Il furto con destrezza; SS.UU. Cass. n. 34090/2017
Aggravante ex art. 625 c.1 n. 4 c.p.; le Sezioni Unite scelgono l'interpretazione più rigorosa.
Implicazioni pratiche
Implicazioni pratiche
A seguito di contrasto giurisprudenziale insorto in seno alla Corte di Cassazione, le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 34090/2017, hanno indicato quale sia il significato da attribuire al termine "destrezza". Come noto, la destrezza utilizzata dal soggetto agente integra un'aggravante propria del delitto di furto, più precisamente quella contemplata dall'art. 625 comma 1 n. 4 c.p.
Riguardo al concetto di destrezza esistevano due differenti orientamenti in merito: il primo, più estensivo, andava a ricomprendere anche la condotta di chi si fosse limitato ad approfittare di un momento di distrazione della vittima per porre in essere la sottrazione del bene; il secondo, maggiormente restrittivo, pretendeva invece che fosse proprio il responsabile del delitto a compiere attività mirate ad eludere la sorveglianza della persona offesa.
Con la citata sentenza le Sezioni Unite optano per questa seconda interpretazione.
Al di là delle ragioni che hanno portato ad abbracciare tale orientamento, pare qui opportuno evidenziare alcuni aspetti pratici che possono derivare da esso.
Il venir meno dell'aggravante comporta innanzi tutto conseguenze sul piano della procedibilità. Mentre il furto aggravato è procedibile d'ufficio, quello semplice richiede la querela della persona offesa. Proprio la pronuncia delle SS.UU. infatti, aderendo all'orientamento più restrittivo, accoglie il ricorso della difesa e annulla senza rinvio la sentenza di secondo grado, stante il difetto di querela.
Altro aspetto che può assumere rilevanza, nel caso possa cadere la circostanza della destrezza, è quello relativo alla possibilità di veder applicare la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., ossia la c.d. "particolare tenuità del fatto".
L'articolo appena citato infatti, oltre ad altri requisiti, contempla anche quello relativo ai massimi edittali (pena nel massimo non superiore a cinque anni) ed indica come valutare le circostanze eventualmente sussistenti: delle circostanze non si tiene conto, a meno che le stesse non prevedano una pena diversa rispetto a quella del "reato base" o non siano ad effetto speciale. Le aggravanti di cui all'art. 625 c.p. sono tutte ad effetto speciale: si può quindi comprendere per quale ragione l'eventuale venir meno dell'aggravante della destrezza sia strettamente collegato con l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p..
Un ulteriore istituto che potrebbe rappresentare una favorevole soluzione in caso di insussistenza della citata circostanza è quello delle condotte riparatorie, ex art. 162 ter c.p.. Riguardo a tale istituto, di recente introduzione, qualche problema ulteriore, per la verità, può sorgere: secondo il dettato della norma la completa riparazione del danno da parte dell'imputato, per poter integrare tale causa di estinzione del reato, deve essersi realizzata entro il termine massimo di apertura del dibattimento di primo grado. Inoltre, le condotte riparatorie si applicano solo ai reati perseguibili a querela rimettibile.
E' certo quindi che un'originaria contestazione di furto con destrezza (come detto perseguibile d'ufficio) neutralizzerebbe ab origine la possibilità di applicare l'isituto in questione; è altrettanto vero però che, qualora il Giudice valutasse fin da subito insussistente l'aggravante qui trattata e venisse formulata, subito dopo, una congrua offerta risarcitoria banco judicis, vi sarebbero buone chanches di vedersi riconoscere le c.d. condotte riparatorie, con conseguente esito favorevole del processo.
E' bene però precisare che, per quanto a conoscenza dello scrivente, la Giurisprudenza non si è ancora pronunciata su simili ipotesi; è quindi consigliabile procedere, prima dell'inizio del processo, con un'offerta di risarcimento/restituzione formulata direttamente alla persona offesa e volta ad ottenere il ritiro della querela.
Riguardo al concetto di destrezza esistevano due differenti orientamenti in merito: il primo, più estensivo, andava a ricomprendere anche la condotta di chi si fosse limitato ad approfittare di un momento di distrazione della vittima per porre in essere la sottrazione del bene; il secondo, maggiormente restrittivo, pretendeva invece che fosse proprio il responsabile del delitto a compiere attività mirate ad eludere la sorveglianza della persona offesa.
Con la citata sentenza le Sezioni Unite optano per questa seconda interpretazione.
Al di là delle ragioni che hanno portato ad abbracciare tale orientamento, pare qui opportuno evidenziare alcuni aspetti pratici che possono derivare da esso.
Il venir meno dell'aggravante comporta innanzi tutto conseguenze sul piano della procedibilità. Mentre il furto aggravato è procedibile d'ufficio, quello semplice richiede la querela della persona offesa. Proprio la pronuncia delle SS.UU. infatti, aderendo all'orientamento più restrittivo, accoglie il ricorso della difesa e annulla senza rinvio la sentenza di secondo grado, stante il difetto di querela.
Altro aspetto che può assumere rilevanza, nel caso possa cadere la circostanza della destrezza, è quello relativo alla possibilità di veder applicare la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., ossia la c.d. "particolare tenuità del fatto".
L'articolo appena citato infatti, oltre ad altri requisiti, contempla anche quello relativo ai massimi edittali (pena nel massimo non superiore a cinque anni) ed indica come valutare le circostanze eventualmente sussistenti: delle circostanze non si tiene conto, a meno che le stesse non prevedano una pena diversa rispetto a quella del "reato base" o non siano ad effetto speciale. Le aggravanti di cui all'art. 625 c.p. sono tutte ad effetto speciale: si può quindi comprendere per quale ragione l'eventuale venir meno dell'aggravante della destrezza sia strettamente collegato con l'applicabilità dell'art. 131 bis c.p..
Un ulteriore istituto che potrebbe rappresentare una favorevole soluzione in caso di insussistenza della citata circostanza è quello delle condotte riparatorie, ex art. 162 ter c.p.. Riguardo a tale istituto, di recente introduzione, qualche problema ulteriore, per la verità, può sorgere: secondo il dettato della norma la completa riparazione del danno da parte dell'imputato, per poter integrare tale causa di estinzione del reato, deve essersi realizzata entro il termine massimo di apertura del dibattimento di primo grado. Inoltre, le condotte riparatorie si applicano solo ai reati perseguibili a querela rimettibile.
E' certo quindi che un'originaria contestazione di furto con destrezza (come detto perseguibile d'ufficio) neutralizzerebbe ab origine la possibilità di applicare l'isituto in questione; è altrettanto vero però che, qualora il Giudice valutasse fin da subito insussistente l'aggravante qui trattata e venisse formulata, subito dopo, una congrua offerta risarcitoria banco judicis, vi sarebbero buone chanches di vedersi riconoscere le c.d. condotte riparatorie, con conseguente esito favorevole del processo.
E' bene però precisare che, per quanto a conoscenza dello scrivente, la Giurisprudenza non si è ancora pronunciata su simili ipotesi; è quindi consigliabile procedere, prima dell'inizio del processo, con un'offerta di risarcimento/restituzione formulata direttamente alla persona offesa e volta ad ottenere il ritiro della querela.
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