Il Binge Drinking causa danni ai neuroni e al DNA.
Gravi conseguenze alle funzioni cognitive, alla struttura delle membrane cellulari e all'addensamento della cromatina nel DNA nei bevitori compulsivi.
Il "Binge Drinking" è l’abbuffata alcolica con la quale un soggetto ingerisce velocemente una grande quantità di bevande alcoliche fuori dai pasti, fino a sentire l’effetto desiderato: euforia, maggior sicurezza, stordimento ed appiattimento di ogni pensiero e preoccupazione. È un fenomeno diverso dall’alcool dipendenza intesa in senso classico. Può sicuramente tramutarsi in dipendenza, ma può esser un fenomeno ricreazionale e del fine settimana per un lungo periodo di tempo. Non per questo è esente da gravi danni fisici e rischi sociali, dovuti al discontrollo degli impulsi causato dall'euforia alcoolica.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel "Rapporto Globale su alcol e salute 2014″ dichiara che i "binge drinkers" rappresentano complessivamente il 6,3% della popolazione adolescenziale, con un rapporto 5:1 tra maschi e femmine. Il binge drinking è un fenomeno consolidato tra i maschi di 18-24 anni, mentre una riduzione si registra tra le donne di qualsiasi età e tra gli uomini nella fascia d’età over 45.
Quali sono, dunque, le conseguenze fisiche sul cervello nei soggetti che praticano "binge drinking"in adolescenza e prima età adulta?
Il cervello subisce significativi cambiamenti strutturali e funzionali tra infanzia e l'adolescenza, con la maturazione che inizia nella prima età adulta (Pfefferbaum et al., 1994). Tratti di fibre di sostanza bianca continuano a svilupparsi fino ai 24-25 anni per consentire la comunicazione più efficiente e rapida tra varie regioni cerebrali. Quest’ultime sono specialmente aree del cervello associate a funzioni cognitive di ordine superiore, quali le regioni frontali e pre-frontali che regolano l’attenzione, il controllo e l’inibizione degli impulsi, nonché la pianificazione delle azioni e le zone subcorticali correlate alle emozioni e il ricordo emotivo degli eventi, specialmente l'ippocampo (Sowell et al, 1999, 2004; Shaw et al., 2008; Giedd e Rapoport, 2010; Lebel et al, 2012).
Di fronte ad uno sviluppo cerebrale che non si è ancora concluso, possiamo immaginare come grandi dosi di etanolo possano compromettere il consolidamento di importanti connessioni tra gli impulsi e la capacità di controllarli. Infatti, gli esperimenti sugli animali hanno dimostrato che grandi quantità di alcool sono in grado di produrre neurodegenerazione necrotica nelle aree del cervello più strettamente legate l'ippocampo e una diminuita attività dei neuroni nella zona prefrontale in base alla quantità di etanolo iniettata (Journal of Neuroscience, Tu, Y et al. 2007).
Ciò avviene perché il rilascio di glutammato nell’ippocampo (neurotrasmettitore eccitatorio, che assieme alla dopamina causa la fase di esaltazione e euforia) è seguita dal rilascio di neurotrasmissione GABA-ergica (una neurotrasmissione inibitoria-depressiva per il Sistema Nervoso Centrale). Più aumenta l’attività inibitoria delle funzioni nervose, più si riducono le capacità di memoria a breve termine e apprendimento visuo-spaziale con conseguente disorientamento (Argenti et al., 2003).
Un recentissimo studio comparativo, condotto da Adela Rendón e collaboratori nel 2015, tra un gruppo di ragazzi messicani che praticavano "binge drinking" e ragazzi non bevitori o bevitori moderati, ha mostrato che i binge drinkers presentano danni ossidativi doppi alle membrane cellulari rispetto all’altro gruppo. Un ultimo dato riguarda l'analisi del materiale genetico presente nelle cellule linfocitarie del sangue dei soggetti che praticavano binge drinking, i quali presentano cellule danneggiate in misura 5:1, se confrontati ai bevitori moderati. Bere in maniera compulsiva per lunghi periodi di tempo, può danneggiare irreversibilmente il DNA, comportando danni alle cellule del fegato, del cervello, dello stomaco e dell’intestino, come già osservato negli alcolisti di lunga data.
