Il Factoring e la prova dell'incedibilità del credito pro-soluto


Grava sul debitore opponente l’onere di provare l’incedibilità del credito ai fini della decadenza dal regime pro-soluto e legittimo rifiuto di adempiere del factor
Il Factoring e la prova dell'incedibilità del credito pro-soluto

Una recentissima pronuncia del Tribunale di Venezia (Sent. n. 1127/2019 pubblicata il 27.5.2019) ha affrontato, nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il tema della ripartizione dell’onere della prova del credito, nonché di eventuali fatti impeditivi, modificativi ed estintivi dello stesso, con particolare riferimento all’incedibilità del credito, laddove quest’ultima determini, a norma del contratto di factoring, la decadenza a carico del cliente dal plafond pro-soluto e la riassunzione del rischio di solvibilità del debitore in capo allo stesso, con la conseguente legittimazione del factor a rifiutare il pagamento degli importi relativi ai crediti oggetto di cessione.

Questa la vicenda processuale.

G. s.r.l. (cliente) richiedeva ed otteneva dal Tribunale di Venezia un’ingiunzione nei confronti dell’istituto di credito B. I. S.p.a. (factor) per il pagamento delle somme riportate in alcune fatture relative a crediti vantati da G. s.r.l. nei confronti della debitrice E. s.c.p.a., già ceduti all’istituto di credito in forza di un contratto di factoring in essere tra le parti. Rimarcava la s.r.l. G. che, dopo aver ceduto un compendio di crediti relativi a 5 fatture, le prime tre venivano regolarmente pagate dal factor, laddove esso rifiutava di corrispondere gli importi relativi alle ultime due.

Nell’opporre il decreto ingiuntivo, B.I. S.p.a., da un lato riconosceva la vigenza tra le parti di un contratto di factoring e che i crediti ceduti (e non pagati) non erano contestati, dall’altro lato allegava che il terzo debitore E. s.c.p.a. ne aveva rifiutato il pagamento opponendo l’incedibilità degli stessi; ne sarebbe derivato l’inadempimento contrattuale di G. s.r.l. per non aver comunicato al factor l’incedibilità del credito, con la conseguente riassunzione in capo al medesimo cliente del rischio di insolvenza del debitore ceduto e diritto dell’istituto di credito di rifiutare la corresponsione degli importi richiesti.

Costituitasi in giudizio, la creditrice opposta G. s.r.l. rilevava che l’incedibilità del credito era una mera allegazione non documentata dal factor opponente, così come non vi era prova alcuna che il terzo debitore avesse sollevato la relativa contestazione; pertanto, stante la carenza probatoria della sussistenza del fatto estintivo o impeditivo del credito azionato, chiedeva il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo, medio tempore dichiarato provvisoriamente esecutivo dal giudice istruttore. A tali argomentazioni si opponeva B. I. S.p.a., osservando che, una volta sollevata l’eccezione di incedibilità, sarebbe stato onere della creditrice opposta dimostrare, in positivo, la sussistenza della cedibilità del credito quale requisito fondante dello stesso.

Su tale ultimo punto, dirimente per la vertenza, si sviluppa l’argomentazione del Tribunale di Venezia, il quale riafferma un importante principio in tema di ripartizione dell’onere probatorio relativamente a pretese creditorie di natura contrattuale. In particolare, osserva il giudicante:

“La pretesa azionata da G. al monitorio trova titolo nel contratto di factoring a cui accede la garanzia plafond pro soluto, essendo tenuta B. ad eseguire per la cessione in favore della cliente cedente il pagamento dei crediti ceduti. La natura contrattuale della domanda attorea, comporta che G. sia tenuta unicamente a provare il titolo in forza del quale pretende la prestazione oggetto di lite e ad allegare l’inadempimento della stessa, dovendo il debitore dare contezza che il mancato pagamento è giustificato in ragione della sussistenza di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo dell’obbligazione. Nel caso di specie, sono pacifici e documentati sia l'esistenza del credito vantato da G. nei confronti di E., sia la cessione operata da G. nei confronti di B., sia il titolo in forza del quale la convenuta opposta pretende il pagamento derivante dalla cessione in favore dell'istituto di credito, competendo quindi a B. dare la prova del fatto impeditivo o estintivo dell'obbligazione e cioè la pattuita incedibilità del credito che giustificherebbe l'applicazione della disciplina contrattuale relativa alla decadenza della garanzia del plafond pro soluto […]".

Conclude il Tribunale affermando che:

"In difetto di adeguata prova, deve reputarsi che il credito oggetto di cessione non possa considerarsi oggetto di clausola di incedibilità opponibile alla banca cessionaria che, quindi, indebitamente ha rifiutato l'adempimento del proprio obbligo contrattuale di pagamento, non potendosi neppure affermare che G. sia rimasta inadempiente all'obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede e correttezza, non avendo la cedente alcun onere di comunicazione dell’incedibilità in realtà sollevata dalla debitrice ceduta in modo del tutto indebito […]” (l'enfatizzazione nel testo e l'elisione dei nomi delle parti per ragioni di privacy sono operate dall’autore dell’articolo).

 

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di Avv. Gianluca Vasapollo

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