Il Coaching e la scoperta delle Possibilità


Secondo Ursula Zybura esiste una Regola divina: è impossibile che qualcosa sia impossibile
Il Coaching e la scoperta delle Possibilità
Nel coaching, in qualsiasi sessione, una parte del processo è finalizzata alla scoperta delle possibilità. E' la fase in cui il cliente, dopo aver esplorato la realtà, individua nuove possibilità e soluzioni, in risposta al risultato che si è impegnato a raggiungere.
Esiste un principio di efficacia fondamentale: tanto più profonda è l'esplorazione della reality (interna ed esterna) del cliente, tanto più ricca sarà l'individuazione di nuove possibilità. Quando il cliente osserva elementi nuovi, si ascolta più attentamente, chiarisce proprie dinamiche interne, e dunque acquisisce nuove prospettive, - rispetto all'obiettivo che porta in sessione - emergeranno inevitabilmente anche nuove idee e possibilità da agire a cui prima non aveva pensato.
Quando cambia qualcosa nel proprio modo di vedere la realtà emergono nuove opzioni e possibilità che prima si ignoravano.
Invece quando un'esplorazione della reality superficiale o frettolosa non apporta nuovi insight, anche nella individuazione delle possibilità il cliente tenderà a ripercorrere il "già noto": metterà sul piatto quelle idee a cui aveva già pensato prima della sessione.
Un atteggiamento del Coach troppo orientato alla soluzione, dunque, priva il cliente dello spazio di autoriflessione necessario ad acquisire nuove consapevolezze, e alla fine risulta il meno efficace ad individuare effettivamente "nuove" possibilità. Un Coach efficace deve, invece, essere orientato sulla persona, con un ascolto a 360 gradi, per rivolgerle delle domande che possano accrescere la propria autoconsapevolezza. Deve disinteressarsi totalmente della soluzione, perché sarà il cliente a trovarla. Deve sostituire un bisogno di controllo egoico (legato ad una ansia da performance) con una fiducia incondizionata nelle possibilità del cliente e nell'efficacia del processo di coaching.
Oltre a questo aspetto - più di tipo metodologico - ce ne è un altro molto importante da considerare. Se è vero - come abbiamo visto - che la realtà "fa da specchio" rispetto alle proprie convinzioni, non c'è dubbio che anche ciò che consideriamo "possibile" non è altro che il riflesso di nostre convinzioni. Le convinzioni, quando sono radicate, delimitano il perimetro all'interno del quale si muove la propria riflessione, e anche la propria osservazione: tendiamo a notare solamente ciò che è congruente con le nostre convinzioni.
Un coaching efficace aiuta il cliente ad ampliare questo perimetro; il primo step naturalmente sarà quello di aiutare il cliente riconoscerne i confini, visto che normalmente non li vediamo. Tutti tendiamo a "reificare" le nostre convinzioni: cioè a considerarli dati di realtà e in questo modo la realtà ce ne dà continua conferma.
Cosa è possibile? Cosa non è possibile? Sono domande che non hanno nulla a che vedere con la realtà, ma con il modo in cui questa viene osservata. La risposta a queste domande ci racconta qualcosa sulle convinzioni di chi abbiamo di fronte, non sulla realtà (che si per sé è inconoscibile nella sua nuda oggettività).
Cosa considera il cliente possibile? Cosa considera impossibile? Qual è il suo modo ricorrente di vedere la realtà? Quali sono i paradigmi impliciti che adotta?
Attenzione: la "mappa della realtà" di un cliente va sempre rispettata. Non è MAI ruolo di un Coach quello di giudicarla o di cercare di cambiarla. Se tentasse di far questo non farebbe altro che sovrapporre la propria mappa su quella del coachee (considerando la propria "migliore", più attendibile): si tratterebbe in realtà di un vizio di arroganza ontologica.
Il ruolo di un Coach è invece quello di "fare da specchio", aiutando un cliente a "riconoscere" - attraverso un feedback onesto, sincero, attraverso un rimando delle parole che il cliente utilizza ricorrentemente, o di alcuni schemi di pensiero o pattern abituali - il proprio modo di vedere la realtà, ad aiutarlo ad accorgersi del modo in cui alcuni propri paradigmi lo pilotano nel dare certe interpretazioni agli eventi. Di questo ampliamento di autocoscienza sarà poi il cliente a decidere che cosa farsene. Se e in che modo utilizzarlo.

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di Vittorio Balbi

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