Il reato di calunnia
Il diritto penale, parte speciale, delitti contro l`amministrazione della giustizia

CALUNNIA
La calunnia è il reato, previsto e punito dall’art. 368 c.p. con pene che vanno dai due anni di reclusione fino a venti anni.
E' prevista inoltre la fattispecie attenuata, nell’art. 370 c.p. "le pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione o la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione".
Come si può comprendere dall’entità della pena sia nel minimo che nel massimo si tratta di un reato molto grave, secondo il diritto pubblico, parte del diritto cui appartiene il diritto penale, che offende il bene giuridico della corretta amministrazione della giustizia e (secondo un certo orientamento giurisprudenziale e dottrinario) quello della libertà personale e dell’onore di colui che viene ingiustamente incolpato (in via subordinata).
L’offesa al bene giuridico primario, ovvero la corretta amministrazione della giustizia, è correttamente inquadrata come grave da un sistema giuridico che deve mirare a tutelare principalmente le Istituzioni dello Stato e garantire il loro corretto funzionamento, al fine di garantire la vita stessa dello Stato.
Si consideri che l’amministrazione della giustizia è lo strumento attraverso il quale si realizza il rispetto delle regole, ovvero le leggi, esse costituiscono i principi che accomunano una molteplicità di persone che vivono in un territorio convenzionalmente determinato, il cui progredire è affidato alla organizzazione interna ed al rispetto delle regole, ciò è quello che si intende con la parola STATO, pare evidente che l'azione che modifichi, inducendo in errore, il funzionamento di tale organizzazione vada rigorosamente punito perchè turba l'equilibrio su cui si basano le regole.
Per escludere la responsabilità del supposto autore di una calunnia occorre fornire la prova della non consapevolezza dell’innocenza di chi si accusa. Non può essere punito chi ha riferito la "notitia criminis" non conoscendo ad esempio le cause di esclusione della responsabilità, personali od oggettive oppure riportando una notizia che personalmente ritiene essere un reato ed invece non lo è.
La valutazione dei giudici dunque deve mirare ad accertare storicamente l’esistenza non solo dei presupposti formali di realizzazione della comunicazione all’Autorità giudiziaria: querela, denuncia, istanza, richiesta, ma, soprattutto, della consapevolezza della innocenza dell’accusato.
A tal fine pare illuminante alla scrivente esporre una sentenza di qualche anno fa nella rivista Cassazione Penale del Luglio-Agosto 2003 n. 716, nella quale gli imputati sono stati assolti dall’accusa di calunnia in quanto " non integra il reato di calunnia la mera non condivisibile qualificazione giuridica di fatti rispondenti alla realtà storica".
La sentenza è stata emessa dal GIP presso il Tribunale di Firenze del 04.06.02 Est. Carvisiglia. in merito alla presunta calunnia posta in essere da due avvocati contro l’operato del PM e della parte civile di un processo.
Tale accusa nasceva dalla indicazione di comportamento abnorme e scorretto nei confronti degli avversari processuali, qualificato come reati p. e p. dagli artt. 479, 323 e 494 c.p., tale indicazione era contenuta nella richiesta di procedimento disciplinare indrizzata ai consigli di disciplina.
I procedimenti penali nei confronti dei calunniati si erano conclusi con il proscioglimento e per tale ragione era stato richeisto il rinvio a giudizio nei confronti dei supposti calunniatori.
Ebbene il GUP ha escluso potersi ravvisare la fattispecie di reato di cui all’art. 368 c.p. in quanto anche se prospettate fattispecie giuridiche di reato a carico di soggetti individuati, ed anche se sollecitata la trasmissione delle supposte notizie di reato attraverso un organo rappresentativo di esercenti servizi di pubblica necessità quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, all’Autorità giudiziaria, tutto questo non è sufficiente ad integrare la fattispecie del reato di calunnia, non potendosi cogliere nella condotta degli imputati la consapevolezza dell’errore di diritto che li aveva indotti a qualificare giuridicamente come reati i fatti che si erano realmente svolti e che presentavano effettivamente aspetti di abnormità ma non di penale responsabilità.
