Il contratto a termine dopo la conversione del Decreto Dignità


Visione d'insieme della normativa sui contratti a termine dopo la conversione del Decreto Dignità
Il contratto a termine dopo la conversione del Decreto Dignità

Sul filo di lana rispetto alla chiusura estiva dei lavori in Parlamento del 10 agosto, è stata approvata il 09 agosto 2018 la legge di conversione del c.d. Decreto Dignità (D.L. 87/2018), a riprova che, anche in Italia, quando c’è la volontà politica di farlo, le leggi possono essere promulgate in tempi brevi: se poi velocità sia anche indice di qualità è tutto da vedere, anzi...

Ad ogni modo la legge di conversione, rubricata Legge 9 agosto 2018 n. 96, ha apportato alcune modifiche al testo del decreto 87/2018 emanato il 14 luglio dal Governo, cercando di porre riparo, almeno in parte, a tutta una serie di problematiche tecniche ed interpretative che non erano state tenute in debito conto nella scrittura della norma d’urgenza.

Ciononostante va subito detto che la nuova legge non ha alcun effetto semplificatore rispetto a quanto introdotto dal Decreto del Governo, anzi probabilmente ha aggiunto complessità ed incertezza nella gestione dei rapporti di lavoro a termine. Attualmente, infatti, è necessario confrontarsi, qualora si voglia affrontare la tematica del contratto di lavoro a termine,  con quattro diversi regimi normativi che regolamentano in quattro mesi il contratto di lavoro a tempo determinato, ognuno con la sua decorrenza e scadenza:

  • Per i rapporti instaurati fino al 13/07/2018 vale il D.Lgs. 81/2015 (Jobs Act);
  • Per i rapporti instaurati dal 14/07/2015 all’ 11/08/2018 (giorno antecedente l'entrata in vigore della Legge vale il Decreto Legge 87/2018 (c.d. Decreto Dignità);
  • Per i rapporti instaurati dal 12/08/2018 al 31/10/2018 vige il periodo transitorio previsto dalla Legge di conversione;
  • Dal 01/11/2018 entra in pieno vigore la nuova normativa prevista dalla Legge di conversione.

Inutile dire che questo succedersi di norme ha provocato e provocherà sicuramente una serie di problematiche applicative ed interpretative i cui risvolti non saranno interamente chiari se non a distanza di mesi.

DISCIPLINA DEI RAPPORTI A TERMINE:

La nuova legge prevede, a regime, ossia dal 01 novembre 2018, le seguenti novità normative inerenti i rapporti di lavoro a tempo determinato:

  • Durata Massima: non può superare i 24 mesi (prima erano 36) sia come singolo contratto che come sommatoria di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore, per effetto di successione di contratti e/o relative proroghe, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale (sono inclusi nel computo anche le eventuali prestazione di lavoro in somministrazione). Fino a 12 mesi di durata del primo contratto, questo può essere instaurato senza apposizione di causali (c.d. acausale), oltre tale termine o al primo rinnovo, anche se avvenuto entro dodici mesi dalla prima stipula, è necessaria l’apposizione delle causali previste dalla nuova norma. In caso di superamento del limite massimo previsto, il rapporto di lavoro viene trasformato a tempo indeterminato a far data dal superamento dei 24 mesi. Fanno eccezione eventuali diverse disposizione della contrattazione collettiva (anche aziendale) e le attività stagionali;
  • Proroghe: Prevista la possibilità di prorogare il contratto per 4 volte (rispetto alle 5 introdotte a suo tempo dal Jobs Act) nel limite dei 24 mesi. Il numero massimo di proroghe si intende per la totalità di tutti i contratti a termine tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore. In caso di superamento del numero massimo di proroghe, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data della quinta proroga;
  • Causali: Per i contratti di lavoro con durata superiore ai 12 mesi, per i rinnovi anche intervenuti al di sotto di tale termine e per le proroghe che portino al superamento dei 12 mesi di durata del contratto, è necessaria la comprovata presenza di una motivazione che rientri in una delle causali previste dalla legge:
  1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività
  2. esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  3. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Si vedrà più avanti come l’apposizione di tali causali, nella stragrande maggioranza dei casi, comporta il serio rischio di vedere disconosciuta l’apposizione del termine al rapporto di lavoro, rendendo di fatto quasi inutilizzabile tale contratto oltre il primo termine dei 12 mesi senza causale;

