Il cartello anticoncorrenziale sull'acquisto auto tra il 2003 e il 2017
Avete acquistato un autoveicolo nuovo o usato mediante un finanziamento stipulato nel periodo compreso tra l’anno 2003 e il 2017? Potreste avere diritto a un rimborso e/o a un risarcimento.
Con provvedimento del 9 gennaio 2019, assunto in esito dell’adunanza del 20 dicembre 2018, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato le principali case automobilistiche e le finanziarie ad esse collegate, poiché ha accertato che queste, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2017, avrebbero di fatto realizzato un “cartello” occulto.
Scopo accertato del cartello, oltreché suo concreto effetto, secondo l’Autorità Garante, sarebbe stato quello di restringere lo spazio di concorrenza relativamente al mercato del credito, finalizzato all’acquisto di autoveicoli, così cagionando un evidente danno a carico dei soggetti acquirenti/finanziati.
Secondo l’Autorità Garante, nello specifico, l’intesa illegittima “si è realizzata attraverso un pervasivo e regolare scambio di informazioni, bilaterale e multilaterale, anche in sede associativa, avente a oggetto le politiche commerciali delle Parti relative alle condizioni economiche e contrattuali applicate ai concessionari e ai consumatori finali, quali, ad esempio, il tasso base, il TAN, il TAEG, le spese applicate agli acquirenti nonché i volumi dei prodotti finanziari collocati, tramite contatti bilaterali e multilaterali”.
Chi ha realizzato il cartello?
L’Autorità Garante ha accertato la responsabilità o comunque il coinvolgimento nell’illegittima condotta restrittiva della concorrenza sia a carico delle case automobilistiche, sia a carico delle cosiddette captive bank, ovvero le finanziarie che supportano principalmente l’acquisto di veicoli del rispettivo “brand partner” o casa automobilistica.
Tra le case automobilistiche coinvolte figurano BMW AG, Daimler AG, FCA Italy S.p.A. (Fiat), Ford Motor Company, General Motors Company, Renault, Toyota Motor Corporation, Volkswagen AG.
Le società finanziarie che hanno erogato i finanziamenti sono: Banca PSA Italia S.p.A., Banque PSA Finance S.A., Santander Consumer Bank S.p.A., BMW BankGmbH, Mercedes Benz Financial Services Italia S.p.A., FCA Bank S.p.A., CA Consumer Finance S.A., FCE BankPlc., General Motor Financial Italia S.p.A., RCI Banque S.A., Toyota Financial Services Plc., Volkswagen BankGmbH.
Quali sono le norme violate?
Tra le norme violate rileva anzitutto l’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, secondo cui “sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno”.
Anche la normativa interna, in accordo alle fondamentali disposizioni di derivazione comunitaria, sanziona le condotte anticoncorrenziali. In particolare l’art. 2 l. 287/1990 (Legge Antitrust), stabilisce che “sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”.
Quali conseguenze derivano dalla violazione delle norme? Come possono agire i soggetti danneggiati?
Il punto di partenza, a parere dello scrivente, è rappresentato dall’effetto di nullità sancito da tutte le norme di riferimento.
Sia l’art. 101 TFUE che l’art. 2 ult.co. Legge Antitrust stabiliscono, infatti, che le intese vietate sono nulle “di pieno diritto” e “ad ogni effetto”.
A parere di chi scrive deve ragionevolmente sostenersi che il pieno effetto di nullità del cartello “a monte” possa estendersi anche ai contratti stipulati “a valle”, ossia ai contratti di finanziamento effettivamente stipulati dai soggetti che hanno acquistato in questo modo veicoli da e per mezzo di società coinvolte nella intesa anticoncorrenziale. In particolare, poiché il cartello illegittimo ha avuto ad oggetto la misura degli interessi posti a carico dei finanziati, ad essere dichiarata nulla potrà essere la relativa clausola contrattuale con i consequenziali effetti di cui all’art. 117 TUB.
L’art. 117 comma 4 TUB prevede che i contratti debbano indicare “il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora” ed al comma 6 stabilisce che “si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”.
Ed ai sensi del successivo comma 7, “in caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano (…) a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministero dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive".
In caso di riconoscimento di tale tutela, il finanziato avrà, dunque, diritto al ricalcolo del contratto con applicazione della clausola sostitutiva degli interessi legali in luogo degli interessi convenzionalmente pattuiti in contratto, con conseguente diritto alla restituzione o comunque alla non debenza delle somme in eccesso (che data la presumibilmente ampia differenza tra i due tassi potrebbero essere non indifferenti).
In ogni caso, la violazione della legge 287/1990 mediante intese restrittive della concorrenza, in quanto norma posta a presidio della tutela della correttezza del mercato, può dar luogo ad azione di risarcimento dei danni da parte dei clienti.
In senso analogo, è intervenuta la normativa comunitaria, con Direttiva 2014/104/UE recepita nell’ordinamento italiano con D.lgs. n. 3/2017, disciplinando precipuamente il diritto al risarcimento in favore di chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o di un'associazione di imprese, e stabilendo che questo sia pari al sovrapprezzo sugli oneri e costi finanziari versati da ciascuno a causa del cartello, oltre agli ulteriori interessi maturati su tali somme.
Articolo del: