Il lavoro intermittente o a chiamata
Quale rapporto di lavoro in sostituzione dei buoni lavoro o voucher dopo la loro abolizione?
A seguito dell’approvazione da parte della Corte Costituzionale del quesito referendario promosso dalla CIGL volto all’abolizione delle norme relative al lavoro accessorio (i così detti buoni lavoro o voucher) contenute negli articoli da 48 a 50 del d.lgs. 81/2015 ("Jobs Act") , il governo Gentiloni ha provveduto a dare il via libera per l’emanazione di un decreto che abolisca definitivamente l’attuale regolamentazione del lavoro accessorio e dei voucher INPS.
Pertanto il datore di lavoro che abbia necessità di reperire prestazioni lavorative per limitati periodi di tempo dovrà necessariamente ricorrere ad una diversa tipologia di lavoro subordinato e la scelta dovrà necessariamente tener conto di alcuni vincoli che le alternative impongono.
Tra le diverse forme con cui l’ordinamento regola i rapporti di lavoro subordinato, il contratto di lavoro intermittente (detto anche "lavoro a chiamata" o "job on call") appare il più idoneo per sopperire all’abolizione delle normative sul lavoro accessorio, anche se vi sono dei vincoli al suo utilizzo dettati dai singoli CCNL, dal d.lgs. 81/2015 e dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 23/10/2004.
Con il "Jobs Act" -oltre a descrivere il contratto di lavoro intermittente come "il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente" - sono stati ridefiniti i limiti soggettivi ed oggettivi a cui far riferimento in fase di stipula di un contratto a chiamata, ossia:
1) quelli richiamati dalle norme del CCNL applicato dal datore di lavoro;
2) il lavoratore intermittente deve avere al massimo 23 anni compiuti o più di 55 anni (art. 13, c. 2, d.lgs. 81/2015);
3) il medesimo datore di lavoro non può impiegare lo stesso lavoratore per più di 400 giornate di lavoro nell’arco di 3 anni solari (art. 13, c. 3, d.lgs. 81/2015).
Nell’instaurazione di un rapporto di lavoro intermittente si dovrà tener conto di alcuni vincoli che le norme impongono al committente, sia durante la fase di stipula del contratto, sia in seguito durante la fase di svolgimento del rapporto di lavoro.
Innanzitutto il contratto deve obbligatoriamente essere stipulato in forma scritta "ad probationem" di elementi quali la durata, il trattamento economico e normativo (che deve essere quello previsto dal CCNL per le mansioni svolte dal lavoratore e riproporzionato in base alla prestazione effettivamente eseguita, sia per quanto riguarda la retribuzione globale, sia per quanto riguarda gli istituti delle ferie, dei trattamenti di malattia e infortunio e dei congedi di maternità e parentali), la forma e le modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione. Dovranno inoltre essere indicati nel contratto i giorni di preavviso con cui il datore di lavoro può richiedere la prestazione al lavoratore, tenendo conto che non può essere previsto un preavviso per la chiamata inferiore a 1 giorno. Nel contratto il lavoratore dovrà inoltre indicare il recapito al quale il datore di lavoro deve rivolgersi per richiedere la prestazione. Nel contratto dovrà anche essere esplicitamente prevista l’indennità di disponibilità da corrispondere mensilmente al lavoratore che sottoscriva il vincolo di disponibilità.
Infine, stipulato il contratto tra le parti ed inviato l’Unilav, il datore che voglia usufruire delle prestazioni dei lavoratori assunti a chiamata dovrà comunicare alla DTL (prima dell’inizio di ogni singola prestazione) la data in cui la stessa verrà resa; tale comunicazione alla DTL si effettua mediante l’invio di uno specifico modulo tramite posta elettronica, nel quale sono indicati il codice fiscale del datore di lavoro, il codice fiscale del lavoratore intermittente e il giorno di inizio e di fine della prestazione.
Sebbene le parti sociali che stipulano i contratti collettivi (CCNL nazionali, territoriali e aziendali) possano regolare il lavoro intermittente anche in deroga ai limiti stabiliti dal d.lgs. 81/2015, non sono molti i casi in cui è stato previsto uno specifico regolamento della materia.
Gli esempi più significativi di deroga a quanto disposto dal Jobs Act in ambito di lavoro intermittente si trovano nel contratto collettivo "Turismo e pubblici esercizi" (alberghi, ristoranti ecc..)
Nel CCNL "Turismo" si prevede che il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo, relative ad attività derivanti da esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. L’art. 88 del CCNL in oggetto afferma inoltre che -al di fuori dei casi citati al periodo precedente- è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente con soggetti che abbiano più di 55 anni di età o 25 anni non ancora compiuti.
Se ne ricava che il lavoro intermittente può essere utilizzato anche per il normale svolgimento dell’attività aziendale, purché siano occupati soggetti over 55 o under 24 (in questo caso si ha ricorso al lavoro intermittente di tipo a-causale - Ministero del Lavoro, Interpello 10/2016); invece, nel caso in cui l’attività presenti non meglio definite (la delega è dunque molto ampia) esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo il contratto a chiamata può essere stipulato anche con soggetti che non rispettino il limite soggettivo citato.
