Sono bambini che mostrano, con le parole di Winnicott (1965), la "capacità di stare da solo", che si permettono, cioè, di stare con se stessi anche in presenza di altri. Una capacità che richiede un certo livello di sicurezza interiore, nonché il raggiungimento di adeguate competenze emotive, sociali e cognitive.
Tuttavia, durante gli anni della scuola elementare il loro comportamento inizia ad essere giudicato in modo negativo dai compagni di classe, poiché esso non si adatta allo standard richiesto da un contesto di gruppo. E' qui che, in presenza di ripetute esperienze di rifiuto, questi bambini possono arrivare a sperimentare sentimenti di insicurezza e sviluppare percezioni di sé negative. La condizione di rischio per questi bambini appare quindi maggiormente legata all'esterno, a quello che ricevono dai pari e alle interpretazioni che vivono da parte degli adulti che, spesso, riflettono preoccupazioni e critiche più o meno velate.
Altri bambini mostrano quello che viene definito comportamento solitario attivo. Sono bambini che spesso vengono giudicati come "difficili", "rumorosi", "irrequieti", e stanno da soli, impegnati in giochi turbolenti e chiassosi, perché non hanno le capacità di stare con gli altri. Per esempio, hanno difficoltà a rispettare i turni, i tempi e gli spazi che lo stare in un gruppo richiede. Il loro comportamento ritirato sarebbe quindi il risultato dell'esclusione e dell'allontanamento che gli altri riservano loro, perché la loro presenza rende difficile il giocare insieme e disturba il clima del gruppo. I bambini solitari attivi hanno scarse capacità socio-cognitive e tendono a sviluppare sentimenti di rifiuto e di solitudine.
Un'altra forma di comportamento ritirato è il comportamento reticente. Questo è tipico del bambino che non riesce a gestire le sue emozioni e appare eccessivamente cauto e prudente. Le situazioni nuove, o sociali, generano ansia e benché abbia voglia di unirsi agli altri non riesce a trovare una modalità per farlo. Asendorpf (1990) parla a questo proposito di un conflitto approccio-fuga, in cui il desiderio di interazione viene bloccato dall'ansia sperimentata che porta il bambino reticente a rimanere a osservare gli altri al margine del gruppo. E' la forma di ritiro sociale conosciuta come timidezza, che si associa a una concezione negativa di se stessi e a forti sentimenti di disagio nelle situazioni interpersonali.
Si evince quindi come queste forme siano molto differenti l'una dall'altra e quanto sia importante comprendere la manifestazione di ritiro sociale esibita da quel bambino, perché diverse possono essere le motivazioni che lo spingono a non unirsi agli altri. Risulta altresì importante che qualsiasi strategia l'adulto senta di dover mettere in atto per favorire la partecipazione sociale davanti a condotte ritenute "strane" o "atipiche per l'età", dovrebbe sempre partire da una valutazione e un riconoscimento dei bisogni e delle necessità di quello specifico bambino.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Asendorpf, J.B. (1990). Beyond social withdrawal: Shyness, unsociability and peer avoidance. Human Development, 33, 250-259.
Lo Coco, A., Rubin, K.H., & Zappulla, C. (2008). L'isolamento sociale durante l'infanzia. Unicopli, Milano.
Rubin, K.H., & Asendorpf, J.B. (1993). Social withdrawal, inhibition and shyness in childhood. Hillsdale, NJ: Erlbaum.
Winnicott, D.W. (1965). The maturational processes and the facilitating environment. Studies in the theory of emotional development. London: Tavistok.
Alcuni bambini infatti amano giocare per conto proprio, impegnandosi in attività costruttive, come comporre puzzle, fare costruzioni o sfogliare un libro e hanno uno scarso interesse verso i loro compagni. Il loro comportamento può essere definito come comportamento solitario passivo. Nella prima infanzia questi bambini sanno regolare adeguatamente i loro stati emotivi e, se necessario, sanno stare con gli altri. Sono bambini che mostrano, con le parole di Winnicott (1965), la "capacità di stare da solo", che si permettono, cioè, di stare con se stessi anche in presenza di altri. Una capacità che richiede un certo livello di sicurezza interiore, nonché il raggiungimento di adeguate competenze emotive, sociali e cognitive.
Tuttavia, durante gli anni della scuola elementare il loro comportamento inizia ad essere giudicato in modo negativo dai compagni di classe, poiché esso non si adatta allo standard richiesto da un contesto di gruppo. E' qui che, in presenza di ripetute esperienze di rifiuto, questi bambini possono arrivare a sperimentare sentimenti di insicurezza e sviluppare percezioni di sé negative. La condizione di rischio per questi bambini appare quindi maggiormente legata all'esterno, a quello che ricevono dai pari e alle interpretazioni che vivono da parte degli adulti che, spesso, riflettono preoccupazioni e critiche più o meno velate.
Altri bambini mostrano quello che viene definito comportamento solitario attivo. Sono bambini che spesso vengono giudicati come "difficili", "rumorosi", "irrequieti", e stanno da soli, impegnati in giochi turbolenti e chiassosi, perché non hanno le capacità di stare con gli altri. Per esempio, hanno difficoltà a rispettare i turni, i tempi e gli spazi che lo stare in un gruppo richiede. Il loro comportamento ritirato sarebbe quindi il risultato dell'esclusione e dell'allontanamento che gli altri riservano loro, perché la loro presenza rende difficile il giocare insieme e disturba il clima del gruppo. I bambini solitari attivi hanno scarse capacità socio-cognitive e tendono a sviluppare sentimenti di rifiuto e di solitudine.
Un'altra forma di comportamento ritirato è il comportamento reticente. Questo è tipico del bambino che non riesce a gestire le sue emozioni e appare eccessivamente cauto e prudente. Le situazioni nuove, o sociali, generano ansia e benché abbia voglia di unirsi agli altri non riesce a trovare una modalità per farlo. Asendorpf (1990) parla a questo proposito di un conflitto approccio-fuga, in cui il desiderio di interazione viene bloccato dall'ansia sperimentata che porta il bambino reticente a rimanere a osservare gli altri al margine del gruppo. E' la forma di ritiro sociale conosciuta come timidezza, che si associa a una concezione negativa di se stessi e a forti sentimenti di disagio nelle situazioni interpersonali.
Si evince quindi come queste forme siano molto differenti l'una dall'altra e quanto sia importante comprendere la manifestazione di ritiro sociale esibita da quel bambino, perché diverse possono essere le motivazioni che lo spingono a non unirsi agli altri. Risulta altresì importante che qualsiasi strategia l'adulto senta di dover mettere in atto per favorire la partecipazione sociale davanti a condotte ritenute "strane" o "atipiche per l'età", dovrebbe sempre partire da una valutazione e un riconoscimento dei bisogni e delle necessità di quello specifico bambino.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Asendorpf, J.B. (1990). Beyond social withdrawal: Shyness, unsociability and peer avoidance. Human Development, 33, 250-259.
Lo Coco, A., Rubin, K.H., & Zappulla, C. (2008). L'isolamento sociale durante l'infanzia. Unicopli, Milano.
Rubin, K.H., & Asendorpf, J.B. (1993). Social withdrawal, inhibition and shyness in childhood. Hillsdale, NJ: Erlbaum.
Winnicott, D.W. (1965). The maturational processes and the facilitating environment. Studies in the theory of emotional development. London: Tavistok.
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