  • Limiti percentuali: oltre al limite del 20% (o diversa soglia prevista dalla contrattazione collettiva) del numero di lavoratori a tempo indeterminato presenti in azienda al 01 gennaio di ogni anno, è stato introdotto l’ulteriore limite del 30% quale sommatoria dei rapporti subordinati a termine e di quelli in somministrazione a termine. In caso di superamento delle soglie, non è prevista la conversione del contratto a tempo indeterminato ma l’applicazione di una sanzione amministrativa paria al 20% della retribuzione per ciascun mese di servizio se il lavoratore in eccesso è uno (1), il 50% della retribuzione per ciascun mese per ciascun lavoratore se i lavoratori in eccesso sono più di 1;
  • Impugnazione: Il lavoratore può impugnare il contratto a termine entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto (in precedenza erano 120 giorni). A pena di decadenza all’impugnativa deve far seguito entro ulteriori 180 giorni, il deposito del ricorso presso la cancelleria del tribunale competente, oppure la richiesta di conciliazione o arbitrato;
  • Contributo addizionale NASPI: Il contributo aggiuntivo già previsto dalla riforma Fornero nel 2012 per ogni lavoratore a tempo determinato, pari all’1,40% dell’imponibile previdenziale, è stato incrementato dello 0,50% (1,90% totale) per ogni rinnovo del primo contratto a termine con il medesimo lavoratore (anche in somministrazione), fatti i salvi i rapporti di lavoro domestico.

Il contributo viene successivamente reso al datore dopo lo scadere del periodo di prova in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato oppure alla stipula di un contratto di lavoro a tempo indeterminato entro 6 mesi dalla cessazione dell’ultimo rapporto a termine, dedotte le mensilità intercorse tra i due rapporti.

  • Contratti stagionali: dopo l’iniziale “dimenticanza” nella promulgazione del D.L. del 14 luglio, è stato chiarito con la legge di conversione che, come accadeva in precedenza, i contratti a termine stagionali non subiscono il limite di durata dei 24 mesi, possono sempre essere prorogati o rinnovati senza indicare la causale, non sono soggetti a limiti numerici e godono di una particolare disciplina anche per quanto concerne il diritto di precedenza.

PERIODI TRANSITORI

Quanto sopra, come detto, diverrà interamente applicabile solo a partire dal 01 novembre 2018. Nel frattempo si susseguono due periodi transitori che sospendono gli effetti della nuova norma per quel che riguarda il limite di durata massima dei rapporti (inclusa la somministrazione) e la disciplina di proroghe e rinnovi:

  1. Il primo periodo transitorio è stato quello intercorso tra la pubblicazione del Decreto Dignità il 14/07/2018 e l'entrata in vigore della legge di conversione il 12/08/2018. Durante tale periodo valevano pienamente le previsioni normative del decreto, comprese quelle sulla durata massima del contratto a termine, l’apposizione delle causali, le proroghe e i rinnovi. Con la nuova norma, tuttavia, tali regole sono applicate solamente ai contratti stipulati nel periodo di vigenza del Decreto e, quindi, sono fatti salvi i contratti di lavoro stipulati prima del 14 luglio, per i quali continuano a valere le regole precedenti riferite al Jobs Act.
  2. Il secondo periodo transitorio è stato stabilito dal 12 agosto al 31 ottobre 2018 prevedendo che i contratti stipulati prima del 14 luglio 2018 possano essere prorogati o rinnovati seguendo la normativa del Jobs Act (durata 36 mesi, 5 proroghe, nessuna causale) entro il 31 ottobre 2018 .
  3. Dal 01 novembre 2018 valgono solo gli effetti della Legge 96/2018 (Legge di conversione).

Cerchiamo di semplificare il succedersi dei diversi regimi nella tabella seguente, ricordando quanto segue:

  • Jobs Act: 36 mesi di durata massima, 5 proroghe, mai richieste le causali;
  • Decreto Dignità: 24 mesi di durata massima, 4 proroghe, causali per rinnovi e contratti / proroghe oltre i 12 mesi;
  • Legge di conversione: 24 mesi di durata massima, 4 proroghe, causali per rinnovi e contratti / proroghe oltre i 12 mesi con sospensione per il periodo transitorio fino al 31/10/2018 relativamente ai rapporti stipulati prima del 14/07/2018;

 

 

NORMATIVA APPLICABILE

PERIODO

JOBS ACT

DECRETO DIGNITA'

LEGGE CONVERSIONE

FINO AL 13/07

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati fino al 13/07/2018

 

 

DAL 14/07 AL 11/08

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati fino al 13/07/2018

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati per la prima volta dal 14/07/2018 

 

DAL 12/08 AL 31/10

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati fino al 13/07/2018

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati per la prima volta dal 14/07/2018 

Durata, proroghe e rinnovi contratti stipulati per la prima volta dal 12/08/2018 

DAL 01/11

 

 

Durata, proroghe e rinnovi di tutti i nuovi contratti sottoscritti dal 01/11. Proroghe e rinnovi dei contratti sottoscritti entro il 31/10

 

E quindi:

PERIODO

 

DURATA

 

PROROGHE

 

RINNOVI

 

 

 

 

5

4

CAUSALE

 

