Il big bang dello sviluppo e della finanza sostenibile


1987: Gro Harlem Brundtland, presidente della Commissione Mondiale sull’Ambiente e sullo Sviluppo dell'ONU presenta un rapporto intitolato “Our common future"
Il big bang dello sviluppo e della finanza sostenibile

«Lo sviluppo sostenibile è quello che consente di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».

Con questa definizione la Commissione Mondiale ha posto la pietra miliare alla nuova era “green”, e come nella teoria del Big Bang, da quel punto l’universo “sostenibile” ha cominciato ad espandersi.

Nel rapporto Brundtland non si parla di ambiente, si parla di benessere delle persone; del benessere presente e di quello futuro. Va da sé che la responsabilità nei confronti delle generazioni future implica il mantenimento delle risorse e l’equilibrio ambientale del nostro pianeta.

Scorrendo tra le righe del rapporto si legge anche: “Lo sviluppo sostenibile è un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.

In questa frase ritroviamo tutti gli attori del cambiamento. La popolazione, le imprese, il sistema finanziario e le istituzioni.

Tre le grandi sfide che questi attori sono chiamati a cogliere il rapporto Brundtland evidenzia:

1.    Le preoccupazioni comuni verso uno sviluppo sostenibile ed il ruolo dell’economia internazionale;

2.    Le sfide collettive che riguardano la popolazione, le risorse e l’ambiente;

3.    Gli sforzi comuni da compiere verso uno sviluppo ambientale, sicuro e di pace.

Nel 1989, l’Assemblea generale dell’ONU, dopo aver discusso il rapporto, decide di organizzare una Conferenza delle Nazioni Unite su AMBIENTE E SVILUPPO.

Bisognerà però attendere fino al 25 settembre del 2015, per vedere formalmente adottata, con il supporto di 193 Paesi, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

In quindici anni, i traguardi a cui tende l’ambizioso piano coinvolgono la natura economica, sociale e ambientale, e rappresentano un’espressione condivisa dei bisogni e delle aspettative di una moltitudine di soggetti.

L’Agenda prevede diciassette obiettivi «Sustainable Development Goals» (SDGs) e cento sessantanove sotto-obiettivi.

È un piano rivolto a qualunque nazione, settore produttivo, organizzazione pubblica e privata e, per usare le parole dell’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon:
“La nuova agenda è una promessa dei leaders politici a tutti ovunque. È un’agenda per la gente, per porre fine alla povertà in tutte le sue forme – un’agenda per il pianeta, la nostra casa comune”.

 

L’Unione Europea è sempre stata in prima linea negli sforzi internazionali contro i cambiamenti climatici e uno dei passi più importanti che ha fatto per trasformare gli obiettivi generici dell’agenda in obiettivi specifici e quantitativi è stato la ratifica dell’Accordo di Parigi sul Clima adottato nel dicembre 2015.

Il Focus è il riscaldamento globale e gli impatti ambientali.

L’obiettivo: mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’incremento a 1,5 gradi centigradi. L’impegno, da attuarsi sul periodo 2021-2030, è una riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2030 rispetto al 1990.

L’impegno è ambizioso e nel 2017 l’Unione Europea si accorge che per adeguarsi ad un modello più sostenibile occorrono investimenti; incarica un gruppo di esperti di predisporre un pacchetto di raccomandazioni rivolte al settore finanziario per sostenere la transizione. Nel marzo 2018 la Commissione Europea adotta il suo «Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile».

L’obiettivo è ri-orientare le economie europee verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso una strategia di collegamento con la finanza. Usando le parole del Vicepresidente Frans Timmermans: “Le nostre proposte consentiranno agli investitori e ai singoli cittadini di effettuare una scelta chiara, di modo che il loro denaro sia utilizzato in maniera più responsabile e a beneficio della sostenibilità”.

Tra le azioni proposte in questo piano, oltre alla creazione di marchi UE per i prodotti finanziari verdi, c’è un punto preciso che consiste nelle imporre alle imprese di assicurazione e di investimento di consigliare i clienti in base alle loro preferenze in materia di sostenibilità.

In occasione della sua nomina come Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen nel 2019 ha presentato il «Green Deal Europeo» dove la sostenibilità e il benessere dei cittadini vengono messi al centro della politica economica dell’Unione Europea, come scelta strategica per rendere attuabili gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite formulati nell’Agenda 2030. Nel documento ripetutamente si indica l’intenzione a far sì che si tratti di una transizione «giusta» ovvero che non lasci indietro nessuno, che sia equa ed inclusiva.

Lo sviluppo sostenibile si è, quindi, espanso infiltrandosi in ogni aspetto della nostra realtà e la finanza sostenibile non è quindi solo una moda, ma un propulsore verso il cambiamento a cui tutti siamo chiamati a partecipare per vincere la sfida che ci è stata posta nel 1987: «soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri».

 

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di Dr. Maruska Artusi

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