Il "Fornitore" banca, come negoziare a proprio vantaggio


L'impresa medio piccola necessita di finanziamenti e liquidità: deve affidarsi a consulenti in grado di parlare il linguaggio della finanza, non solo quello fiscale
Il "Fornitore" banca, come negoziare a proprio vantaggio

Per inquadrare correttamente la materia di questo articolo è necessario chiarire fin dall’inizio che la banca come ente non è un’amica dell’imprenditore, così come non lo è qualsiasi altro fornitore.

La struttura di una banca è composta da un’anima commerciale, la Direzione Commerciale, quella che siamo abituati a conoscere e con la quale normalmente abbiamo a che fare, e da un’anima crediti, la Direzione Crediti, entrambe finalizzate allo stesso obiettivo: vendervi il denaro.

Ogni banca ha una propria politica commerciale: quando andiamo a negoziare un prestito, o un acquisto di denaro in qualsiasi forma tecnica, è inadeguato parlare di trattativa BANCA-IMPRESA, ponendosi psicologicamente in una situazione di subalternità, ma si deve considerare di affrontare una trattativa IMPRESA-IMPRESA, perché la banca è un’impresa, un fornitore da cui vogliamo acquistare un particolare tipo di merce, che è il denaro.

Entrambe le anime del fornitore banca puntano a vendervi il denaro, sia pure con logiche diverse: la direzione commerciale vuole acquisirvi e tenervi come cliente, affrontando il rischio, mentre la direzione crediti vuole evitare problemi per la banca, evitando il rischio. Questa apparente contraddizione interna alla banca è un meccanismo di autotutela, voluto e programmato, che gioca contro l’imprenditore: egli otterrà il credito se e quando riuscirà ad appianare questo contrasto, adottando gli opportuni comportamenti.

Anche se a prima vista può sembrare paradossale, un’impresa di grandi dimensioni avrà meno difficoltà ad ottenere il credito richiesto, in quanto gode di una trasparenza informativa maggiore; più l’impresa richiedente sarà piccola più sarà difficile per la banca reperire le informazioni finanziarie necessarie, e quindi dovrà essere la stessa piccola impresa a colmare questo gap informativo.

Nel rapporto bilaterale fra l’impresa ed il suo “fornitore banca” si inserisce anche il sistema del risparmio, trasformando il gioco a tre: è proprio per tutelare i risparmiatori che trovano la loro giustificazione le regole di rating utilizzate dalle banche.

Consideriamo che il mestiere della banca è quello di vendere il denaro, dopo averlo raccolto e trasformato; il denaro trasformato deve essere non solo remunerato, ma anche restituito al risparmiatore: pertanto se la banca evita il rischio, rifiutando l’operazione, in realtà sta scegliendo quella che giudica la perdita minore, perché così facendo non sta vendendo la sua “merce”.

Che cosa può far sì che la banca rifiuti l’operazione? Una percezione del vostro rischio troppo elevata; quindi, tutta la strategia di negoziazione deve puntare a diminuire il rischio percepito dalla banca nei vostri confronti, fino al livello in cui il fornitore di denaro decide che si può stipulare un contratto di finanziamento, qualsiasi sia la sua forma tecnica.

Sappiamo che la banca è un commerciante, che compra e vende il denaro, lucrando sulla differenza fra prezzo di acquisto e di vendita, e sappiamo che i suoi obiettivi sono due: massimizzare questa differenza e portare a casa il denaro impiegato, cioè quello che ha prestato.

Torniamo alle regole di rating: il meccanismo cautelativo prevede che la banca accantoni una percentuale variabile del denaro prestato, in funzione del profilo di rischio percepito verso il cliente. Se tale rischio percepito diventa alto, questa percentuale di accantonamento obbligatorio salirà di conseguenza, facendo alzare il prezzo della merce, ossia il tasso di interesse.

Appare quindi evidente che il prezzo del denaro dipende dal rischio percepito; poiché la merce venduta (il denaro) è sempre la stessa, quello che cambia sarà il suo prezzo, che potrà più o meno salire, ma solo fino ad un certo punto, oltre il quale non è più conveniente vendere la merce: non ci sarà nessun prezzo in grado di ripagare il rischio che la banca percepisce di poter correre.

L’imprenditore che ha necessità di finanziamento o di liquidità dovrà quindi adottare una serie di comportamenti e produrre tutta la documentazione necessaria per potersi permettere di negoziare con il proprio fornitore di denaro, la banca, allo scopo di concretamente attuare la strategia, che sarà una soltanto: ridurre la percezione di rischio correlata alla propria impresa.

L’intervento di un consulente specializzato, in grado di assistere e coadiuvare l’imprenditore sia nella fase preparatoria che nella fase della negoziazione parlando lo stesso linguaggio finanziario della controparte, è da considerarsi senza dubbio una carta vincente in una partita da cui possono dipendere le sorti presenti e future dell’impresa.

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di Giuseppe Vocale

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