CAUSALE

FINO AL 13/07

 

36 MESI

 

X

 

Non richiesta

 

Non richiesta

DAL 14/07 AL 11/08

 

24 MESI

 

 

X

Richiesta se il contratto supera complessivamente  i 12 mesi di durata (proroga inclusa)

 

Sempre richiesta

DAL 12/08 AL 31/10

 

24 MESI

 

 

X

Non richiesta per via del periodo transitorio (obbligo sospeso)

 

Non richiesta per via del periodo transitorio (obbligo sospeso)

DAL 01/11

 

24 MESI

 

 

X

Richiesta se il contratto supera complessivamente  i 12 mesi di durata (proroga inclusa)

 

Sempre richiesta

 

PROBLEMATICHE DELLE CAUSALI – AUMENTO DEL CONTENZIOSO

La prima delle causali previste indica che è possibile stipulare un contratto a termine se la motivazione deriva da “esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività”. Questo significa che il datore di lavoro deve poter dimostrare che al rapporto di lavoro è stato apposto un termine per lo svolgimento di un’attività lavorativa che non rientra tra quelle abitualmente svolte in azienda. Tale esigenza deve sorgere in maniera estemporanea e non essere stabilmente presente in azienda. Si tratterebbe quindi, tra le altre cose, dell’assunzione di lavoratori con mansioni diverse da quelle svolte normalmente dagli altri lavoratori presenti in azienda.

La seconda causale, quella più “semplice” perché si basa su fatti oggettivi, riguarda la sostituzione di lavoratori assenti con il diritto alla conservazione del posto (malattia, infortunio, congedo di maternità, congedo parentale, ferie, ecc.). Questa fattispecie era presente anche prima del recente intervento legislativo e, salvo casi di abuso da parte del datore, non presentava particolari difficoltà applicative. Operativamente, invece, rispetto alla norma precedente, deve risultare da atto scritto il nominativo del lavoratore sostituito e la data di termine della sostituzione, a pena della trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Chiaramente sono fatte salve le proroghe che possono prolungare il rapporto di lavoro in caso di ritardo nel rientro del sostituito rispetto alla data inizialmente prevista.

La Terza causale, ossia “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria”, risulta essere la più complessa da sostenere, in quanto si basa su valutazioni difficilmente oggettive, quali la “temporaneità” (quale è il limite temporale che divide la temporaneità dalla non temporaneità?) e, soprattutto, la “significatività” di un evento che,  a seconda della valutazione individuale di ciascuno, può essere significativo oppure irrilevante. Inoltre l’esigenza non può essere programmabile, escludendo così, a mero titolo di esempio, la necessità di personale nei periodi di saldi, oppure l’aumento di produzione dei panettoni e pandori nel periodo natalizio per le aziende dolciarie, e così via.

Quale sia la causale utilizzata, nel contratto essa non potrà semplicemente essere indicata menzionando la dicitura prevista dalla legge, ma il datore di lavoro dovrà specificare in maniera accurata le proprie motivazioni che si dovranno basare su fatti oggettivi che possano essere verificati dal lavoratore, da eventuali ispettori o dal giudice.

Certamente, date tali restrizioni, l’apposizione di una causale al rapporto a termine comporterà sempre il rischio intrinseco di un contenzioso, scoraggiando in tal modo le aziende ad instaurare o prolungare quei rapporti di lavoro che ne richiedano l’indicazione.

Esclusioni dalle causali:

  • attività stagionali (compresi i rinnovi e le proroghe), così come individuati con decreto del Ministero del Lavoro (fino all'adozione del decreto si fa riferimento al D.P.R. n. 1525/1963), nonché alle ipotesi individuate dai contratti collettivi (art. 19, comma 2, e art. 21, comma 1;
  • Esclusioni ex. art. 29, D.Lgs. n. 81/2015, ossia:
    • rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato (come definiti dall'art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 375/1993);
    • ai richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    • ai dirigenti, per i quali, comunque, vi è un limite di durata massima del singolo contratto individuale a tempo determinato, che non può essere superiore a 5 anni;
    • ai rapporti per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi e fermo restando l’obbligo di comunicare l‘instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno precedente;
    • il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;
    • il personale accademico delle Università (ai sensi della legge n. 240/2010);
    • il personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale (di cui al D.Lgs. n. 367/1996);
    • Contratti a termine delle pubbliche amministrazioni.

Trattando l’argomento “contratti a termine”, si coglie l’occasione per ricordare un particolare che spesso i datori di lavoro sottovalutano: un contratto a termine privo della firma per accettazione del lavoratore, anche se a questi consegnato ed il cui testo risulti chiaro ed esplicito nella sua formulazione, fa decadere la validità del termine, rendendo il rapporto di lavoro, a tutti gli effetti, a tempo indeterminato.

Articolo del:


di Dario Forte

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