Il dissenso dei condomini rispetto alle liti


Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere o resistere ad una lite, in caso di soccombenza, il condomino dissenziente è esonerato dalle spese
Il dissenso dei condomini rispetto alle liti

L’intera vita condominiale si fonda sul principio espresso dall’art. 1137, comma 1, cod.civ. che prevede l’obbligatorietà delle delibere assembleari per tutti i condomini (salvo, ovviamente, il caso dell’impugnazione delle stesse deliberazioni). Si tratta, infatti, di una norma che consente ad una collettività di esprimere una volontà rappresentativa idonea a gestire unitariamente gli interessi comuni su base maggioritaria.

Tuttavia, può accadere che, all’interno di un condominio, ci si trovi a dover decidere se intraprendere una controversia giudiziale o, ancora, se doverla subire. In questo caso, il condomino che non intenda esporsi al rischio di dover pagare (qualora il condominio dovesse risultare soccombente) i costi processuali di un giudizio ritenuto inopportuno, può estraniarsi dalla lite separando la propria responsabilità da quella degli altri condomini.

Tra le molteplici e varie problematiche afferenti il diritto condominiale, dunque, la questione riguardante la manifestazione del dissenso alle liti richiede sicuramente una particolare attenzione. Ci si chiede, dunque, quali possano essere le competenze ed i limiti dell’assemblea condominiale? Cosa possa fare, in merito, il singolo condomino che si trovi in disaccordo con la decisione assembleare (visto che, appunto, le delibere assembleari sono obbligatorie per tutti i condomini) di voler promuovere una lite o di resistere ad un procedimento civile?

 

 

 

Contenuto dell'art. 1132 cod. civ. "dissenso dei condomini rispetto alle liti"

La materia in questione è regolamentata dall’art. 1132 cod. civ., rubricato appunto “Dissenso dei condomini rispetto alle liti”, il cui comma 1 prevede che “qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda [c.c. 1131, 1136], il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione”. Il successivo comma 2 stabilisce che “il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa”. Infine, il comma 3, statuisce che “se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente [c.p.c. 90, 1138 co.4 c.c.].”

Da una prima lettura della norma emerge che il Legislatore ha inteso elaborare la disciplina del dissenso del condomino alle liti limitatamente ai casi in cui l’assemblea dei condomini fosse chiamata a deliberare, e cioè quando l’oggetto della lite esorbitasse dalle ordinarie attribuzioni conferite all’amministratore. Inoltre, dal tenore letterale dell’art. 1132 cod.civ. si evince che il condomino, esprimendo dissenso da comunicare entro trenta giorni dalla delibera che decide di promuovere o di resistere ad una lite giudiziaria, può separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in caso di soccombenza del condominio. Altresì, gli effetti dell'estraniazione del condomino dalla lite, sono subordinati al fatto che vi sia stata soccombenza e, quindi, che la lite abbia avuto esito giudiziale sfavorevole per il condominio.

Tuttavia, la formulazione dell’articolo appena citato, il quale non ha subito modifiche e/o integrazioni dalla Legge n. 220/2012, a ben vedere, non è tra le più felici in quanto, come risulta anche dalla lettura della norma stessa, la previsione legislativa è assai articolata e può apparire confusa e prestare il fianco a numerose e contraddittorie interpretazioni, divenendo spesso fonte di contrasti tra amministratori e condomini.

Cerchiamo, dunque, di chiarire il significato e la portata applicativa dell’art. 1132 cod.civ. attraverso alcuni punti fermi stabiliti dalla giurisprudenza - sia di merito che di legittimità - intervenuta in materia, al fine di individuarne i presupposti e il relativo ambito di operatività.

 

 

Presupposti ed ambito di operatività dell'art. 1132 cod.civ.

Nell’analizzare il contenuto dell’art. 1132 cod. civ., preliminarmente, si rende necessario comprenderne la reale portata, al fine di evitare interpretazioni distorsive che privilegino il condomino dissenziente a scapito degli altri comproprietari.

Si tratta di una norma speciale in materia condominiale, in deroga al regime ordinario in punto di spese stabilito dall’art. 1123 cod.civ., nonché in deroga all’art. 1137 cod.civ. secondo cui le delibere assembleari sono vincolanti per tutti i condomini (cfr. Trib. Firenze Sent. 04/12/2006).

L’articolo in esame trova applicazione unicamente in presenza dei seguenti presupposti, da valutarsi caso per caso, e precisamente:

•    l’esistenza di una delibera assembleare in tema di liti;
•    il dissenso o l’astensione del condomino alla votazione della delibera;
•    l'oggetto della lite deve riguardare parti comuni;
•    soccombenza del condominio in sede giudiziaria
.         

Ma si vada per gradi.

 

Esistenza di una delibera assembleare e attribuzioni dell’amministratore di condominio

L’art. 1132 cod.civ. attiene principalmente alle controversie civili concernenti le parti comuni che l’assemblea abbia deliberato. È da chiedersi, a tal proposito, se il dissenso alla lite possa essere manifestato anche nel caso in cui il giudizio sia stato intrapreso autonomamente dall’amministratore (ai sensi degli artt. 1130 e 1131 cod. civ.), oppure occorra necessariamente una delibera assembleare.

Posto, che gli artt. 1130 e 1131 cod.civ. consentono all’amministratore condominiale di rappresentare tutti i condomini, agire in giudizio sia contro i condomini che contro terzi, essere convenuto in giudizio per le azioni concernenti le parti comuni dell’edificio solo “nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 cod.civ. o dai maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condomini o dall’assemblea”, è legittimo ritenere che, nell’esercizio delle attribuzioni ordinarie di cui all’art. 1130 cod.civ. – o di quelle ulteriori eventualmente stabilite dall’assemblea o dal regolamento condominiale – l’amministratore di condominio avrà facoltà di agire in rappresentanza di tutti i condomini senza preventiva necessità di autorizzazione assembleare. Potrà, cioè, dare impulso o resistere in giudizio in assenza di una specifica delibera assembleare che lo autorizzi poiché, le attività poste in essere nei limiti dell’ordinaria amministrazione sono ricomprese nell’oggetto del mandato conferito dai condomini all’amministratore con la nomina in sede assembleare.

Dunque, l’amministratore condominiale, nei limiti delle attribuzioni conferitegli dall’art. 1130 del cod.civ., detiene la rappresentanza di tutti i partecipanti e può agire e resistere in giudizio sia contro i condomini che contro i terzi. Diversamente, qualora la materia oggetto della controversia esorbiti dalle sue ordinarie attribuzioni, sarà l’assemblea a deliberare di promuovere una lite o di resistere ad una domanda.

Da quanto appena esposto, pertanto, emerge che il dissenso ex art. 1132 cod.civ. riguarda solo le liti che sono state interessate da una deliberazione dell’assemblea (cfr. Cass. civ., Sez. II, 02/03/1998, n. 2259), con la conseguenza che il singolo condomino non ha la possibilità di esprimere il suo dissenso in ordine alla controversia promossa direttamente dall’amministratore (fatta salva l’attivazione del meccanismo di cui all’art. 1133 cod.civ. rubricato “provvedimenti presi dall’amministratore”) e, conseguentemente, anche il condomino dissenziente sarà tenuto al pagamento pro quota delle spese del giudizio.

A tal proposito, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità “presupposto essenziale per l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite è l’esistenza di una delibera dell’assemblea resa necessaria dal fatto che la citazione notificata all’amministratore contiene una domanda avente ad oggetto una materia di competenza dell’assemblea stessa” (cfr. Cass. Civ. Sent. n. 2259/1998). In questo caso, infatti, il condomino contrario potrà esercitare il proprio dissenso nelle forme previste dall’art. 1132 cod.civ. e separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in caso di soccombenza del condominio nella lite deliberata. Costante giurisprudenza di legittimità statuisce che “in tema di condominio è affetta da nullità la delibera dell’assemblea condominiale che ponga le spese di lite, in proporzione alla sua quota, a carico del condomino che abbia ritualmente manifestato il proprio dissenso, rispetto alla lite medesima deliberata dall’assemblea, giacché in tal caso l’art. 1132, comma 1 cod.civ., contemperando l’interesse del gruppo con quello del singolo titolare di interessi contrastanti, riconosce a quest’ultimo il diritto di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle deliberazioni assunte sul punto” (cfr. Cass. Civi. sent. n. 11126/2006 e Cass. Civ. sent. n.16092/2005).

Dalle argomentazioni appena esposte, ne consegue, dunque, che l’art. 1132 cod.civ. non trova applicazione sempre e comunque, posto che nelle liti proponibili autonomamente dall’amministratore non sarà consentito al condomino dissenziente di “separare la propria responsabilità” da quella degli altri condomini favorevoli al giudizio e, pertanto, sarà anch’esso tenuto al pagamento delle spese processuali cui andrà incontro l’intera compagine condominiale in caso di sconfitta (cfr. Cass. Civ.  n.7095/2017) in quanto, appunto, non è consentito dissociarsi laddove la materia oggetto del contendere rientri ex lege in quelle di competenza all’amministratore (ai sensi dell’art. 1130 cod.civ.). Questo principio, ormai consolidato, è stato anche ribadito dalla sentenza di merito n. 12803/2019 del 18 giugno 2019 del Trib. di Roma, secondo cui “è privo di effetti il dissenso manifestato dal singolo condomino alla lite giudiziaria nel caso in cui quest’ultima non sia stata deliberata dall'assemblea. Ed invero, presupposto di attribuzione al singolo partecipante del diritto di dissenso è la sussistenza di una delibera dell’assemblea di promuovere la lite o resistere in giudizio; sussiste, cioè, la facoltà individuale di estraniarsi dalla responsabilità per soccombenza, in quanto si verta in ambito di controversie non rientranti nella sfera di autonoma attribuzione della legittimazione processuale dell’amministratore ex art. 1131 c.c.".

 

Il dissenso o l’astensione del condomino

A norma dell'articolo 1132 cod.civ., quando l'assemblea abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda giudiziale, il condomino dissenziente può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, per il caso di soccombenza. A tal proposito, è necessario precisare che il condomino che intenda “separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza” dovrà essersi astenuto o aver votato contrariamente all’ordine del giorno inerente la lite, al fine di poter esercitare la propria contrarietà e godere degli effetti della separazione della responsabilità in caso di soccombenza. Il condomino che abbia espresso un voto favorevole non potrà procedere a notificare validamente all’amministratore nei successivi trenta giorni il proprio dissenso alla lite deliberata, o meglio, qualora lo facesse, tale azione resterebbe priva di effetti, imputando comunque al condomino le spese in caso di soccombenza del condominio stesso nel giudizio.


Oggetto della lite deve riguardare parti comuni

Come già precisato, le cause contro le quali è possibile dissociarsi sono quelle civili, attive o passive, che riguardano le parti comuni, su cui, appunto, l’assemblea è chiamata a deliberare.

 

Condominio soccombente o vittorioso in sede giudiziaria

Da ultimo, la norma contempla l’ipotesi in cui il condominio sia risultato vincitore nel giudizio, ed esattamente “se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere alle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente”. Ciò significa che il condomino dissenziente che abbia tratto un vantaggio dalla predetta vittoria, sarà tenuto al versamento della quota di sua competenza, per le spese delle quali non sia stato possibile ottenere il pagamento dalla controparte soccombente.

La ratio sottesa rimane la medesima: gli effetti positivi della sentenza si producono verso tutta la compagine condominiale, dissenziente o meno, e la solidarietà passiva e/o attiva rimane interna e non esterna. Pertanto, nel caso in cui la vittoria del condominio in giudizio costituisse un vantaggio anche per il dissenziente, le spese che non si è riusciti ad ottenere dalla controparte, dovute in conseguenza del risultato positivo della lite per il condominio, graveranno “pro quota” anche sul condomino dissenziente, in quanto anche egli gode dei vantaggi della vittoria. Se le spese, invece, saranno corrisposte dalla parte soccombente, nulla potrà essere preteso dal condomino dissenziente, che pur veda prodursi nella propria sfera gli effetti favorevoli del giudicato.

