Il falso biologico
Diritto penale alimentare, frode in commercio, nuovi articoli 516-517-517 bis.
Con l’avvento della globalizzazione, che ha permeato ogni singolo settore economico, è sempre difficile, trovare un giusto equilibrio tra la tutela del produttore e quella del consumatore, soprattutto in ambito alimentare, dove però assistiamo, sempre più spesso, a pronunce giurisprudenziali al passo coi tempi. Negli ultimi anni infatti, prodotti quali pomodori, arance, olio ecc., vengono contrassegnati da certificazione di produzione biologica, anche se in realtà non provengono da culture biologiche certificate. Con la sentenza n. 35387 del 24.06.16, in Massimario 28.10.16, la Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, che: integra il reato di frode in commercio la vendita di un prodotto con certificazione di produzione biologica ma non tale - nella specie arance - ed è irrilevante il profitto o il danno, che risultano estranei alla struttura del reato, ed è perciò ininfluente che al compratore sia consegnata merce il cui costo di produzione sia pari o ance superiore al costo di quella dichiarata ed abbia lo stesso o un maggiore potere nutritivo. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha respinto i ricorsi, presentati da due condannati, i quali in concorso tra di loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quali amministratori di due società a responsabilità limitata, ponevano in vendita confezioni di arance, su cui avevano apposto falsamente il marchio di una ditta autorizzata alla certificazione di produzione biologica, facendo così credere che il prodotto fosse di qualità superiore, poiché proveniente da culture biologiche certificate. L’etichettatura di un prodotto, che indica il contenuto, e la vendita della stesso, non conforme, o non conforme a quanto dichiarato nell’etichetta, integra il reato di frode in commercio, previsto e disciplinato dall’articolo 515 c.p., consistente, sempre secondo la S.C., nella "consegna all’acquirente di una cosa diversa da quella dichiarata e pattuita e tutela l’ordine economico mediante la repressione della frode in danno degli acquirenti i quali hanno diritto a ricevere in consegna la cosa pattuita". Il bene giuridico tutelato, va individuato nel leale esercizio di tale attività e la condotta tipica punita, consiste nella consegna di una cosa diversa per origine, provenienza, qualità, quantità da quella oggetto del contratto, indipendentemente dal fatto che l’agente abbia usato particolari accorgimenti per ingannare il compratore (Cass. n.261325, sez II, 4.11.2014).
Il disegno di legge n. 2231, recante "Nuove norme in materia di reati agroalimentari", che riporta il contenuto normativo, elaborato dalla Commissione di studio Caselli, per la difesa del patrimonio agroalimentare, provvederà, qualora approvato, ad introdurre ulteriori fattispecie, sempre più specifiche del settore agroalimentare, attraverso la novazione degli articoli 516, 517 e 517 bis.
Il nuovo articolo 516 c.p., rubricato: "Frode in commercio di prodotti alimentari", prevede ipotesi di reato residuali ("fuori dei casi di cui all’articolo 517") rispetto a quelle previste dal successivo articolo, prevedendo la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa fino a 10.000 euro.
L’articolo 517 c.p., "Vendita di alimenti con segni mendaci", così come modificato dall’articolo 13 del disegno di legge Caselli, punisce: chiunque, nell'esercizio di un'attività agricola, commerciale, industriale o di intermediazione di alimenti, al fine di indurre in errore il consumatore, anche mediante introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale, utilizza falsi o fallaci segni distintivi o indicazioni, ancorché figurative, ovvero omette le indicazioni obbligatorie sull'origine o provenienza geografica ovvero sull'identità o qualità del prodotto in sé o degli ingredienti che ne rappresentano il contenuto qualificante, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Infine l’articolo 517 bis c.p., "Circostanze aggravanti", prevede che le pene stabilite dagli articoli 516, 517 e 517-quater sono aumentate: 1) se i fatti sono commessi mediante falsi documenti di trasporto o false dichiarazioni all’organismo di vigilanza; 2) se l’alimento è falsamente presentato come biologico; 3) se i fatti sono commessi nell’ambito, nelle forme o per le finalità della grande distribuzione o del commercio all’ingrosso. Se concorrono due o più delle circostanze previste dai numeri precedenti, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Il disegno di legge n. 2231, recante "Nuove norme in materia di reati agroalimentari", che riporta il contenuto normativo, elaborato dalla Commissione di studio Caselli, per la difesa del patrimonio agroalimentare, provvederà, qualora approvato, ad introdurre ulteriori fattispecie, sempre più specifiche del settore agroalimentare, attraverso la novazione degli articoli 516, 517 e 517 bis.
Il nuovo articolo 516 c.p., rubricato: "Frode in commercio di prodotti alimentari", prevede ipotesi di reato residuali ("fuori dei casi di cui all’articolo 517") rispetto a quelle previste dal successivo articolo, prevedendo la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa fino a 10.000 euro.
L’articolo 517 c.p., "Vendita di alimenti con segni mendaci", così come modificato dall’articolo 13 del disegno di legge Caselli, punisce: chiunque, nell'esercizio di un'attività agricola, commerciale, industriale o di intermediazione di alimenti, al fine di indurre in errore il consumatore, anche mediante introduzione in custodia temporanea o in deposito doganale, utilizza falsi o fallaci segni distintivi o indicazioni, ancorché figurative, ovvero omette le indicazioni obbligatorie sull'origine o provenienza geografica ovvero sull'identità o qualità del prodotto in sé o degli ingredienti che ne rappresentano il contenuto qualificante, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Infine l’articolo 517 bis c.p., "Circostanze aggravanti", prevede che le pene stabilite dagli articoli 516, 517 e 517-quater sono aumentate: 1) se i fatti sono commessi mediante falsi documenti di trasporto o false dichiarazioni all’organismo di vigilanza; 2) se l’alimento è falsamente presentato come biologico; 3) se i fatti sono commessi nell’ambito, nelle forme o per le finalità della grande distribuzione o del commercio all’ingrosso. Se concorrono due o più delle circostanze previste dai numeri precedenti, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
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