È inoltre opportuno far notare che per il settore del Turismo - Pubblici Esercizi non trova applicazione nemmeno il limite oggettivo delle 400 giornate di lavoro effettivo svolte in un triennio, ciò in virtù di quanto espressamente affermato dall’ art. 13, c. 3, d.lgs. 81/2015.
Pertanto il datore di lavoro che abbia necessità di reperire prestazioni lavorative per limitati periodi di tempo dovrà necessariamente ricorrere ad una diversa tipologia di lavoro subordinato e la scelta dovrà necessariamente tener conto di alcuni vincoli che le alternative impongono.
Tra le diverse forme con cui l’ordinamento regola i rapporti di lavoro subordinato, il contratto di lavoro intermittente (detto anche "lavoro a chiamata" o "job on call") appare il più idoneo per sopperire all’abolizione delle normative sul lavoro accessorio, anche se vi sono dei vincoli al suo utilizzo dettati dai singoli CCNL, dal d.lgs. 81/2015 e dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 23/10/2004.
Con il "Jobs Act" -oltre a descrivere il contratto di lavoro intermittente come "il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente" - sono stati ridefiniti i limiti soggettivi ed oggettivi a cui far riferimento in fase di stipula di un contratto a chiamata, ossia:
1) quelli richiamati dalle norme del CCNL applicato dal datore di lavoro;
2) il lavoratore intermittente deve avere al massimo 23 anni compiuti o più di 55 anni (art. 13, c. 2, d.lgs. 81/2015);
3) il medesimo datore di lavoro non può impiegare lo stesso lavoratore per più di 400 giornate di lavoro nell’arco di 3 anni solari (art. 13, c. 3, d.lgs. 81/2015).
Nell’instaurazione di un rapporto di lavoro intermittente si dovrà tener conto di alcuni vincoli che le norme impongono al committente, sia durante la fase di stipula del contratto, sia in seguito durante la fase di svolgimento del rapporto di lavoro.
Innanzitutto il contratto deve obbligatoriamente essere stipulato in forma scritta "ad probationem" di elementi quali la durata, il trattamento economico e normativo (che deve essere quello previsto dal CCNL per le mansioni svolte dal lavoratore e riproporzionato in base alla prestazione effettivamente eseguita, sia per quanto riguarda la retribuzione globale, sia per quanto riguarda gli istituti delle ferie, dei trattamenti di malattia e infortunio e dei congedi di maternità e parentali), la forma e le modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione. Dovranno inoltre essere indicati nel contratto i giorni di preavviso con cui il datore di lavoro può richiedere la prestazione al lavoratore, tenendo conto che non può essere previsto un preavviso per la chiamata inferiore a 1 giorno. Nel contratto il lavoratore dovrà inoltre indicare il recapito al quale il datore di lavoro deve rivolgersi per richiedere la prestazione. Nel contratto dovrà anche essere esplicitamente prevista l’indennità di disponibilità da corrispondere mensilmente al lavoratore che sottoscriva il vincolo di disponibilità.
Infine, stipulato il contratto tra le parti ed inviato l’Unilav, il datore che voglia usufruire delle prestazioni dei lavoratori assunti a chiamata dovrà comunicare alla DTL (prima dell’inizio di ogni singola prestazione) la data in cui la stessa verrà resa; tale comunicazione alla DTL si effettua mediante l’invio di uno specifico modulo tramite posta elettronica, nel quale sono indicati il codice fiscale del datore di lavoro, il codice fiscale del lavoratore intermittente e il giorno di inizio e di fine della prestazione.
Sebbene le parti sociali che stipulano i contratti collettivi (CCNL nazionali, territoriali e aziendali) possano regolare il lavoro intermittente anche in deroga ai limiti stabiliti dal d.lgs. 81/2015, non sono molti i casi in cui è stato previsto uno specifico regolamento della materia.
Gli esempi più significativi di deroga a quanto disposto dal Jobs Act in ambito di lavoro intermittente si trovano nel contratto collettivo "Turismo e pubblici esercizi" (alberghi, ristoranti ecc..)
Nel CCNL "Turismo" si prevede che il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo, relative ad attività derivanti da esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. L’art. 88 del CCNL in oggetto afferma inoltre che -al di fuori dei casi citati al periodo precedente- è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente con soggetti che abbiano più di 55 anni di età o 25 anni non ancora compiuti.
Se ne ricava che il lavoro intermittente può essere utilizzato anche per il normale svolgimento dell’attività aziendale, purché siano occupati soggetti over 55 o under 24 (in questo caso si ha ricorso al lavoro intermittente di tipo a-causale - Ministero del Lavoro, Interpello 10/2016); invece, nel caso in cui l’attività presenti non meglio definite (la delega è dunque molto ampia) esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo il contratto a chiamata può essere stipulato anche con soggetti che non rispettino il limite soggettivo citato.
È inoltre opportuno far notare che per il settore del Turismo - Pubblici Esercizi non trova applicazione nemmeno il limite oggettivo delle 400 giornate di lavoro effettivo svolte in un triennio, ciò in virtù di quanto espressamente affermato dall’ art. 13, c. 3, d.lgs. 81/2015.
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