Il convivente ristruttura: può detrarre le spese?
L’Agenzia delle Entrate ha affermato che può godere del beneficio anche un convivente legato da vincolo affettivo
Il Testo Unico delle Imposte sul Reddito prevede e disciplina la possibilità di portare in detrazione dall’imposta lorda le spese sostenute per opere di ristrutturazione e ammodernamento del proprio immobile.
Con la Risoluzione n. 64/E del 28/7/2016 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che può godere di detto beneficio anche un convivente legato da vincolo affettivo.
Già nel 1997 la Circolare n. 121 aveva chiarito che la detrazione compete al familiare del possessore o detentore dell’immobile oggetto di intervento, purchè detto familiare sia convivente e sostenga le spese.
Si legga nella Risoluzione:
"E’ stato in proposito precisato che:
- per i "familiari s’intendono, a norma dell’articolo 5, comma 5, del TUIR, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;
- il titolo che attesta la disponibilità dell’immobile - requisito richiesto per fruire della detrazione - è costituito dalla condizione di familiare convivente e, pertanto, non è richiesta l’esistenza di un sottostante contratto di comodato;
- la convivenza deve sussistere fin dal momento in cui iniziano i lavori (ris. n. 184/E del 2002 e circ. n. 15/E del 2005, par. 7.2)".
Entrata in vigore la legge n. 76/2016, recante la "Regolamentazione delle Unioni Civili tra le persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze", al vincolo giuridico discendente dal matrimonio è stato equiparato quello derivante dall’unione civile, mentre non è stata espressamente menzionata la convivenza di fatto.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate attribuisce rilievo al fatto che la citata Legge riconosce una "specifica rilevanza giuridica a tale formazione sociale".
Di qui trae la conclusione che "ai fini della detrazione di cui all’art. 16-bis, pertanto, la disponibilità dell’immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza che si esplica ai sensi della legge n. 76 del 2016 senza necessità che trovi titolo in un contratto di comodato".
Con la Risoluzione n. 64/E del 28/7/2016 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che può godere di detto beneficio anche un convivente legato da vincolo affettivo.
Già nel 1997 la Circolare n. 121 aveva chiarito che la detrazione compete al familiare del possessore o detentore dell’immobile oggetto di intervento, purchè detto familiare sia convivente e sostenga le spese.
Si legga nella Risoluzione:
"E’ stato in proposito precisato che:
- per i "familiari s’intendono, a norma dell’articolo 5, comma 5, del TUIR, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado;
- il titolo che attesta la disponibilità dell’immobile - requisito richiesto per fruire della detrazione - è costituito dalla condizione di familiare convivente e, pertanto, non è richiesta l’esistenza di un sottostante contratto di comodato;
- la convivenza deve sussistere fin dal momento in cui iniziano i lavori (ris. n. 184/E del 2002 e circ. n. 15/E del 2005, par. 7.2)".
Entrata in vigore la legge n. 76/2016, recante la "Regolamentazione delle Unioni Civili tra le persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze", al vincolo giuridico discendente dal matrimonio è stato equiparato quello derivante dall’unione civile, mentre non è stata espressamente menzionata la convivenza di fatto.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate attribuisce rilievo al fatto che la citata Legge riconosce una "specifica rilevanza giuridica a tale formazione sociale".
Di qui trae la conclusione che "ai fini della detrazione di cui all’art. 16-bis, pertanto, la disponibilità dell’immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza che si esplica ai sensi della legge n. 76 del 2016 senza necessità che trovi titolo in un contratto di comodato".
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