Il Coach è molto di più di un motivatore


La parola “coach” è sempre più abusata, è importante fare chiarezza su cosa è il coaching professionale
Il Coach è molto di più di un motivatore

"Ma tu cosa sei, un motivatore?"

Questa è una delle domande che mi viene rivolta più spesso.

In un contesto economico e sociale sempre più complesso e variabile, dove si delineano nuovi modelli organizzativi più orizzontali e partecipativi, il coach può essere adottato come modello di leadership al fine di migliorare la relazione con se stessi e con gli altri.

Facciamo un po' di ordine.

Motivazione deriva dal motus, termine che sta a significare un movimento (nello specifico di un soggetto verso ciò che desidera). Il motivatore, come dice il nome stesso, lavora esclusivamente sulla motivazione cercando di dare alla persona la giusta carica.

La motivazione, infatti, non è l’unica componente utile a ottimizzare la prestazione.

Secondo la definizione dell’International Coach Federation (ICF), "il coaching è una partnership con i clienti che attraverso un processo creativo stimola la riflessione  ispirandoli a  massimizzare il proprio potenziale personale e professionale” .

L’accento è sulla partnership, quindi, sulla creazione di una relazione di valore, dove il risultato desiderato è proprio il processo di sviluppo e potenziamento delle persone. La parola “obiettivo” non è contenuta nella definizione, in quanto il risultato non è strettamente il fine ultimo del coaching, ma il mezzo per favorire l’accelerazione nel raggiungerlo, sebbene non esista un processo di coaching senza un obiettivo prefissato e misurabile.

Il coach accompagna la persona in un percorso di apprendimento interiore delle proprie potenzialità tramite, tecniche, domande e ascolto.

Il coach concorda una collaborazione con il cliente strutturata come un vero allenamento, finalizzato a condurre la persona in un percorso creativo e di sviluppo di nuove forme di competenza, con lo scopo di raggiungere l'obiettivo desiderato.

"La motivazione si può esaurire, l'apprendimento sviluppato resta per sempre".

Come sostenuto da Richard Buckminster Fuller, “non si cambiano mai le cose combattendo contro la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, bisogna costruire un modello nuovo che renda obsoleto quello vecchio”.

 

Articolo del:


di Mauro Dotta

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