Il cibo, il corpo e l’Altro
Nei disturbi alimentari - anoressia, bulimia, obesità - il cibo ed il corpo entrano in un rapporto conflittuale caratterizzato da compulsione e rifiuto
IL CIBO, IL CORPO E L’ALTRO
Il cibo e i disturbi alimentari
Il cibo è simbolicamente l’emblema del rapporto con l’altro. Presente in misura sovrabbondante, non piu’ avvertito come elemento fondamentale per la sussistenza, il cibo è diventato fattore di gratificazione o di frustrazione pulsionale nonché elemento di riconoscimento della posizione che ciascuno occupa nei suo rapporto con l’altro, individuale e sociale.
I disturbi alimentari nelle loro diverse manifestazioni di anoressia, bulimia, obesità ne sono la manifestazione.
Attraverso il cibo si manifesta il modo con il quale il soggetto vive le proprie pulsioni: gratificate nell’obesità, frustrate nell’anoressia, in rapporto conflittuale di soddisfazione e al contempo di rifiuto nella bulimia.
Senza addentrarci nello specifico di questi disturbi, è tuttavia interessante considerare quel comportamento diffuso che corre dalla normalità alla patologia e che spinge la ragazza, la casalinga o la donna o l'uomo in carriera, al di fuori di un reale bisogno, a mangiare, piu’ o meno esageratamente, piu’ o meno sregolatamente.
Qual è la ragione di tale impulso ?
Il corpo parla
La risposta risiede nel fatto che il corpo, malgrado il soggetto vorrebbe il contrario, parla. Infatti il desiderio dell’individuo sarebbe quello di governare il proprio corpo, di sottoporlo al proprio volere. Desiderio che i disagi psichici e i disturbi alimentari ne dimostrano inequivocabilmente l’illusorietà, dando scacco alla pretesa del soggetto di autoriferimento e di autodeterminazione. Il corpo sfugge a questo tentativo, soprattutto laddove la parola viene meno, perché muta o senza senso, alla sua funzione di regolatrice della dinamica pulsionale.
Il corpo campo di battaglia
Nei disturbi dell’alimentazione, soprattutto nell’anoressia, il corpo diventa campo il di battaglia della lotta che il soggetto ingaggia con le richieste dell’altro, famigliare e sociale e con l’immagine di sè che questo altro, prima, a partire dalla tenerissima età, gli ha trasmesso, e poi, dalla pubertà gliene ha chiesto conto
Il cibo e i disturbi alimentari
Il cibo è simbolicamente l’emblema del rapporto con l’altro. Presente in misura sovrabbondante, non piu’ avvertito come elemento fondamentale per la sussistenza, il cibo è diventato fattore di gratificazione o di frustrazione pulsionale nonché elemento di riconoscimento della posizione che ciascuno occupa nei suo rapporto con l’altro, individuale e sociale.
I disturbi alimentari nelle loro diverse manifestazioni di anoressia, bulimia, obesità ne sono la manifestazione.
Attraverso il cibo si manifesta il modo con il quale il soggetto vive le proprie pulsioni: gratificate nell’obesità, frustrate nell’anoressia, in rapporto conflittuale di soddisfazione e al contempo di rifiuto nella bulimia.
Senza addentrarci nello specifico di questi disturbi, è tuttavia interessante considerare quel comportamento diffuso che corre dalla normalità alla patologia e che spinge la ragazza, la casalinga o la donna o l'uomo in carriera, al di fuori di un reale bisogno, a mangiare, piu’ o meno esageratamente, piu’ o meno sregolatamente.
Qual è la ragione di tale impulso ?
Il corpo parla
La risposta risiede nel fatto che il corpo, malgrado il soggetto vorrebbe il contrario, parla. Infatti il desiderio dell’individuo sarebbe quello di governare il proprio corpo, di sottoporlo al proprio volere. Desiderio che i disagi psichici e i disturbi alimentari ne dimostrano inequivocabilmente l’illusorietà, dando scacco alla pretesa del soggetto di autoriferimento e di autodeterminazione. Il corpo sfugge a questo tentativo, soprattutto laddove la parola viene meno, perché muta o senza senso, alla sua funzione di regolatrice della dinamica pulsionale.
Il corpo campo di battaglia
Nei disturbi dell’alimentazione, soprattutto nell’anoressia, il corpo diventa campo il di battaglia della lotta che il soggetto ingaggia con le richieste dell’altro, famigliare e sociale e con l’immagine di sè che questo altro, prima, a partire dalla tenerissima età, gli ha trasmesso, e poi, dalla pubertà gliene ha chiesto conto
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