Dunque, riassumendo, agli effetti del dissenso del condomino rispetto alle liti, occorre tener ben distinta l'ipotesi in cui il condominio risulti soccombente rispetto alla lite, dall'ipotesi in cui, invece, il condominio risulti vittorioso e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio.

1.    Nel primo caso, il condomino dissenziente è esonerato dalle spese di soccombenza e ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa, in forza della solidarietà passiva.

2.    Nel secondo caso, invece, il condomino dissenziente - che abbia tratto vantaggio dalla lite risultata favorevole al condominio - è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile recuperare dalla parte soccombente.

 

 

Definizione della lite con accordo transattivo

Potrebbe, altresì, accadere che la lite non si concluda con una sentenza e, conseguentemente, con una (eventuale) pronuncia di soccombenza (per il condominio) ma si concluda, invece, con una transazione (che per definizione comprende reciproche concessioni delle parti) intervenuta, appunto, in corso di causa. Ne consegue che, in tal caso, in assenza di condanna, non ricorre il presupposto per l’esenzione dalle spese ai sensi dell’articolo 1132 cod.civ. e il dissenso eventualmente manifestato dal condomino non produce alcun effetto, poiché si è in carenza del presupposto della soccombenza nella lite (giudiziaria). Quindi, il condomino sarà chiamato a partecipare alle spese sostenute dal condominio in relazione alla lite definita con transazione.

A tal proposito, la Suprema Corte ha ritenuto non applicabile la norma di cui all’art. 1132 cod.civ. ove la lite venga conclusa da transazione, che vincolerà anche il dissenziente (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 16/01/2014,  n. 821).

Non si ricade, altresì, nell’ipotesi dell’art. 1132 cod.civ. neppure quando la transazione della lite avvenga in sede di mediazione, atteso che la soccombenza ex art. 90 c.p.c. si realizza solo in giudizio ed è un istituto totalmente incompatibile con la mediazione stessa. Nella procedura di mediazione, infatti, sono le parti stesse che valutano la fattibilità di un accordo (non essendone vincolate) ed i caso di esito negativo, il mediatore non può dirimere la controversia ed imporre obblighi alle parti.

 

 

Liti interne al Condominio

Il disposto normativo di cui all’art. 1132 cod.civ., tuttavia, non ha mancato di suscitare alcuni interrogativi. Ci si domanda, infatti, in base a quali criteri debba operarsi la ripartizione delle spese nel caso di liti interne al Condominio, ossia qualora la controversia sia insorta tra il condominio ed il singolo condomino.

Si ricordi, infatti, che l’operatività dell’art. 1132 cod.civ. viene limitata alle sole cause promosse dal Condominio, o nella quale il Condominio debba costituirsi in giudizio, rispetto ad un terzo estraneo. Restano escluse, invece, le cause “interne”, ossia quelle che vedano quali parti il condominio ed uno o più condomini.

Una risposta al predetto quesito è stata fornita dalla Suprema Corte, che con la sentenza n. 13885 del 18.06.2014 ha statuito che “la previsione normativa di cui all’art. 1132 cod.civ., nella parte in cui disciplina la materia delle spese processuali del condomino che abbia ritualmente dissentito dalla deliberazione di promuovere o resistere ad un'azione giudiziaria rispetto ad un terzo estraneo, non può ritenersi applicabile in relazione alle spese di lite tra condominio e condomino. Né, in tale ipotesi, può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 1101 cod.civ. (in materia di partecipazione pro quota ai vantaggi e ai pesi della comunione, richiamato dall’art.1139 cod.civ.)”. In tal caso, sarà il Giudice a stabilire quale delle parti sarà tenuta al pagamento delle spese processuali sulla base dei principi della soccombenza.

 

 

Forma del dissenso

La procedura per manifestare il dissenso dalla lite è definita dall'art. 1132, comma 1, cod.civ., per il quale il condomino dissenziente dovrà notificare il "dissenso" con atto entro 30 giorni da quello in cui ha avuto notizia della deliberazione.