Considerando le gravi conseguenze bio-psico-sociali del Binge Drinking, e l'elevata sensibilità all'alcool della popolazione giovanile, non possiamo non augurarci che queste straordinarie ricerche portino a nuove strategie terapeutiche per coloro che abusano di alcool e un approccio sempre più mirato e in linea con le nuove tendenze per le famiglie di adolescenti e giovani adulti con questo grave disturbo comportamentale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel "Rapporto Globale su alcol e salute 2014″ dichiara che i "binge drinkers" rappresentano complessivamente il 6,3% della popolazione adolescenziale, con un rapporto 5:1 tra maschi e femmine. Il binge drinking è un fenomeno consolidato tra i maschi di 18-24 anni, mentre una riduzione si registra tra le donne di qualsiasi età e tra gli uomini nella fascia d’età over 45.
Quali sono, dunque, le conseguenze fisiche sul cervello nei soggetti che praticano "binge drinking"in adolescenza e prima età adulta?
Il cervello subisce significativi cambiamenti strutturali e funzionali tra infanzia e l'adolescenza, con la maturazione che inizia nella prima età adulta (Pfefferbaum et al., 1994). Tratti di fibre di sostanza bianca continuano a svilupparsi fino ai 24-25 anni per consentire la comunicazione più efficiente e rapida tra varie regioni cerebrali. Quest’ultime sono specialmente aree del cervello associate a funzioni cognitive di ordine superiore, quali le regioni frontali e pre-frontali che regolano l’attenzione, il controllo e l’inibizione degli impulsi, nonché la pianificazione delle azioni e le zone subcorticali correlate alle emozioni e il ricordo emotivo degli eventi, specialmente l'ippocampo (Sowell et al, 1999, 2004; Shaw et al., 2008; Giedd e Rapoport, 2010; Lebel et al, 2012).
Di fronte ad uno sviluppo cerebrale che non si è ancora concluso, possiamo immaginare come grandi dosi di etanolo possano compromettere il consolidamento di importanti connessioni tra gli impulsi e la capacità di controllarli. Infatti, gli esperimenti sugli animali hanno dimostrato che grandi quantità di alcool sono in grado di produrre neurodegenerazione necrotica nelle aree del cervello più strettamente legate l'ippocampo e una diminuita attività dei neuroni nella zona prefrontale in base alla quantità di etanolo iniettata (Journal of Neuroscience, Tu, Y et al. 2007).
Ciò avviene perché il rilascio di glutammato nell’ippocampo (neurotrasmettitore eccitatorio, che assieme alla dopamina causa la fase di esaltazione e euforia) è seguita dal rilascio di neurotrasmissione GABA-ergica (una neurotrasmissione inibitoria-depressiva per il Sistema Nervoso Centrale). Più aumenta l’attività inibitoria delle funzioni nervose, più si riducono le capacità di memoria a breve termine e apprendimento visuo-spaziale con conseguente disorientamento (Argenti et al., 2003).
Un recentissimo studio comparativo, condotto da Adela Rendón e collaboratori nel 2015, tra un gruppo di ragazzi messicani che praticavano "binge drinking" e ragazzi non bevitori o bevitori moderati, ha mostrato che i binge drinkers presentano danni ossidativi doppi alle membrane cellulari rispetto all’altro gruppo. Un ultimo dato riguarda l'analisi del materiale genetico presente nelle cellule linfocitarie del sangue dei soggetti che praticavano binge drinking, i quali presentano cellule danneggiate in misura 5:1, se confrontati ai bevitori moderati. Bere in maniera compulsiva per lunghi periodi di tempo, può danneggiare irreversibilmente il DNA, comportando danni alle cellule del fegato, del cervello, dello stomaco e dell’intestino, come già osservato negli alcolisti di lunga data.
Considerando le gravi conseguenze bio-psico-sociali del Binge Drinking, e l'elevata sensibilità all'alcool della popolazione giovanile, non possiamo non augurarci che queste straordinarie ricerche portino a nuove strategie terapeutiche per coloro che abusano di alcool e un approccio sempre più mirato e in linea con le nuove tendenze per le famiglie di adolescenti e giovani adulti con questo grave disturbo comportamentale.
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