La calunnia è il reato, previsto e punito dall’art. 368 c.p. con pene che vanno dai due anni di reclusione fino a venti anni.
E' prevista inoltre la fattispecie attenuata, nell’art. 370 c.p. "le pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione o la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione".
Come si può comprendere dall’entità della pena sia nel minimo che nel massimo si tratta di un reato molto grave, secondo il diritto pubblico, parte del diritto cui appartiene il diritto penale, che offende il bene giuridico della corretta amministrazione della giustizia e (secondo un certo orientamento giurisprudenziale e dottrinario) quello della libertà personale e dell’onore di colui che viene ingiustamente incolpato (in via subordinata).
L’offesa al bene giuridico primario, ovvero la corretta amministrazione della giustizia, è correttamente inquadrata come grave da un sistema giuridico che deve mirare a tutelare principalmente le Istituzioni dello Stato e garantire il loro corretto funzionamento, al fine di garantire la vita stessa dello Stato.
Si consideri che l’amministrazione della giustizia è lo strumento attraverso il quale si realizza il rispetto delle regole, ovvero le leggi, esse costituiscono i principi che accomunano una molteplicità di persone che vivono in un territorio convenzionalmente determinato, il cui progredire è affidato alla organizzazione interna ed al rispetto delle regole, ciò è quello che si intende con la parola STATO, pare evidente che l'azione che modifichi, inducendo in errore, il funzionamento di tale organizzazione vada rigorosamente punito perchè turba l'equilibrio su cui si basano le regole.
Per escludere la responsabilità del supposto autore di una calunnia occorre fornire la prova della non consapevolezza dell’innocenza di chi si accusa. Non può essere punito chi ha riferito la "notitia criminis" non conoscendo ad esempio le cause di esclusione della responsabilità, personali od oggettive oppure riportando una notizia che personalmente ritiene essere un reato ed invece non lo è.
La valutazione dei giudici dunque deve mirare ad accertare storicamente l’esistenza non solo dei presupposti formali di realizzazione della comunicazione all’Autorità giudiziaria: querela, denuncia, istanza, richiesta, ma, soprattutto, della consapevolezza della innocenza dell’accusato.
A tal fine pare illuminante alla scrivente esporre una sentenza di qualche anno fa nella rivista Cassazione Penale del Luglio-Agosto 2003 n. 716, nella quale gli imputati sono stati assolti dall’accusa di calunnia in quanto " non integra il reato di calunnia la mera non condivisibile qualificazione giuridica di fatti rispondenti alla realtà storica".
La sentenza è stata emessa dal GIP presso il Tribunale di Firenze del 04.06.02 Est. Carvisiglia. in merito alla presunta calunnia posta in essere da due avvocati contro l’operato del PM e della parte civile di un processo.
Tale accusa nasceva dalla indicazione di comportamento abnorme e scorretto nei confronti degli avversari processuali, qualificato come reati p. e p. dagli artt. 479, 323 e 494 c.p., tale indicazione era contenuta nella richiesta di procedimento disciplinare indrizzata ai consigli di disciplina.
I procedimenti penali nei confronti dei calunniati si erano conclusi con il proscioglimento e per tale ragione era stato richeisto il rinvio a giudizio nei confronti dei supposti calunniatori.
Ebbene il GUP ha escluso potersi ravvisare la fattispecie di reato di cui all’art. 368 c.p. in quanto anche se prospettate fattispecie giuridiche di reato a carico di soggetti individuati, ed anche se sollecitata la trasmissione delle supposte notizie di reato attraverso un organo rappresentativo di esercenti servizi di pubblica necessità quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, all’Autorità giudiziaria, tutto questo non è sufficiente ad integrare la fattispecie del reato di calunnia, non potendosi cogliere nella condotta degli imputati la consapevolezza dell’errore di diritto che li aveva indotti a qualificare giuridicamente come reati i fatti che si erano realmente svolti e che presentavano effettivamente aspetti di abnormità ma non di penale responsabilità.
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