Nella formulazione dell’art. 1132 cod.civ., non è stato precisato se il termine di “trenta giorni” sia da intendere perentorio o ordinatorio. Su questo tema è intervenuta la chiarificazione della Suprema Corte con la sentenza n. 2453/’94, che ha indicato tale termine a pena di decadenza, poiché la ratio legis è di dare all’amministratore certezza circa la composizione finale dei condomini interessati.

Dunque - ai fini dell'esonero da eventuali spese di soccombenza - non basta che il condomino manifesti il suo dissenso in ordine alla lite durante l'assemblea, né è necessario che egli sia stato presente e dissenziente in assemblea, posto che la separazione di responsabilità è ammessa anche per gli assenti. Al fine di poter manifestare correttamente il “dissenso rispetto alle liti”, si rende necessaria la notifica del dissenso del condomino contrario alla lite entro il termine di 30 giorni decorrente dalla data della comunicazione del verbale per gli assenti, e da quella dell’adozione della delibera per i presenti. La manifestazione del dissenso è un “atto giuridico recettizio di natura sostanziale”, che deve essere portato tempestivamente a conoscenza dell’amministratore o di colui che abbia la rappresentanza legale del condominio. Non è richiesto, tuttavia, l’utilizzo di forme solenni, ma è sufficiente anche una semplice raccomandata con avviso di ricevimento (cfr. Cass. Civ., 15.06.1978, n.2967).

Infatti, ai fini della “notifica del dissenso”, l’importante è riuscire a dimostrare che il dissenso stesso sia giunto a destinazione nel termine di trenta giorni previsto a pena di decadenza.

Il decorso infruttuoso del termine di trenta giorni determina, pertanto, la decadenza del condomino dal diritto di esercitare il dissenso (cfr. Cass. Civ., 15/3/1994, n. 2453) e, in un eventuale giudizio, tale circostanza è rilevabile su sola istanza di parte, precludendone al Giudice il rilievo d’ufficio, poiché la norma è posta a tutela del solo interesse di parte.

La manifestazione di dissenso del condomino ha valore meramente interno. Il condomino dissenziente rimane, dunque, esposto verso i terzi nei limiti della sua quota di partecipazione, potendosi avvalere successivamente del diritto di rivalsa verso gli altri condomini (cfr. Cass. Civ. SS.UU. Sent. n. 9148/2008).

 

 

Conclusioni

Con i limiti di operatività precedentemente precisati, riassumendo, si può concludere che il condomino, che abbia manifestato il proprio dissenso dalla deliberazione dell'assemblea di agire o di resistere in giudizio, non subirà le conseguenze dannose derivanti dalla soccombenza del condominio. Tuttavia, ai sensi dell’art. 1132, comma 2, cod.civ., il condomino dissenziente ha, comunque, diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa, in forza della solidarietà passiva. Altresì, ai sensi dell’art. 1132, comma 3, cod.civ., se il condominio risulta vittorioso rispetto alla lite e il condomino dissenziente ne abbia tratto vantaggio, quest’ultimo è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile recuperare dalla parte soccombente.

Inoltre, si ricordi che:

•    il dissenso può essere manifestato solo in relazione a controversie che devono essere deliberate dall’assemblea e che rientrano nelle attribuzioni della stessa;

•    sono escluse: a) le controversie che rientrano nelle attribuzioni dell’amministratore e che, pertanto, non hanno necessità di delibera assembleare; b) le controversie stragiudiziali e la procedura di mediazione finalizzata alla conciliazione, che non è un giudizio contenzioso;

•    nel caso di lite interna tra condominio e uno o più condomini non trova applicazione l’art. 1132 cod.civ;

•    il dissenso deve essere comunicato/notificato all’amministratore con atto recettizio (ossia mediante Ufficiale Giudiziario, o raccomandata con ricevuta di ritorno, o raccomandata a mano, o posta elettronica certificata o, comunque, con tutti quegli strumenti idonei che consentano di dimostrare che il dissenso sia giunto a destinazione) nel termine di trenta giorni dal momento in cui si è manifestato il dissenso stesso in assemblea, oppure dal momento in cui il condomino assente (in assemblea) abbia ricevuto il verbale. Il termine è posto a pena di decadenza e non può essere né sospeso né interrotto.

 

 

Articolo del:


di Avv. Giuseppe Mantarro

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse